Chiamatela “la legge di Marsiglia”. Poi chiedetevi se è giusta. Stabilisce che le colpe non si pesano e le punizioni sono identiche.
I fatti sono noti. Dopo una sconfitta all’esordio in campionato, nella squadra francese scoppia una rissa. Protagonisti assoluti Adrien Rabiot e il giovane inglese Jonathan Rowe. Per la classica omertà da spogliatoio le dinamiche restano offuscate. Si sa soltanto, da presidente, allenatore (De Zerbi) e direttore sportivo (Benatia) che è stata «violenta in modo inaudito». E che a tirare il primo colpo sarebbe stato Rabiot. Dopodiché il Marsiglia mette entrambi i suoi calciatori fuori rosa e sul mercato. Rowe è già partito per Bologna (più o meno per la cifra che era costato) Rabiot è alla stazione. Nessuna distinzione, almeno fin qui. Possibile?
Se in campo uno aggredisce e l’altro colpisce di rimando (fallo di reazione) possono essere espulsi entrambi, ma nella squalifica si terrà conto della dinamica. Esiste nel codice penale l’eccesso di legittima difesa, ma la sanzione è attenuata. Come c’è il male minore, c’è sempre il torto maggiore. Eppure non sempre se ne tiene conto. Le reazioni degli appassionati italiani nei forum vanno dai tifosi del Bologna sempre meno cautamente in difesa di Rowe a quelli che attaccano Rabiot a prescindere, per via della “insopportabile mamma”, che anche in questa occasione non ha perso l’occasione per dare sostegno al figlio e argomenti ai suoi detrattori.
Attribuire lo stesso peso può essere un espediente per cavarsela con una sola misura. Lo vediamo e ascoltiamo quotidianamente da tempo. Russia-Ucraina? Quelli hanno invaso, ma gli altri hanno provocato… Gaza? Un massacro, o come vuoi chiamarlo, ma il 7 ottobre… La neutralità è un lusso e dichiarare “pari e patta, ora andate a giocare altrove” una scorciatoia che soltanto il presidente del Marsiglia o quello degli Stati Uniti potevano immaginare. Come ogni piccola storia la Storia ha bisogno di una morale per arrivare a una chiusura o finirà per ripetersi invocandola. Poi il calcio ha i suoi misteri.
Mi sono ricordato una vecchia vicenda bolognese della metà degli Anni Settanta. Si disse che nello spogliatoio Pecci e Ghetti litigavano. La società li vendette entrambi: il primo al Torino, il secondo all’Ascoli. Ho telefonato a Pecci per conoscere la sua versione sul presunto antenato del match Rabiot-Rowe: «D’accordo non andavamo, ma i giornali esagerarono. Poi ci vendettero, è vero, ma quell’anno vendettero anche Savoldi e Landini che non creavano problemi: il fatto è che volevano fare cassa».