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Abete e la Figc, il vecchio che avanza: lo sguardo al passato di un calcio senza futuro

Gravina intenzionato a non ricandidarsi, l’ex presidente ci riprova: dopo due fallimenti e 14 anni senza una sola riforma

La soluzione era lì a portata di mano e non ce ne eravamo accorti. Mentre Gabriele Gravina valuta seriamente di non ricandidarsi a presidente della Federcalcio dopo la figuraccia della sua Nazionale agli Europei, stremato dalle battaglie con Claudio Lotito, emerge all’orizzonte un uomo pronto a farsi carico del peso di risollevare il disastrato pallone italiano. Stiamo parlando di Giancarlo Abete. Pronto a presentarsi alle elezioni del 4 novembre come candidato alla presidenza della Figc.

Se vi suona familiare non stupitevi. Sono passati 17 anni da quando Abete, che il 26 agosto festeggerà i 74, fu eletto la prima volta in capo al calcio italiano: tre mandati, fino alle dimissioni del 2014 al termine della seconda eliminazione al primo turno dei Mondiali.

In Francia un 28enne può diventare primo ministro e nessuno si preoccupa della sua età (altro discorso invece per le sue idee estremiste). In Italia il pallone continua a guardare indietro: pensare a quando c’erano Totti e Del Piero però non vuol dire avere nostalgia anche per chi gestiva il calcio.

Sì, perché Abete c’è e c’è stato. Da sempre. Nel 2010, dopo il primo naufragio in Sudafrica da campioni del Mondo, era il presidente della Federcalcio che tranciava con parole che sembrano scritte oggi i problemi del movimento, indicando la povertà di talenti, la competitività in picchiata della Nazionale azzurra, il bacino sempre più ristretto a cui attingere. Ma nei sette anni in cui è rimasto al timone cosa ha fatto Abete per invertire la tendenza? Se non vi è venuto in mente nulla, non è un problema della vostra memoria.

Oggi Abete è pronto a riprovarci. Nel frattempo, dopo quelle dimissioni da presidente Figc del 2014 è stato vicepresidente Uefa, consigliere federale per la Lega Pro, commissario della Serie A per qualche settimana, commissario e poi presidente della Lega Dilettanti. Una collezione di poltrone con cui ha incarnato sempre con assoluta convinzione la sua linea politica: non lasciare indietro nessuno. La versione sportiva del Gattopardo, per cui tutto resti com’è. Soprattutto lui stesso.

Eppure adesso sente che il suo momento può essere tornato. Un altro fallimento sportivo può restituirgli quello a cui aveva dovuto rinunciare: avete visto che non eravamo poi così male? Pronto a prendere il posto di quel Gravina che aveva mandato avanti al posto suo. Se poi dovesse andar male anche lui, ricordatevi: c’è sempre Franco Carraro.

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