MILANO – Le comunicazioni degli arbitri allo stadio sulle scelte del Var, e il nuovo canale tv della Serie A. La lotta alla pirateria, e le bacchettate di Ceferin, numero uno della Uefa, che ha definito “disastrosa” la situazione degli stadi italiani. Alla vigilia dell’inizio del campionato, Luigi De Siervo, amministratore della Lega di Serie A, racconta le novità della stagione. “Partiamo dal calcio. Mi aspetto un campionato combattuto, senza certezze, dove le gerarchie potranno cambiare di giornata in giornata. Tante squadre possono contendersi il titolo fino alla fine. Il Napoli parte favorito, l’Inter è solida, il Milan si è rafforzato, la Juve si sta completando, e occhio alle altre. Come ha detto Ceferin, è il campionato più bello da seguire fra quelli europei perché è quello con esito più incerto”.
Il suo mandato si è aperto con l’intento di trasformare la Lega Serie A in Media Company. A che punto siete?
“Abbiamo fatto gran parte del lavoro. A Lissone nel nostro Ibc, Iliad International Broadcaster Center, produciamo tutte le 423 le partite live di campionato, Coppa Italia e Supercoppa Italiana, in quattro lingue. Gestiamo 22 account social della Lega in otto lingue, su piattaforme diverse”.
Il progetto del canale tv della Lega di Serie A sul digitale terrestre?
“Ci siamo. Da questa stagione saremo autonomi con il nostro canale radiotelevisivo. Per due anni lo abbiamo realizzato con Rds e da questa stagione lo faremo da soli. Abbiamo nuovi studi, sempre a Lissone, abbiamo aumentato gli investimenti. Presto annunceremo belle novità sul palinsesto. L’obiettivo strategico è restare 18 ore al giorno in contatto con il pubblico e supportare al meglio Dazn, Sky e Mediaset, a cui non vogliamo certo fare concorrenza. È però fondamentale essere pronti con una struttura editoriale autonoma perché il mercato tv cambia sempre più rapidamente”.
Contro la pirateria, cosa state facendo?
“Moltissimo, da questa stagione anche in sintonia con Lega di Serie B e alla Lega Pro. È fondamentale che le persone capiscano che esiste una correlazione diretta tra il risultato economico del campionato, ovvero il suo stato di salute, e la misura con cui i tifosi contribuiscono al benessere dei loro club, comprando magliette, biglietti, hospitality allo stadio e abbonamenti tv. L’Italia è maglia nera, nessun campionato in Europa ha una pirateria così diffusa come da noi”.
In concreto, si daranno più multe?
“La novità di questa stagione è che la Guardia di Finanza sta cominciando a perseguire le migliaia di utenti privati scoperti a guardare le partite illegalmente. Il primo avviso, chiamiamolo cartellino giallo, è tutto sommato blando, ma in caso di recidiva si pagano multe anche di cinquemila euro. Mentre stanno già cominciando le azioni penali nei confronti dei reseller. Il rischio è serio come dimostra la Francia in cui il sistema dei diritti tv è fallito anche a causa della pirateria”.
In Serie A cresce il numero delle proprietà straniere. Pro e i contro di questa trasformazione?
“Il vero vantaggio è che inizia a esserci un senso di appartenenza alla Lega, e si affievoliscono i particolarismi e le battaglie fini a se stesse. Si lavora meglio e con più programmazione. Anche se non siamo ancora l’Nba, dove i presidenti si chiamano fra loro soci. Le proprietà straniere portano managerialità. Fra le proprietà italiane, sono rimasti imprenditori bravi, abilissimi soprattutto sulla parte sportiva. È un buon mix”.
Un grande tema nel campionato scorso è stato il Var. Come vede il fatto che l’arbitro spiegherà la ragione della sua scelta allo stadio?
“Un fatto positivo e importantissimo, mutuato dalla NFL. Abbiamo sempre lavorato per la massima trasparenza, dotandoci per primi di Gol Line Tecnology, VAR, fuorigioco semi automatico. Purtroppo questo è un Paese in cui ancora una parte di pubblico fischia l’inno della Lega, nella convinzione che la propria squadra – qualunque essa sia – sia penalizzata dal “palazzo”. Per togliere alibi ai soliti pregiudizi, l’anno scorso abbiamo lanciato Open Var, trasmissione realizzata con Dazn. Da questo anno, aumenteremo il numero dei replay trasmessi in tv. Dovremo invece aspettare almeno un anno per arrivare a mostrare i replay sui mega schermi allo stadio. Ci arriveremo”.
E la regola degli otto secondi come tempo massimo per le rimesse del portiere, le piace?
“Tutto quello che velocizza il gioco è benvenuto. Se il calcio vuole contendere la Generazione Z agli altri sport deve continuare a innovarsi. Avendo una struttura di gioco complessa, deve continuamente snellirsi e velocizzarsi per garantire, nel rispetto della tradizione, un maggior ritmo e spettacolarità. La Fifa ha il ruolo principale in queste innovazioni”.
Ceferin ha criticato duramente l’Italia per la situazione degli stadi, portando Udine come esempio. Si muove qualcosa?
“Su Udine non potrei essere più d’accordo. Il Bluenergy Stadium è un orgoglio, e per questo ringrazio la famiglia Pozzo, oltre alle istituzioni locali. Guardando al quadro nazionale, sorprese purtroppo non ne abbiamo. Con ritardo si è compreso quanto debba essere fatto per non perdere la sfida dell’Europeo 2032 ed evitare che altre gare siano assegnate alla Turchia. Michele Uva in Uefa sta facendo un enorme lavoro. È fondamentale non perdere questa opportunità per ammodernare i nostri stadi. Positivo che a Firenze siano partiti i lavori. Ci auguriamo che si sblocchi presto la situazione di Milano, che merita uno stadio al livello dei club”.
Non è evitabile che si verifichino situazioni come Pisa, che dovrà giocare a Cagliari perché il suo stadio non è adeguato?
“Per le neopromosse è normale che i lavori necessari di adeguamento degli impianti proseguano anche nelle prime due giornate. Ci aspettano tre stagioni con i lavori in corso in vari stadi, ma è il prezzo da pagare, visto che dobbiamo fare in cinque anni il lavoro non fatto negli ultimi trenta anni”.
La convince l’idea di giocare Milan-Como a Perth?
“Usciamo dall’argomento Perth, tema delicato per cui abbiamo una trattativa in corso. Conosciamo i temi di clima e fuso orario. Ma l’idea di giocare all’estero è inevitabile. Gli sport americani, come i grandi giri del ciclismo, lo fanno da decenni. Il calcio deve competere con gli altri sport, e la Fifa e la UEFA lo hanno capito. Non vedo lo scandalo. I tifosi sono fondamentali, tanto gli italiani in casa quanto gli stranieri fuori”.
Ha ragione Salvini a dire che gli stadi senza ultras sono tristi?
“Il calcio senza pubblico non esiste per cui comprendo le ragioni dell’intervento del Ministro. Ma siamo solo alle prime scosse di assestamento dopo il terremoto giudiziario, che ha scardinato un meccanismo criminale che teneva in pugno San Siro. Le squadre non devono mai sottostare a ricatti tant’è che sono parte lesa di questa indagine come lo è la stessa Serie A. Siamo ottimisti che si riesca a trovare un nuovo equilibrio con i tifosi in tempi relativamente brevi”.
Di Cerignola-Verona parla tutta Italia. Perché non fare giocare le prime fasi della Coppa Italia negli stadi della squadra più bassa del ranking?
“Calendario compresso, aspetti logistici complicati e difficoltà di attrezzare la parte tecnologica – Var, Goal line tecnology e fuorigioco semiautomatico – su campi di provincia. Il tema per ora è tecnologico, ma ci stiamo lavorando”.
Non pensa che il format della Coppa Italia vada rivisto?
“Certo! Ci abbiamo provato già due volte, ma è difficile. Il format all’inglese è stato analizzato, ma alla fine si è deciso di non farlo, perché le televisioni hanno riconosciuto molto più valore al format attuale. Ma dobbiamo superare certi luoghi comuni: nemmeno i club più piccoli lo considerano un affare. Nel 2016 quando fu l’Alessandria a volere giocare col Milan a Torino, e non nel suo stadio, per incassare di più ed avere più tifosi”.
In tutta Europa il mercato dei diritti tv è in contrazione. C’è modo di frenare l’emorragia o è impossibile, come Rummenigge diceva già dieci anni fa?
“Aveva ragione Kalle. Siamo in una situazione di stallo, difficile da invertire. Purtroppo la pirateria sta complicando il business delle pay tv. Senza azioni legali e multe che disincentivano pesantemente i pirati, fare margini con la trasmissione di eventi sportive è sempre più difficile”.
L’introduzione della nuova Champions e del Mondiale per club hanno posto con ancora maggior vigore il tema della lotta fra Fifa, Uefa e leghe per l’organizzazione del calendario. Sono i campionati che alla fine dovranno soccombere?
“Mi auguro di no perché siamo l’essenza del calcio, ma dobbiamo competere continuamente per il calendario con Fifa e Uefa. Va tenuto in considerazione che parte del valore economico che i campionati perdono, si trasferisce a chi organizza i tornei internazionali per cui non può essere ignorato il tema del doppio ruolo di Fifa e Uefa che sono da un lato enti regolatori e dall’altro organizzatori di tornei”.
Vedremo mai una Serie A più snella, con qualche squadra in meno?
“L’argomento resta ancora un tabù. Nei prossimi anni se ne parlerà nuovamente, anche se le posizioni restano contrapposte. Premier, Liga e Serie A, i maggiori campionati al mondo, sono a 20 squadre. Bundesliga e Ligue 1 sono già a 18 e in Francia discutono se scendere a 16. Ma sarebbe l’inizio della fine”.
Ai tempi di Platini, Van Basten e Maradona, la Serie A aveva 16 squadre, e non era un brutto campionato …“Ma quante partite aveva la Coppa dei Campioni? Un totale di 59 partite e una squadra per vincerla doveva giocarne nove. Ora ha un totale di 189 gare, senza considerare le qualificazioni, e ce ne vogliono 15 o 17 per vincerla. Negli ultimi 20 anni la Fifa e la Uefa hanno enormemente incrementato le proprie gare, mentre la Serie A no, è ferma a 380 partite dal 2004 e la Coppa Italia è passata da 94 partite totali a 45. Sono aumentati troppo gli impegni internazionali. Da qui la battaglia che portano avanti le Leghe”.