TORINO – Un mese fa o poco più, il Milan era un club squassato dalle correnti interne, il mercato arrancava dietro a richieste che Allegri non riusciva a farsi soddisfare e poi finiva senza portare il centravanti nuovo (Hojlund, Vlahovic, Harder, Boniface, Dovbyk, per un motivo e per l’altro tutti rimasti alla larga) né sbolognare quello vecchio, Gimenez. Nel frattempo il giocatore teoricamente migliore, Leao, giaceva infortunato mentre un bomber irrisolto di provincia, Bonazzoli, segnava a San Siro regalando una storica vittoria alla Cremonese: il Milan sembrava affacciato sull’abisso. La Juventus, invece, aspettava soltanto di definire le due operazioni programmate da mesi — l’acquisto di Kolo Muani, la cessione di Vlahovic — giocava in serenità e vinceva in tranquillità le due partite giocate a mercato ancora aperto (2-0 al Parma, 1-0 al Genoa), festeggiava i gol della nuova stella David e si affacciava, lei, su un futuro promettente.
Il mondo ribaltato
Poi il mondo s’è ribaltato: il Milan non ha più sbagliato un colpo né incassato un gol se non il rigore di De Bruyne, la Juve non ha surfato sull’onda dell’entusiasmante vittoria con l’Inter e di reti ne ha prese undici in cinque partite, finendo per avvilupparsi in un pareggio dopo l’altro e nella gestione a singhiozzo di tre attaccanti che più giocano e meno segnano (oggi Openda è favorito su Vlahovic). Però Tudor dice che «con Atalanta e Villarreal abbiamo fatto due grandi gare», nonostante intere mezze ore senza stare in partita, mentre i rossoneri stanno assorbendo ogni stilla di allegrismo possibile, innestando personalità, sicurezza e sfacciataggine su una base solida di difesa e contropiede. E persino lo sbolognando Gimenez ha trovato un senso, anche se non ancora quello della porta.
Il ritorno di Allegri a Torino
Se ci fosse una classifica della serenità, il Milan non sarebbe avanti di quell’unico punto che invece si conta in quella vera, che è la sola che interessi e di cui Tudor è giusto che si faccia un vanto, visto che ha avuto un calendario complicato. Ma le premesse erano altre e Allegri ha fatto più in fretta a trovare quella quadra (moltissimo ha inciso l’arrivo di Rabiot, l’uomo della svolta nonché l’ottimizzatore di Modric) che Tudor va ancora cercando, specie nei contrappesi tra l’attaccare e il difendere. Max torna a Torino dopo 17 mesi e da avversario dopo 12 anni «ma non ho nessuna rivincita da prendermi, devo solo ringraziare la Juve. Sono stato fortunato a passare così tanti anni tra lì e il Milan». Lo Stadium lo accoglierà con un gradimento a chiazze, tra chi gli attribuirà ogni onore (la curva specialmente) e chi ricorderà le ultime stagioni, che hanno diviso la tifoseria. Allegri ha recuperato Tomori, Tudor forse Thuram ma non Bremer: assenza pesante. Ma chi gli servirebbe davvero è Modric («ha fatto la storia del nostro popolo, non nascerà più uno come lui»), perché «ci manca il peso di quei giocatori che dicono: mi assumo io la responsabilità». Alla fine, non gli resta che ridere dell’auspicio che confessa: «Speriamo che stasera Luka faccia schifo». In realtà, non ha detto proprio così.