Superpoteri. Quelli che ti fanno fare gol. Quelli che ti fanno vincere e attraversare le tempeste. Quelli che tutti pensano siano segnati da un più: più lucidità, più abilità, più sicurezza. E mai da un meno. Quelli che tutti pensano siano in dotazione ai campioni. Altrimenti come farebbero a essere così forti e perfetti? Superman non passa mai di moda. Ma se vedete l’ultimo film vi sorprenderà: non è più l’uomo di acciaio. È un eroe imperfetto, fragile e insicuro. Un Superman sbagliato. Anche la nuova Barbie è una bambola che sul braccio ha un microinfusore e sensore glicemico. Ha il diabete. Come la pallavolista della nazionale azzurra Alide Degradi. «Non mi sveglio ogni giorno pensando: sono diabetica. Mi controllo, ma non mi giudico, non mi rimprovero, non mi colpevolizzo. Perché se inizi a farlo smetti di vivere. Il messaggio è che la diversità non deve essere nascosta, ma valorizzata». Chi segue la serie tv The Good Doctor capirà.
Lucy Bronze: “L’autismo è il mio superpotere”
Prendiamo l’Inghilterra, avversaria dell’Italia domani nella semifinale degli europei di calcio femminili. C’è Lucy Bronze, 33 anni, difensore del Chelsea e della nazionale. Ha giocato nei migliori club europei: Liverpool, Manchester City, Lione, Barcellona. È tra le calciatrici più vincenti della storia con 22 trofei, tra cui cinque Champions League e gli Europei 2022. È arrivata seconda al Pallone d’Oro nel 2019 (dietro alla statunitense Megan Rapinoe) e ha vinto la medaglia d’argento ai Mondiali 2023. È tra quelle che più hanno frequentato la parola successo. In un’intervista alla Bbc ha rivelato il suo segreto: «L’autismo è il mio superpotere. Mi rende super-concentrata. Me lo hanno diagnosticato nel 2021, ma era qualcosa che in un certo senso sapevo da sempre, anche mia madre aveva notato in me atteggiamenti particolari, ma senza mai darmi la sensazione che fosse una parte negativa. Io però in certi momenti ero trattata in modo diverso e non capivo perché. Vedere certificato il mio disturbo mi ha permesso di conoscermi meglio e di comprendere perché in certe situazioni non mi comportavo come gli altri. Per anni ho cercato di mascherare il mio essere autistica, ora non lo faccio più».
A 12 anni il divieto di giocare in squadra con i maschi
Lucy ha un papà portoghese e una madre inglese. È nata a Berwick-upon-Tweed, la città più a nord dell’Inghilterra, al confine con la Scozia. «Ma sono cresciuta a Belford, un villaggio molto piccolo nelle vicinanze. C’era un pub, un supermercato, altri due negozi e basta. Ho provato tante discipline, pentathlon, tennis, sci di fondo. Ero brava. Poi ci siamo trasferiti ad Alnwick, sempre nella contea di Northumberland. A sei anni volevo diventare contabile, per essere a contatto con i numeri ogni giorno. Ero anche molto alta e ossessionata dal calcio. A 12 anni, a causa di una regola federale, non mi è più stato permesso di giocare in una squadra maschile. Mamma ha commentato: non so perché hanno paura che tu giochi con i ragazzi, pensano che ti farai male, non sanno che sarai tu a fare male a loro». Lo sport è stata la sua salvezza. Allenarsi ogni giorno le ha dato un obiettivo, non si è mai risparmiata tanto che ha subito cinque interventi al ginocchio destro e uno al sinistro.
Hannah Hampton e quella profezia: “Scordati il calcio”
Direte: vabbè, è una, c’è sempre un’eccezione. Allora prendete la sua compagna di squadra Hannah Hampton, 24 anni, che difende la porta del Chelsea e della nazionale inglese con cui nel 2022 ha vinto gli europei. Se guardate la sua foto vi apparirà una ragazza alta, abile, atletica. I dottori però non la pensavano così: «Per te sarà impossibile fare carriera nello sport, scordati il calcio». Aveva un deficit, serviva un’operazione. Anzi tre. Che Hannah ha subito a tre anni. Ma senza risolvere quel difetto: strabismo o disallineamento oculare. «Non ho una percezione della profondità, quindi non posso giudicare le distanze. Ho avuto il naso che sanguinava e dita rotte in continuazione: cercavo di prendere la palla ma la intercettavo sempre male».
La modifica del modo di parare
Fuori dal campo Hannah non riesce a versare un po’ d’acqua senza tenere una mano sulla bottiglia e una sul bicchiere. Se giocate in porta è un problema, ma Hannah ha disubbidito alla medicina, il pallone le piaceva troppo. Nel 2021 ha reso pubblica la sua diversità, ma anche il fatto che ha imparato a convivere col problema: «Ho dovuto modificare la mia posizione per tenere le mani tese verso la palla, non è stato facile. Se avessi dato retta ai medici non avrei potuto giocare e neanche svolgere certi lavori, ma ho sempre detto alle ragazze più giovani che se non si riescono a seguire i sogni, che senso ha vivere?». L’Uefa alla fine dei gironi dell’Europeo ha votato il gol più bello della prima fase. Fra i candidati ce n’era uno partito da lontano durante Inghilterra-Olanda. Una palla lunga, una sciabolata che ha attraversato il campo arrivando a un’altra che ha segnato. La motivazione del voto? «Perché nell’impostare l’azione l’atleta ha brillato per visione di gioco». L’avrete già capito, elementare Watson. A calciare quel pallone è stata Hannah. Quella che dalla nascita non può possedere né la visione né il gioco. Tempo fa lo hanno chiesto anche a lei: come può difendere la porta una ragazza affetta da strabismo e incapacità di distinguere la profondità? La sua risposta: «Non lo so, ma funziona». Volete sapere quali sono state le migliori giocatrici della qualificazione inglese alle semifinali? Bronze (due gol) e Hampton, che ha parato due rigori (con due tamponi nel naso sanguinante).
Ann-Katrin Berger, la più vecchia a esordire. Sopravvissuta a un tumore
E dai, due eccezioni ci possono stare. Facciamo tre. Nell’altra semifinale ci sarà la Germania che ha eliminato ai rigori (6-5) la Francia grazie a Ann-Katrin Berger. Sempre più Superwoman. Gioca in porta, non è giovanissima, anzi è la giocatrice più anziana a esordire in un europeo (a 34 anni e 269 giorni) e ha e un tatuaggio verticale sul collo, sotto l’orecchio destro: «Tutto ciò che abbiamo è il presente». È per nascondere una cicatrice. Berger è due volte sopravvissuta a un tumore alla tiroide di cui è venuta a conoscenza nel 2017. L’eroina della partita è stata lei che ha parato due rigori e ha segnato l’ultimo. La Germania ora affronterà la Spagna di Aitana Bonmati, 27 anni, due Palloni d’Oro (2003 e 2004), che è appena uscita dall’ospedale dove è stata ricoverata per una meningite virale. Rassegnatevi, si trova sempre un modo per giocare.