Era solo un polsino, una piccola striscia colorata con sopra scritto peace, pace. L’hanno indossata le azzurre nell’ultimo Europeo: si chiamano segni. Non cambiano il mondo, però dimostrano che si può pensare, e desiderare, un mondo migliore. Anche adesso si cerca un segno, se non proprio un segnale: come poter dire, chiaro a tutti, che Italia-Israele del 14 ottobre a Udine, qualificazioni mondiali, non può essere una partita come le altre? Facendo cosa? Dicendo cosa? Neppure la gara di andata, sul neutro ungherese di Debrecen l’8 settembre, potrà esserlo. La Fifa tace. E il ministro dello sport Abodi dichiara: “La Russia è un aggressore, Israele è stato aggredito”.
Il corteo pro Palestina del 14 ottobre 2024
La questione l’ha sollevata in Parlamento Mauro Berruto, responsabile sport del Pd. “Sappiamo che la Federcalcio non può impedire che si giochi, ma l’assenza di qualunque segnale da parte di Fifa, Uefa e Cio sa di ignavia, è un’ipocrisia inaccettabile di fronte all’immane tragedia di Gaza. Si faccia qualcosa: da migliaia di anni, lo sport è anche un atto politico”. Si giocherà a Udine contro Israele esattamente un anno dopo il match di Nations League: quel giorno, il 14 ottobre 2024, un corteo pro Palestina fece sentire alta la propria voce. Non ci furono incidenti, ma una tensione fortissima. E ancora non si erano ben definiti i termini del genocidio in Palestina. Cosa accadrà stavolta?
La Figc non può chiedere l’esclusione
La vendita dei biglietti a prezzi assai popolari (50 euro i più costosi) è cominciata da due giorni. L’Italia deve giocare: c’è il ballo il Mondiale ma anche il rispetto delle regole. Insomma, non può essere la Figc a chiedere l’esclusione del suo prossimo avversario. Andrà in campo in maglia azzurra, i colori vengono approvati in anticipo: qualcuno rievoca la maglia rossa di Panatta e Bertolucci del ’76 in Cile, stavolta non si può. Ciò non toglie che i nostri giocatori e la Figc possano pensare qualcos’altro. Prima, magari.
Il no del Fortuna a Weissman
Tocca di nuovo a Udine, campo mai neutrale. La Regione Friuli, governata dal centrodestra, ha dato il patrocinio all’evento. Il Comune, guidato dal centrosinistra, avrebbe preferito un “no” come quello pronunciato da Bari e dalla Puglia, che hanno giudicato “non graditi” gli israeliani: inizialmente per questa partita era stata valutata proprio l’ipotesi del San Nicola. Due giorni fa, a Malta, una forte contestazione ha accolto i calciatori del Maccabi Tel Aviv, impegnati contro l’Hamrun nelle qualificazioni di Europa League (il Maccabi ha vinto 2-1). Nel frattempo, il club tedesco del Fortuna Düsseldorf ha rinunciato all’acquisto dell’attaccante isrealiano Shon Weissman, che sui social aveva scritto: “Gaza va cancellata”. Weissman è stato aviere dell’esercito, e quasi tutti i giocatori della nazionale che affronterà gli azzurri hanno fatto il militare oppure sono riservisti. La percentuale di atleti contrari, almeno pubblicamente, alla politica di Netanyahu è pressoché pari a zero.
Le svastiche sui muri per Rosenthal
Per quattro volte la Fifa ha rinviato ogni decisione sulla presenza di Israele nelle competizioni ufficiali, Fifa che peraltro riconosce la Palestina e la sua federcalcio (PFA), al contrario dell’Italia. “Per 24 anni il Sudafrica è stato escluso dalle Olimpiadi a causa dell’apartheid”, dice Berruto. “Dal dopoguerra, 17 nazioni sono state estromesse o sanzionate, compresa la Russia che ha occupato l’Ucraina. Invece, è come se Gaza non esistesse”. E chi non prende posizione, diventa complice. La città di Udine nell’estate del 1989 vide la comparsa di scritte antisemite e svastiche sui muri contro l’arrivo di Ronny Rosenthal all’Udinese: sarebbe stato il primo israeliano in A. Stavolta l’antisemitismo non c’entra. E Italia-Israele fa i conti con la storia.