ORLANDO – Messi ha compiuto ieri 38 anni, ma cosa può il tempo per questo genio della relatività che ha saputo esserlo ovunque e comunque tranne in quei due anni a Parigi in cui «non sono mai stato felice», se non durante il mese che li ha spezzati a metà e in cui ha vinto la Coppa del Mondo. Il Mondiale per club invece non lo vincerà, l’Inter Miami non è attrezzata per farlo e con ogni probabilità la sua avventura finirà domenica ad Atlanta, a meno che il divino Leo, nella sua immensità, non trovi nell’unica motivazione mai avuta prima, il rancore, l’ispirazione per realizzare una meraviglia impossibile.
L’Inter Miami al Mondiale per club
Messi qui non avrebbe dovuto neanche esserci, la sua Inter Miami non aveva i titoli per partecipare a questo Mondiale ma Infantino s’è inventato uno stratagemma per infilarcela perché aveva bisogno di un’icona che rendesse riconoscibile un torneo che non scalda i tifosi tradizionali: così Miami ha ospitato la partita inaugurale, il quartier generale della Fifa e la maggior parte degli studi televisivi, diventando la capitale di questa Coppa. E d’altronde è l’unica città in cui si percepisce che c’è un Mondiale in corso, mentre le altre lo stanno ospitando nella più totale indifferenza, se non fosse per le sporadiche invasioni di tifosi sudamericani o marocchini.
Messi trascinatore
Qui Messi in maglia rosa è dappertutto: ammicca, sorride, pubblicizza, è un manifesto ma anche niente di più lontano da un poster da esibire: in campo, ha trascinato i suoi agli ottavi segnando una punizione delle sue al Porto, offrendo magie contro l’Al Ahly e sfacchinando nel 2-2 dell’altra notte con il Palmeiras, quando il protagonista è stato l’altro 38enne Suarez, autore di un gran bel gol. Gli americani hanno sciupato negli ultimi 10’ due gol di vantaggio e quindi la possibilità di evitare il Psg: perciò a fine partita la Pulce scuoteva la testa deluso, non era sua intenzione farsi motivare dal rancore.
Gli anni a Parigi
Parigi, si diceva, è l’unico posto in cui non è stato felice. Ha abitato due anni in albergo nel centro di una città che poteva permettersi di snobbarlo. Non ha mai superato il distacco dal nido di Barcellona, lasciato in lacrime nell’estate del 2021, e nel 2023 se ne è andato contestato, lui come Neymar, dai tifosi delusi dal suo stanco camminare in campo. «A Parigi», disse quando si trasferì in Florida, «non ho provato alcun piacere. Sono stati due anni in cui non sono stato felice, non mi sono divertito e questo ha influenzato negativamente la mia vita familiare». Per Neymar «Parigi è stata un inferno», addirittura, ma Messi non è uno che brucia dentro: l’infelicità che consuma lentamente gli fa molto più male delle vampate d’odio.
La comunità di Messi
A Miami Leo si è costruito attorno una piccola comunità. Ha richiamato qualche vecchio compagno (Busquets, Suarez, Jordi Alba, Mascherano che adesso fa l’allenatore) del Barcellona del triplete conquistato sotto la guida dell’avversario di domenica, Luis Enrique. Si è comprato una villa da dieci milioni di dollari dopo aver vissuto nell’attico del più lussuoso condominio della città, la Porsche Tower, e forse si trasferirà definitivamente qui: giocherà fino alla Coppa del Mondo e poi diventerà uno dei soci dell’Inter Miami, franchigia fondata nel 2019 da David Beckham, che ne è proprietario assieme a miliardari americani, giapponesi e colombiani. Aiuterà a richiamare altre stelle a fine carriera: quest’estate ci hanno provato invano con Neymar, Modric e De Bruyne, ma mai nessuno sarà come lui. Feliz cumple, Leo, felice di nuovo.