Marco Amelia, perché i portieri di sette delle prime dieci dell’ultimo campionato sono stranieri?
«Ci sono tanti portieri italiani bravi. Il problema è che spesso, a parità di livello, si preferisce guardare all’estero».
Perché?
«Magari i direttori sportivi hanno interessi con agenti stranieri, a volte fa più comodo prendere da fuori. Desplanches, ad esempio, il portiere dell’U21, è un giovane di talento ma quest’anno è in prestito al Pescara in serie B: ci vuole più coraggio».
La scuola italiana è ancora valida?
«È un’eccellenza. Questo è l’altro tema: chi arriva da altri campionati raramente è subito pronto. I portieri stranieri crescono grazie ai nostri metodi di allenamento. Nessuno ha preparatori bravi quanto quelli italiani. Gli altri vengono qui e migliorano con i nostri suggerimenti. Ad esempio Dida, il Milan lo prese e lo mandò a giocare in prestito, all’inizio fece fatica. Anche Szczesny si è dovuto sgrezzare. Di solito va così, ci sono poche eccezioni».
Quali?
«Nelle principali squadre di serie A penso a Sommer e Maignan. Yann era già un portiere esperto prima dell’Inter, Mike aveva qualità evidenti già al Lille. Poi, certo, oggi ha uno stile più bello da vedere».
Il migliore secondo la Lega serie A lo scorso anno è stato Svilar.
«Un premio meritato. È stata brava la Roma a prenderlo quando era in scadenza al Benfica, già allora si vedevano le sue doti. Lui è cresciuto tanto».
Il Napoli ha aggiunto Milinkovic a Meret.
«Anche il serbo non è lo stesso giocatore arrivato al Torino nel 2017. Ha avuto modo di formarsi e diventare più efficace».
Il numero uno della Nazionale e il suo vice, Donnarumma e Vicario, giocano in Francia e Inghilterra.
«Lì girano più soldi, giustamente scelgono i più forti».
Chi è il miglior portiere al mondo?
«Ce ne sono 4-5 sullo stesso livello: Courtois, Alisson, Oblak, Sanchez e ovviamente Gigio».
Donnarumma è l’unico italiano nei 30 finalisti del Pallone d’Oro. Merita di vincerlo?
«Lo vedo sul podio, il Psg ha vinto la Champions anche grazie alle sue parate. Ma lo darei a Vitinha, la chiave della squadra di Luis Enrique».
Tra gli italiani che giocano in serie A chi le piace di più?
«Carnesecchi è completo, non è un caso che sia allenato da Marco Vigarani, preparatore bravissimo, ha formato pure Alisson. Poi dico Di Gregorio e Meret».
Come è cambiato negli anni il ruolo del portiere?
«Adesso sembra importante solo saper giocare il pallone, fare lanci lunghi e precisi. Ma alla fine un portiere forte è chi para meglio e più degli altri».