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Dalla Grande Bellezza al finale shock, attrae anche il calcio brutto e vincente

Il profondo cambiamento del gioco non incide sugli incassi. Due quesiti: come ridurre gli infortuni e i diversi “tempi” tra De Bruyne e gli altri

Con il tempismo sornione dell’esperto tagliafila si è già ripreso la scena. Antonio Conte ha raggiunto il posto che preferisce. Uomo di lotta e di governo, è definito in politica chi vuol decidere senza rinunciare al diritto di critica. Negli giorni di ritiro, con quell’umiltà dolente che è il suo stile di comunicare ha parlato degli acquisti. Molti li ha indicati lui, ma riesce bene con quelle sue impreviste riflessioni a non sembrare entusiasta dei “giovani di prospettiva” in arrivo. Ha studiato anche il momento, prima di sentire il presidente che come il santo della città non gli dice mai no. Di che avranno parlato? Si può immaginare. Le sue perplessità sono fondate e condivisibili. Almeno in parte. È campagna incompleta e confusa, parziale e contraddittoria, vero. Ma il rimpianto di Dan Ndoye ricorda quello per Alejandro Garnacho a gennaio. Così lo svizzero Ndoye soffiato dal Nottingham Forest per 50 milioni. «A noi piaceva, ma certe cifre non si possono spendere», spiega Conte, trascurando che il Napoli si è già impegnato per 150 milioni senza aver concluso il mercato. Sabato si è esibito in un incauto tuffo in avanti il portiere serbo Milinkovic Savic, preso dal Torino. È accreditato di lunghi rinvii. In uscita ha tamponato Rrahmani senza respingere la palla. Un errore goffo che Milinkovic potrà presto riscattare, ma intanto consolida la posizione del titolare Meret. Non sorprende il silenzio di Aurelio De Laurentiis. Ha osservato l’anno scorso il Napoli senza disturbare Conte. Lo scudetto premia un presidente che sa vincere senza parlare. Sarà così anche stavolta, nella stagione del secolo. Fondato nel 1926 per la prima volta il club è atteso da protagonista in serie A, rientrato nell’aristocrazia europea con un marketing più organizzato e ambizioso. Tommaso Bianchini, il direttore della modernità, escogita nuovi flussi per un Napoli finalmente credibile. Studi rivelano che la squadra ha un suo fascino pur non avendo l’estetica ritmica dei triangoli di Sarri né il gioco sontuoso dello scudetto di Spalletti. Stile western, da assalti e strappi, che porta comunque a vittorie puntuali. Prima o poi segna, ed è il delirio che il pubblico aspetta. Occorre forse qualcosa in più nella stagione dei cento anni. E ci stanno lavorando Conte e la società. L’allenatore è chiamato a risolvere due quesiti. L’ingaggio di De Bruyne eleva la genialità delle soluzioni offensive, bisogna creare dei sincronismi. Tra il belga che gioca in un fuso orario diverso, con la mente è più avanti, vede tutto prima dei compagni. Va studiata anche la preparazione per ridurre gli infortuni muscolari. Incidenti già molto afflittivi nello scorso torneo. Una maggiore cautela nel mandare in campo solo chi è perfettamente guarito avrebbe evitato forse l’assenza di Lobotka e Buongiorno nel finale. Non promette bene lo stop di Lukaku. Con riflessi sul mercato. Urgente magari in prestito un attaccante duttile, atteso pure l’arrivo dell’alternativa a Anguissa. Occhio agli algoritmi. Le ricerche dell’agenzia Opta danno per lo scudetto 36% all’Inter, solo 15% al Napoli. Niente paura, ai ribaltoni questa squadra è sempre pronta. Figurarsi con De Bruyne, il gioiello preso dal presidente che vince quando non parla.

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