È ormai talmente naturale che anche i più ricchi e forti puntino sui giovani che la scoperta di un ventenne neanche stupisce più. Proviamo in ogni caso a presentarne dieci, escludendo quelli già platealmente affermati come Yamal, Doué, Cubarsì, Hujisen, Yildiz, Arda Güler o Joao Neves. Alle loro spalle ci sono già molti talenti a premere: un paio di nuovi Messi, un nuovo Kakà, un nuovo Kanté, un nuovo Vidal, un nuovo Inzaghi, un nuovo Hummels, un nuovo Van Dijk (speriamo) e finanche un nuovo Yamal, neo-maggiorenne che già vanta innumerevoli tentativi di imitazione. Abbiamo scelto ragazzi di 21 anni al massimo e tra loro, con gioia, ci sono tre italiani, anche se nessuno delle quattro italiane che parteciperanno alla Champions, anche se Pio Esposito una citazione la meriterà, come magari anche Adzic. Ecco, in ogni caso, chi tenere d’occhio da martedì in avanti, in rigoroso ordine alfabetico.
1) Roony Bardghji, 19 anni, Barcellona
Si è affacciato alla Champions già due anni fa con il Copenhagen segnando un gran gol al Manchester United, la sua squadra del cuore, ma un grave infortunio al ginocchio lo ha tolto dai radar facendogli perdere la sua seconda stagione tra i grandi, quella che avrebbe dovuto battezzarne la consacrazione. Ne ha approfittato il Barcellona, che se lo è preso per appena 2,5 milioni tesserandolo per la squadra B, un escamotage per aggirare i vincoli economici cui sono sottomessi i catalani. Bardghji ha una storia particolare: è nato in Kuwait da una famiglia siriana che si è trasferita in Svezia quando lui aveva sette anni. Nonostante venisse da paesi di scarsa cultura calcistica, con il pallone tra i piedi ha subito meravigliato la Scandinavia intera: è cresciuto nel Malmoe, cui il Copenhagen lo ha strappato quando aveva appena 15 anni, presentandolo come “uno dei più grandi talenti scandinavi in assoluto” ed elargendogli 100.000 euro sull’unghia. Dopo i precocissimi esordi quel ginocchio ne ha interrotto la crescita, ma il Barcellona non ha esitato a puntare sull’incredibile efficacia nel suo dribbling stretto, grazie al quale sguscia tra gli avversari mantenendo il pallone incollato al piede (sinistro, preferibilmente), caratteristica che gli è valsa la definizione di “Messi svedese”.
2) Lamine Camara, 21 anni, Monaco
Il Monaco è un laboratorio di talenti, cresce (o scopre) e rivende: in estate il ds Thiago Scuro ha fatto guadagnare al club oltre 100 milioni vendendo calciatori cresciuti o valorizzati (il più fulgido è il ventenne Ben Seghir, andato al Leverkusen per 32 milioni: è la “prima riserva” di questa lista di dieci promesse) ma ha trattenuto Camara, il centrocampista senegalese che sa far tutto e che è stato paragonato, a buon diritto, a Kanté. Come Kanté, Camara è basso di statura, muscolarmente compatto, inesauribile nella corsa, reattivo nel breve (e tecnicamente è forse persino più raffinato). Fa più assist che gol. È forte sui calci piazzati. Il Monaco lo ha preso nel 2024 per 15 milioni dal Metz, che a sua volta lo aveva importato dal Génération Foot, la squadra senegalese che è praticamente una costola di quella alsaziana: setaccia i migliori giovani del paese e li prepara per l’Europa. Camara ha già giocato 23 partite nel Senegal ed è stato eletto per due anni di fila miglior giovane africano. Sarà il prossimo gioiello che il Monaco spedirà in una big, se questa Champions lo consacrerà definitivamente.
3) Estevao, 18 anni, Chelsea
Di nuovi Messi ne sono spuntati ovunque, non però in Argentina dove casomai abbondano i nuovi Ronaldinho i nuovi Neymar. Non è il caso di Estevao, diventato presto e spudoratamente Messinho: è sempre stato così bravo e così al di sopra di ogni sospetto da essersi potuto permettere di adorare il massimo rivale di ogni brasiliano. A 15 anni diceva: voglio andare al Barcellona e fare come Messi. È finito invece al Chelsea, che lo ha ingaggiato già nell’estate del 2024 per 35 milioni (più addirittura 23 di bonus: più si atterrà alla Pulce, più verrà a costare) portandolo a Londra soltanto a luglio, cioè una volta maggiorenne e dopo avergli lasciato giocare il Mondiale per club nella squadra di San Paolo. Figlio di un pastore battista, Estevao è un predestinato: cresciuto nel Cruzeiro, alla tenera età di dieci anni è già stato messo sotto contratto con la Nike, che ne ha intuito le potenzialità. Con il Palmeiras, ha esordito in prima squadra a 16 anni. Nel Brasile (già sette presenze e un gol, Ancelotti lo ha subito messo titolare) ha debuttato a 17. È il classico mancino che caracolla sulla fascia destra, dribblando, pennellando, inventando. Ora gli tocca smettere di essere un predestinato: se funziona, presto tra i ragazzini spunteranno molti nuovi Estevao.
4) Giovanni Leoni, 19 anni, Liverpool
Del Liverpool avremmo dovuto citare il neo diciassette Rio Ngumoha, il piccolo fenomeno che i Reds hanno strappato al Chelsea in primavera (si sono scatenate liti furiose tra i due club) e che ad agosto ha battezzato il suo esordio in Premier con il gol del 3-2 che, al centesimo minuto, ha piegato il Newcastle. Abbiamo invece preferito, anche per sciovinismo, scegliere Leoni, difensore ancora poco noto a livello internazionale anche se Gattuso lo ha già convocato prima ancora che debuttasse nell’Under 21. Su Leoni, il Liverpool ha investito 35 milioni, cifra inaccessibile per qualsiasi altro club italiano anche se, sommando certi investimenti nel reparto difensivo (quelli del Milan, per esempio, ma anche del Napoli), non sarebbe stato impossibile puntare su di lui, profetizzato come il miglior difensore azzurro nei prossimi dieci anni. Nessuna delle grandi ci ha però creduto, né ora, né quando Leoni ha esordito sedicenne in C nel Padova (lo notò invece Mancini junior, che lo portò alla Sampdoria), né dopo la stagione di B in blucerchiato: fu il Parma ad avere il coraggio di investire 4,5 milioni, subito moltiplicati dopo il primo anno di serie A di questo stopper gigantesco eppure agile, veloce, perentorio negli anticipi, freddo di carattere. Il suo idolo da ragazzino era Van Dijk e sarà proprio Van Dijk, il miglior difensore al mondo nell’ultimo decennio, ad affinarne la crescita. Imporsi in una big della Premier non è facile, ma se Leoni ci riuscirà ne trarrà vantaggio tutto il calcio italiano. Aspettiamo con ansia il suo esordio.
5) Myles Lewis-Skelly, 18 anni, Arsenal
Le squadre inglesi più sono ricche più dedicano cura ai loro vivai: è anche questo a scavare la differenza con gli altri campionati. La ricchezza dell’Arsenal sono due diciottenni fatti in casa, l’attaccante Nwaneri e il tuttofare Lewis-Skelly, già impiantato in pianta stabile da Tuchel in nazionale. Il ragazzo di origini caraibiche, nato a due passi da Highbury, gioca da sempre nel settore giovanile dei Gunners, risalendo di categoria in categoria fino a debuttare in prima squadra ancora diciassettenne, contro il Manchester City: venne ammonito prima di entrare perché aveva detto al suo portiere di rimanere a terra per perdere tempo. Una furbizia da adulto. Da allora, Lewis-Skelly ha fatto un po’ di tutto e in prevalenza il terzino sinistro, ma le sue origini sono quelle di un tuttocampista alla Vidal, anche se i tifosi dell’Arsenal vedono in lui il nuovo Xhaka. A marzo ha esordito nell’Inghilterra, subito titolare e con un gol all’Albania: è stato premiato come migliore in campo.
6) Filippo Mané, 20 anni, Borussia Dortmund
Che il Borussia abbia dei giovanissimi in rosa, e che spesso facciano i titolari, non è una notizia. Lo è invece che tra loro ci sia un italiano, Filippo Mané, nato a Magenta e cresciuto a Mesero, mamma lombarda e papà senegalese, in Germania ormai dal 2022: giocava nella Samp, anche se il grosso dell’apprendistato l’ha fatto nel vivaio del Novara, vicino a casa. Lo seguivano Juventus e Milan, ma il Borussia ha messo sul piatto la sua sensibilità verso i giovani, ha ribadito alla famiglia del ragazzo le occasioni che dà loro e Mané non ha esitato a espatriare: ha fatto l’esordio coi grandi, prima in Coppa di Germania e poi in Bundesliga, proprio quest’estate, ma probabilmente sarebbe stato lanciato prima se nell’ultimo anno non fosse stato perseguitato da una sfilza di guai muscolari, di fatto il suo vero tallone d’Achille. Ma negli ultimi mesi la salute ha retto e così Mané ha potuto partecipare al Mondiale del club (sempre in panchina, tuttavia mai in campo) e adesso entrare stabilmente nelle rotazioni di Kovac. Già azzurrino dall’under 17, Baldini lo ha convocato in queste prime partite del nuovo ciclo dell’Under 21. A Dortmund dicono che ricordi Hummels, che ha lasciato il club proprio nei giorni in cui Mané cominciava a muoversi al suo posto. Speriamo bene.
7) Franco Mastantuono, 18 anni, Real Madrid
Probabilmente non sarà questo l’anno della consacrazione di Mastantuono, ma per un motivo molto semplice: è capitato nella squadra dove in attacco c’è il più grande dispiegamento di talento del pianeta. A lui toccherà aspettare, e intanto imparare qualcosa da Mbappé, da Vinicius, da Bellingham. In assenza dell’inglese infortunato, nel frattempo, ha comunque già giocato da titolare due partite su tre, dando un assaggio delle sue doti e scatenando polemiche involontarie perché gli ultras blancos lo inneggiano con il nome di battesimo, allo stesso modo in cui un tempo si inneggiava al dittatore Francisco Franco. Mastantuono ha altre credenziali: il Real l’ha preso dal River Plate per 63 milioni, facendone il calciatore argentino più costoso di sempre e puntando forte su quel mancino delicato. Nuovo Messi? Nuovo Maradona? Mastantuono si è subito rivelato così bravo da evitare paragoni. Fino all’adolescenza ha alternato il calcio al tennis, in cui era uno dei migliori argentini nelle categorie giovanili. Per rimandare la scelta tra i due sport, nel 2015 rifiutò la chiamata del River, che poi lo cercò di nuovo nel 2019. Mastantuono, per fortuna, quella volta accettò, decidendo per il pallone. Possono bastare cinque secondi per capirne la classe, cioè ammirare il sensazionale calcio di punizione con cui ha deciso l’ultimo Clasico tra River e Boca: una meraviglia.
8) Geovany Quenda, 18 anni, Sporting
In un Portogallo-Marocco under 17, prese il pallone a metà campo, dribblò sei avversari e andò deliziosamente a segnare, meritandosi l’appellativo di Maradona di Alcochete, dove ha sede l’accademia dello Sporting, ora intitolata a Cristiano Ronaldo, cui Quenda ha già strappato un record: a 17 anni e 95 giorni, è diventato il più giovane giocatore biancoverde ad aver segnato nel campionato portoghese. Quenda non è comunque né Maradona né Ronaldo: casomai somiglia a Yamal, come lui ama caracollare sulla destra e lavorare il pallone con il sinistro, cercando l’assist o il gol. In più, è molto alacre nella fase difensiva e forte nel contrasto. Nato in Guinea Bissau ed emigrato con la famiglia in Portogallo quando aveva 9 anni, ha cominciato nel Benfica ma dopo due anni è passato allo Sporting, perché le Aquile non gli avevano dato il posto nel convitto che gli avevano promesso. A farlo esordire in prima squadra è stato Amorim, mentre Martinez lo ha già convocato in nazionale, pur senza farlo debuttare. Nell’ultimo europeo Under 21 ha vinto il premio per il gol più bello del torneo, quello segnato alla Polonia dopo un’altra sfilza di dribbling e un destro all’incrocio. In primavera è stato acquistato dal Chelsea per 50 milioni di euro, ma si trasferirà a Londra solamente all’inizio della prossima stagione.
9) Nicolò Tresoldi, 21 anni, Bruges
Ha un padre che è stato un onesto terzino (Atalanta e Cesena soprattutto, ma anche sei volte azzurro Under 21), è nato a Cagliari, è cresciuto a Gubbio e da quando ha 12 anni vive ad Hannover, dove la famiglia si trasferì perché alla mamma (argentina, lei) venne offerto un lavoro da hostess, e adesso gioca in Belgio, nel Bruges. Ha realizzato un gol nei play-off ai Rangers e non è un dettaglio qualsiasi: è l’unico attaccante italiano, a parte Retegui, ad aver segnato in Champions in queste ultime due stagioni. In realtà, Tresoldi è italiano solo un po’: a 18 anni ha preso la cittadinanza tedesca ed è stato subito convocato nelle varie selezioni giovanili della Germania: all’ultimo Europeo era il centravanti titolare dell’Under 21 e ha eliminato gli azzurrini in semifinale. Dopo otto anni e molti gol nell’Hannover, tra giovanili e prima squadra, in estate è passato al Bruges per appena sei milioni: sembra assurdo che nessun club italiano abbia pensato a lui, ma d’altronde da ragazzo sostenne molti provini in Italia e venne sempre respinto, mentre l’Hannover lo prese al primo colpo. Centravanti classico, brevilineo dai riflessi pronti, ha per idolo Pippo Inzaghi e sogna di giocare, un giorno nel Milan. Può ancora essere reclutato dalla nazionale italiana (e avrebbe i titoli per giocare anche in quella Argentina): l’impressione è che questa sia la stagione che può segnare la sua carriera.
10) Can Uzun, 19 anni, Eintracht
Questo è il gemello diverso di Yildiz: sono nati tutti e due a Ratisbona, in Baviera, da genitori turchi (Uzun è di sei mesi più giovane), da bambini hanno giocato assieme nel SSV Jahn Regensburg ed entrambi hanno scelto di rappresentare la Turchia e non la Germania a livello di nazionali: Uzun ha debuttato con Montella nella scorsa primavera, sostituendo proprio Yildiz. Yildiz, passato prima dal Bayern e poi dalla Juventus, ha fatto più in fretta, Uzun ha invece compiuto un giro più largo, preferendo una crescita graduale: è andato prima all’Ingolstadt e poi nel Norimberga, dove nel 23/24 ha segnato sedici reti in seconda divisione meritandosi la chiamata dell’Eintracht, che l’anno scorso lo ha inserito progressivamente in prima squadra e adesso l’ha promosso direttamente titolare: in Bundesliga, tre partite e tre gol. Come Yildiz, Uzun è un attaccante di fantasia che può giocare in qualsiasi ruolo offensivo. A molti ricorda Dybala (l’accostamento ci può stare) e ad altri Kakà, perché per essere un fantasista è insolitamente alto. Di sicuro è forte: con lui, Yildiz e Arda Güler, la Turchia ha un trio di ventenni fenomenali. E con lui l’Eintracht, che negli ultimi tre anni ha lanciato e poi venduto a peso d’oro Kolo Muani, Marmoush ed Ekitike, già immagina la prossima plusvalenza vicina ai 100 milioni.