Fuori registro, fuori contesto e fuori fase, forse anche un po’ fuori di testa, la telecronaca Rai di Israele-Italia è stato un altro show di Lele Adani, che oggi imperversa sui social ben più del quinto gol estremo che ha salvato la pelle agli azzurri, sportivamente parlando. Un commento buono per i peggiori bar di Caracas, quello del bizzarro “talent”, che ha sconcertato non perché dalla Rai che si occupa di pallone si pretenda di dormire (un tempo, a volte era così), ma perché il senso della misura non è un concetto astratto. E siccome la sfida, discutibilissima, contro gli israeliani era già carica di un’infinità di delicati motivi, dalla politica all’ultimo attentato a Gerusalemme, oltre che per le possibili conseguenze sul piano sportivo (perdere il terzo Mondiale di fila), una volta di più il commento richiedeva estrema attenzione. Lele Adani, con il povero Alberto Rimedio al suo fianco, non ne ha usata nemmeno un po’.
Adani e una esibizione in stile ‘BoboTv’
Al di là del già proverbiale “pranzo al sacco”, culmine di un’eruzione dialettica assurda, è stato il tono complessivo della telecronaca a sconcertare. Nemmeno una parola sulla Palestina, appena un accenno agli ultrà azzurri che hanno dato la schiena all’inno dei nostri avversari, ma soprattutto un cazzeggio goliardico che nulla aveva a che fare con un evento di per sé farsesco e allo stesso tempo drammatico, con quello stadio vuoto e con tutti i fantasmi che vi si agitavano dentro. E allora, cos’ha pensato di fare Adani? Un exploit da “BoboTv”, il palcoscenico che già vide il nostro protagonista di cabaret con i suoi sodali (a quel tempo, poi c’è stata rottura), cioè Antonio Cassano e Bobo Vieri: altri due svalvolati mica da ridere, ai quali però nessuno affiderebbe il microfono in una prima serata su Rai Uno, seguita da milioni di persone.
Adani, i soprannomi e il pranzo al sacco
Lele Adani può piacere o non piacere, è un integralista delle tattiche, già nemico di Max Allegri e Fabio Caressa ai quali non ha mai risparmiato attacchi e frecciatine, come se ogni parola fosse una questione personale, una vendetta o una piccata replica (e il pubblico quasi sempre non capisce i riferimenti). Ma c’è modo e modo, c’è luogo e luogo. Adani chiama i giocatori con i soprannomi, è tutto un contrarre i cognomi tra “Bare”, “Mancio” e “Basto”: e chi sono costoro, forse i suoi compagni delle elementari? Oppure hanno fatto tutti insieme un bel pranzo al sacco? Pensate se Martellini o Pizzul avessero fatto una cosa del genere. E non è per essere nostalgici o boomer, ma quanto manca lo stile di certe persone, di grandi professionisti che mai si sarebbero permessi di mandare in vacca neppure un minuto del proprio lavoro: vale qui la pena di ricordare che la Rai, persino in questi tempi tristi, rimane servizio pubblico.
Più cabaret che giornalismo
E poi c’è il tono molesto, quel continuo urlare: perché anche la forma è contenuto, e non solo nel giornalismo, parola che ci rendiamo conto di usare qui a sproposito perché Adani è un cabarettista, non un giornalista. Per la partita di ritorno contro Israele a Udine del mese prossimo, dove già si temono contestazioni, possibili problemi e disordini, la Rai organizzi un pranzo al sacco per Lele Adani, se possibile senza microfono e tequila.