A questo punto non è più una sorpresa, ma una barzelletta di cattivo gusto. La riapertura del Camp Nou, più volte annunciata, slitta ancora e lascia l’ennesima figuraccia a carico del Barcellona e del presidente Joan Laporta. L’imbarazzo è evidente: il Barça ha ufficializzato che il debutto casalingo in Liga non sarà nel rinnovato Spotify Camp Nou, bensì nel piccolo Estadi Johan Cruyff dove, domenica prossima, arriverà il Valencia. Una decisione forzata dopo che le prime tre giornate erano state giocate in trasferta nella speranza che i lavori che consentissero una riapertura parziale del tempio del calcio catalano fossero ultimati. Ma non è andata così e il Comune non ha fatto sconti.
Il balletto delle date per la riapertura del Camp Nou
E non è la prima volta: in principio, si era parlato di un ritorno già a novembre 2024. Poi, di febbraio o al massimo aprile-maggio 2025 per ospitare il Clásico. L’ultima, anzi, la penultima illusione è arrivata lo scorso agosto quando il Trofeo Gamper, contro il Como di Cesc Fàbregas, avrebbe dovuto segnare il grande “ritorno a casa”. Tutte promesse sbandierate urbi et orbi, ma mancate. Una sequenza di scivoloni con un unico filo conduttore: meglio vendere entusiasmo che dire la verità. E a metterci la faccia, come nel sontuoso video promozionale pre Gamper, non è stato un personaggio secondario, bensì il presidente in prima persona. Resta solo da capire, a questo punto, se Laporta fosse al corrente di tutto o se, invece, qualcuno gli abbia mentito. In entrambi i casi, non ne esce bene.
Le rassicurazioni di Laporta
Ed è proprio qui che si apre la questione politica e gestionale. Il tutto all’inizio di una stagione che si concluderà con le elezioni del nuovo presidente e Laporta ha tutta l’intenzione di ripresentarsi. Di certo, però, lo farà dopo aver imparato una lezione. O, almeno, si spera. Tutto quello che gli sta accadendo, infatti, non è casuale, ma è normale che succeda quando ti circondi di “Yes Sir Men”, ossia quando tutti ti dicono quello che vuoi sentire. Se davvero Laporta si fosse accorto di essere stato ingannato dai suoi stessi sodali, avrebbe già dovuto allontanarli. Se, invece, è stato lui stesso a voler alimentare questa menzogna continua, per rassicurare creditori e partner finanziari, la sua responsabilità è ancora più grave. Perché il Barça è riuscito a sopravvivere grazie alla fiducia di banche, fondi e imprese che continuano a sostenerlo nonostante una situazione economica fragile. La credibilità del més que un club, tuttavia, è oggi ai minimi storici e l’immagine internazionale compromessa.
E la figuraccia potrebbe non limitarsi alla gara contro il Valencia, ma allargarsi anche alla successiva sfida interna con il Getafe del prossimo 21 settembre. Ad ammetterlo, senza troppi giri di parole, è stata la stessa vicepresidentessa Elena Fort: “No, non posso assicurare che contro il Getafe giocheremo al Camp Nou”. A rincarare la dose ci ha pensato Víctor Font, sconfitto da Laporta nelle ultime elezioni e pronto a ricandidarsi la prossima primavera: “Quello che sta succedendo è inammissibile come lo è ingannare la gente. Si parlava di acquistare Nico Williams, di tornare a casa per il Gamper, di far felici i tifosi… E, invece, i soci, l’allenatore e la squadra meritavano solo una cosa: la verità”.
La deroga della Liga per giocare al Johan Cruyff
E già, perché mentre i vertici discutono e si accusano, gli unici davvero penalizzati restano i soci. Lo stadio Johan Cruyff, con i suoi seimila posti (eccezione concessa dalla Liga nonostante la regola imponga un minimo di ottomila), potrà accogliere meno della metà dei 16.151 abbonati “fedelissimi” presenti nei due anni a Montjuïc e tra i quali verranno sorteggiati i pochi tagliandi a disposizione per il match. E saranno poche anche le aree Vip. Poche ma care. Carissime. Il prezzo? Prima 550 euro, poi 900 euro per un’esperienza che di vip ha ben poco, se non l’esclusività forzata di uno stadio più piccolo di quanto la stessa normativa preveda.
Il Valencia non avrà tifosi al seguito
I tifosi del Valencia, invece, saranno costretti a starsene a casa. A nulla serviranno, infatti, le proteste del club bianconero per non aver ricevuto alcun settore riservato ai suoi tifosi, come a nulla erano servite le lamentele dei giocatori increduli che a cinque giorni dalla partita ancora non sapessero in quale stadio avrebbero giocato. Quello che sembra certo è che di fronte a ulteriori ritardi il Barça sarà costretto a lasciare ogni speranza di riaprire il Camp Nou nel 2025 e tornare a Montjuïc almeno fino a gennaio. Un situazione paradossale per un club che avrebbe potuto semplicemente accettare pubblicamente, sin dall’inizio, i tempi tecnici necessari per completare i lavori. Il problema, però, è che all’ombra del Camp Nou si vive in una campagna elettorale permanente e alla verità si preferiscono gli slogan.