Milano – Si torna al punto in cui tutto è cominciato. Un anno dopo la dolorosa bocciatura di San Siro come sede della finale della Champions League 2027 per via dell’impossibilità di garantire in quella data l’assenza di cantieri per lavori di ristrutturazione, la questione dello stadio di Milano (approvata nella notte la vendita a Inter e Milan) è diventata ancora più ingarbugliata. E adesso non investe più una singola partita. Riguarda l’intera organizzazione dell’Europeo 2032, assegnato dall’Uefa all’Italia insieme alla Turchia. Perché le molte incognite sull’impianto nel quale la capitale economica d’Italia ospiterebbe le gare continuano a preoccupare Nyon. A ottobre 2026 la Figc dovrà comunicare i cinque stadi italiani per il massimo torneo calcistico continentale per nazioni. È già abbastanza tardi.
Solo Torino è già pronta
Milano non è l’unica città senza certezze. Anche Napoli è in alto mare. Solo Torino al momento ha lo stadio pronto, lo Juventus Stadium. Sembrano in grado di rispettare i tempi Roma, con l’Olimpico o/e con l’eventuale nuovo stadio della Roma a Pietralata, e Firenze, col Franchi già in corso di ristrutturazione. Invece le altre sono in serio ritardo. Senza garanzie entro agosto 2026 (progetti e copertura finanziaria), diventerebbe concreta l’assegnazione dell’Europeo in toto alla Turchia, che dispone di 10 stadi già idonei alla manifestazione: una figuraccia da scongiurare, impensabile.
Abodi punta tutto sul Commissario
L’ansia è palpabile. La Figc di Gravina, che è vicepresidente Uefa, ha avviato col dg Brunelli i sopralluoghi nelle sedi potenziali, mentre Nyon stessa ha affidato a un suo dirigente esperto in materia, l’italiano Michele Uva già dg della Federcalcio, il ruolo di “delegato per i preparativi dell’Italia verso Euro 2032”: in pratica un supervisore che osserva da vicino la scabrosa situazione e deve vigilare sul rispetto dei requisiti necessari. Il governo ha deciso di affrontare la questione di petto. Il ministro dello sport Abodi ha sfoderato il Commissario ad hoc: un tecnico con poteri straordinari per 6 anni e con stipendio già fissato (132mila euro annui fino al 2032), per realizzare infrastrutture “di interesse strategico nazionale” anche in deroga alla normativa specifica. Sarà Massimo Sessa, uomo delle istituzioni con larghissima esperienza nella burocrazia delle infrastrutture.
Il rischio della fretta
Questo spiegamento di forze conferma l’urgenza della materia. La fretta, però, è spesso cattiva consigliera. Oltre a dovere evitare il rischio di perdere l’Europeo, c’è da non cadere in quello delle speculazioni edilizie e dei costi moltiplicati, sempre in agguato in questi casi come la memoria del Mondiale di Italia ’90 insegna. L’Europeo 2032 pare lontano: si giocherà tra sette anni. Ma la Figc deve indicare entro ottobre 2026 i 5 impianti prescelti per la competizione, con i progetti approvati e la relativa copertura finanziaria. Di fatto il vero tempo limite burocratico, per mettersi con tranquillità al riparo dalle sorprese, è ancora più vicino: la fine del mese di agosto 2026.
La corsa contro il tempo
In pratica i cantieri delle opere connesse a Euro 2032 andrebbero aperti entro maggio 2027, per prevenire gli imprevisti di un arrivo sul filo di lana. L’Uefa non fa sconti. Le tempistiche delle grandi manifestazioni sono inesorabili, come ha appunto dimostrato nel 2024 il caso della finale della Champions League 2027, che avrà come sede lo stadio Metropolitano di Madrid, tana dell’Atletico. Lo scorso 11 settembre l’Uefa ha dato l’annuncio a conclusione del comitato esecutivo. In corsa, teoricamente, c’era anche Baku e per l’Italia è stato come rigirare il coltello nella piaga. Perché il ballottaggio tra le capitali di Spagna e Azerbaigian è nato proprio dalla sconfitta di Milano.
Milano senza certezze
L’assegnazione a San Siro della finale 2027 era inizialmente data per scontata nell’alternanza con Budapest, che ospiterà alla Puskas Arena l’ultimo atto dell’edizione 2025-26 in corso. La bocciatura è arrivata un anno fa, quando sembravano verosimili la ristrutturazione del Meazza (l’Uefa ha appena rilevato in proposito la necessità di adeguamenti strutturali per l’Europeo) e la presenza di cantieri nel 2027, incompatibili con la finale. Questo scenario, con i costanti rallentamenti e con l’ulteriore incognita del vincolo sull’abbattimento del Meazza che può scattare a novembre, non aiuta certo Milano a rassicurare l’Uefa in vista di Euro 2032.
Il muro dell’ex Trotter
Nella vicenda milanese, che intreccia appunto la politica cittadina, il business delle proprietà americane di Milan e Inter e l’inchiesta giudiziaria, c’è spazio anche per un progetto edilizio rimasto finora sullo sfondo. Si tratta del lotto da realizzare nell’area dell’ex ippodromo del trotto, dove dovrebbero sorgere uffici e appartamenti. Secondo indiscrezioni, sarebbe superato il periodo di stallo, legato anche a ragioni acustiche per i concerti estivi al Meazza e all’ipotesi della realizzazione di un muro che attenui l’impatto sonoro. È comunque evidente che i costruttori guardano con parecchio interesse all’abbattimento dello stadio di San Siro e all’edificazione di un nuovo impianto poco lontano. Se infatti davanti all’area dell’ex ippodromo del trotto sparisse la mole del Meazza, non solo sparirebbero anche le noie acustiche, ma il valore degli uffici e degli appartamenti (oggi si parla di una media di 7 mila euro al metro quadro) aumenterebbe considerevolmente.
Napoli e il progetto di De Laurentiis
Quello milanese non è l’unico dilemma che attende il Commissario per gli stadi. Spicca in particolare il caso Napoli, dove non c’è sintonia tra il sindaco Manfredi e il presidente del Napoli De Laurentiis. Il primo cittadino ha avviato la ristrutturazione del terzo anello del San Paolo-Maradona, chiuso da 20 anni per ragioni di stabilità: l’obiettivo è di riaprirlo a gennaio e di aumentare la capienza di 10 mila posti. Contestualmente Manfredi spinge per la ristrutturazione dell’intero stadio, bocciata invece da De Laurentiis dopo il recente incontro delle istituzioni con Figc e Uefa. Il numero uno del Napoli caldeggia la costruzione di un nuovo impianto nell’area del Centro Direzionale. L’appuntamento per illustrare il piano, previsto per il 4 settembre, è slittato a ottobre. La data resta teoricamente cruciale per il destino dello stadio intitolato a Maradona, che il Sindaco si dice pronto a restaurare secondo i parametri Uefa anche con finanziatori diversi rispetto a De Laurentiis.
La supervisione di Uva
Il presidente dell’Uefa Ceferin non ha mai nascosto le perplessità sulle infrastrutture italiane. Per affrontare la questione Euro 2032, a maggio ha nominato come delegato Michele Uva, direttore esecutivo a Nyon per la sostenibilità sociale e ambientale. L’ex dg della Figc prende parte alle riunioni e ai sopralluoghi nelle varie città come osservatore, ma ha un ruolo di valutazione e di giudizio sui singoli iter. La situazione non è semplice, perché su ogni progetto devono essere d’accordo – e devono garantirne il finanziamento in tempi stretti – enti pubblici e privati: i Comuni e i club. Oggi solo lo Juventus Stadium di Torino soddisfa tutti i requisiti Uefa necessari, al di là della capienza di poco più di 40 mila spettatori, che esclude in partenza la possibilità di ospitare la finale (l’Atatürk di Istanbul è la destinazione al momento più gettonata) e forse anche una semifinale.
Firenze gioca d’anticipo
La ristrutturazione del Franchi è già cominciata e mette Firenze in posizione di anticipo sulle altre città. A Roma l’Olimpico ha bisogno di restauri e adeguamenti non impossibili, a prescindere dal percorso del progetto per il nuovo stadio della Roma a Pietralata: in teoria potrebbero esserci addirittura due stadi. Invece altrove, con Udine, Bergamo e Reggio Emilia dotate di stadi moderni ma penalizzate dalla capienza sotto i trentamila spettatori, la partenza a handicap è un dato di fatto e recuperare non sembra facile. La mappa delle potenziali sedi è piena di x. A Bologna l’eccessivo aumento dei costi per il Dall’Ara ha raffreddato l’ottimismo iniziale. Tutte le città candidate, comunque, stringono i tempi per non perdere i vantaggi della legge sugli stadi: Genova e Verona al nord, Cagliari e Bari al sud, che non può non comparire nella toponomastica di Euro 2032. I guai di Napoli spingono le rivali al tentativo di sprint in extremis.
Lo sprint di Palermo
Ma è la Sicilia a potersi giocare le carte migliori grazie al City Football Group, che possiede il Palermo e fa capo al ricco governo emiratino di Abu Dhabi, proprietario tra i vari club anche del Manchester City. Entro luglio dell’anno prossimo il Palermo del City Group presenterà il progetto di fattibilità del nuovo stadio per avere un posto tra le cinque sedi italiane di Euro 2032. L’intesa è in fase avanzata, come lo scorso mese è filtrato dall’incontro del sindaco Roberto Lagalla col club e con i delegati di Uefa e Figc. Nel frattempo il Comune e il Palermo hanno rinnovato la concessione di 6 anni, che si potrà trasformare in un accordo pluridecennale quando la società presenterà il progetto. Lo schema prevede una concessione fino a 99 anni e un investimento da non meno di 30 milioni del club per ammodernare lo stadio, con la possibilità di includere anche alcune aree limitrofe. Ma la cosa certa è che Euro 2032, per l’Italia, resta appeso a mille dubbi. E al Commissario del governo.