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Bierhoff: “Nessuno sa più colpire di testa. Vorrei Maldini team manager della Nazionale italiana”

L’ex centravanti di Udinese e Milan parla del calcio di ieri e di oggi: “Gattuso porterà grinta. Tutti vogliono l’Italia al Mondiale”

UDINE – A Udine, da calciatore, Oliver Bierhoff ha vinto il titolo di capocannoniere. E per strada le ragazze fischiavano al suo passaggio, come testimoniato da un mitico filmato d’epoca del Tg regionale. Al tempo aveva trent’anni. Oggi non ne dimostra poi molti di più, anche se ha già compiuti 57. “Tornare qui per me è sempre speciale. Sono contento che lo stadio Friuli abbia ospitato la Supercoppa Europea. Udine è un esempio per il calcio italiano, che ha bisogno di investimenti in stadi e infrastrutture. anche se mi piacerebbe che a giocarla fosse l’Udinese”.

Prima, intanto, dovrebbe tornare in Europa.

“Non è facile, ma è possibile. Anche se la concorrenza è forte, e alcune squadre di metà classifica in serie A hanno capacità di spesa importanti. L’Udinese deve fare quello che le riesce meglio: puntare sui giovani talenti”.

In bianconero gioca Matteo Palma, classe 2008, difensore italiano di madre tedesca. Da ex team manager della Germania, le piacerebbe vederlo in maglia bianca?

“La nostra federazione è sempre in cerca di tedeschi forti all’estero. È cresciuto qui, l’educazione italiana gli avrà fatto bene. Per lui sarà difficile scegliere fra due nazionali di grandissimo livello”.

E da ex rossonero, come vede il Milan?

“Lo scorso anno ha avuto una stagione difficile. Deve puntare in alto. Deve giocare in Champions League ed essere più costante e concreto”.

Hojlund, Vlahovic, Gimenez. Chi vede meglio come centravanti per il Diavolo?

“Vlahovic conosce bene il campionato italiano. In generale, gli attaccanti funzionano se la squadra funziona, se arrivano palloni. Io ho avuto sempre difficoltà quando il gioco della non girava, viste le mie caratteristiche. Dipendevo molto dai compagni”.

Che effetto le fa vedere Rino Gattuso, suo ex compagno, ct dell’Italia?

“Porterà grinta e spero serva: non solo l’Italia, ma tutto il mondo del calcio spera di vedere la nazionale italiana al Mondiale. Sono contento per lui e per la strada che ha fatto. Si è guadagnato quel ruolo. È una grande persona. Mi piacerebbe vederlo e discutere con lui di calcio”.

E Paolo Maldini, quanto manca al calcio italiano?

“Ha fatto una grande carriera. Una persona come Paolo ci vuole nel calcio. Ex giocatori di grande esperienza e qualità possono essere capaci di gestire e fare i manager. Ogni tanto ci sentiamo. Gli ho consigliato di andare in Nazionale. Potrebbe avere un ruolo come quello che ho avuto io. Ma spesso inserirsi in organizzazioni politiche non è così facile”.

Maldini cosa le ha risposto?

“A lui l’idea piace. Ma le cose le fa se sa di potere davvero decidere, seguendo la sua filosofia”.

Come vede la prossima serie A?

“Sarà aperta. Ci sono grandi società: Napoli, Inter, Juve, il Milan che vuole tornare in alto. E le due romane. È sempre una bella sfida”.

Donnarumma può vincere il Pallone d’oro, ma è fuori rosa al Psg. Questioni contrattuali e dinamiche di mercato influenzano troppo il calcio?

“Queste situazioni a volte vanno a vantaggio dei giocatori, altre volte a loro svantaggio. Non so che idea abbia il club, ma avrà i suoi motivi economici e sportivi per fare quel che ha fatto. In generale, penso che sia molto importante trattare bene i giocatori, essere sinceri e rispettare i contratti. Quando hai una storia di successo come quella di Donnarumma al Psg, è brutto che finisca così”.

Chi merita di vincere il Pallone d’oro?

“Sono tanti a essere bravi. Ci sono giocatori come Rodri, lo scorso anno, che fanno la differenza con l’intelligenza”.

Molti dei candidati sono del Psg. È la squadra più forte del mondo?

“Luis Enrique ha fatto un grande lavoro, il gruppo ci crede e si diverte. È come ai tempi del Real Madrid, dove non si punta solo sui campioni ma anche sulla squadra, sull’unità, la voglia di vincere. Ma in Europa la concorrenza è forte”.

Il Bayern Monaco come lo vede?

“Ha così tanti soldi e buoni giocatori che parte sempre favorito in Bundesliga. Ma è stato brutto, nella scorsa stagione, avere sempre perso con le grandi d’Europa. La squadra è in un momento di rinnovamento. Neuer e Muller hanno segnato l’ultimo decennio. Oggi la bandiera è Kimmich. Ma oggi il Bayern non ha in rosa cinque o sei giocatori tedeschi davvero forti, come li ha sempre avuti nella sua storia. Sono curioso di vedere come risolverà questo problema”.

L’Udinese ha un allenatore tedesco. Lo conosce?

“Non personalmente, ma i risultati sono abbastanza buoni e può ancora migliorare. In Germania sappiamo martellare con continuità e questo è un vantaggio”.

C’è un attaccante di oggi che le ricorda Oliver Bierhoff?

“Sinceramente no, e quando guardo le partite vorrei esserci io lì in mezzo all’area, non si smette mai di essere giocatore. Haaland ha movimenti simili ai miei in area, ma è più dinamico, sa anche andare in profondità. In generale, oggi pochi colpiscono di testa. In Germania non lo fa quasi più nessuno”.

Perché si è perso il gesto tecnico?

“Si è puntato così tanto sulla tecnica e sul possesso di palla, che si sono persi molti cross. Ma torneranno. Le difese sono più chiuse e mettere in area il pallone è utile”.

Poi c’è la polemica sui traumi cranici, cominciata nel football americano, di cui lei è appassionato.

“Negli Anni 50 e 60, con palloni pesanti, c’erano forti colpitori di testa che sono poi vissuti fino a 85 anni. Il fatto è che oggi nemmeno i difensori allenano il colpo di testa. Si punta sulla tattica, sulla gestione della squadra e sull’organizzazione. C’è meno educazione alla tecnica individuale, che andrebbe più curata”.

Le sarebbe piaciuto avere il Var, quando giocava?

“Mi avrebbero dato un gol in più contro la Juventus, la palla era dentro di un po’. Ma a parte quello, per fortuna, non sono state tante le partite in cui mi sono sentito penalizzato perché l’arbitro non ha visto. Se c’è la tecnologia, penso sia giusto sfruttarla. L’importante è la chiarezza. Spesso gli spettatori non capiscono bene le dinamiche del dialogo fra arbitro e Var”.

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