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Ancelotti: “In Brasile mi hanno soprannominato Carlinho e mi piace”

Il neo ct della nazionale verdeoro si racconta per Vivo Azzurro Tv

“Mi chiamano Carlinho. Mi hanno soprannominato così e mi piace”. Carlo Ancelotti racconta per Vivo Azzurro TV a Donatella Scarnati le prime sensazioni da neo ct del Brasile, col quale debutterà venerdì 6 giugno a Guayaquil, contro l’Ecuador, per le qualificazioni al Mondiale: “Ora devo studiare il portoghese come ho dovuto studiare il francese, l’inglese, lo spagnolo: mi aiuterà il fatto che il portoghese ha la stessa grammatica”.

Ancelotti e il rapporto con la sconfitta

L’obiettivo obbligato, alla guida della Seleçao, è riportarla sul tetto del mondo ed è per questo che la Cbf, la Federcalcio brasiliana, ha chiamato lui, vincitore di titoli in 5 Paesi diversi: “Mi commuovo abbastanza facilmente, ma la vittoria è un attimo fuggente, festeggi e guardi avanti. La sconfitta è uguale: è dispiacere, tristezza, ma il calcio ti dà sempre l’opportunità di guardare avanti. Mi tengo tutto, le vittorie e le sconfitte. Le sconfitte ti danno modo di migliorare”.

Il rapporto con i giovani

Per il globettrotter Ancelotti contano molto le radici: “Tornare a Reggiolo mi dà energia, tengo vivi i ricordi di una bella gioventù. In casa non c’è mai stata una discussione, c’era armonia. L’unica cosa che mancava erano i soldi, ma non se ne parlava mai. Reggo l’usura del tempo grazie alla passione che ho sempre avuto per il calcio. Questa passione ti fa sopportare la pressione e lo stress”. Il calcio, però, è cambiato: “Il rapporto con i giovani oggi è più complicato rispetto al passato. Per i calciatori è cambiato lo status: oggi un giovane ha molte più responsabilità addosso rispetto a quella che avevo io quando ero calciatore. Ora dietro ha tanta gente: c’è il procuratore, ci sono i genitori, i fratelli e le sorelle. La responsabilità è veramente molto alta”.

Le troppe partite: “Serve una soluzione”

L’eccesso di partite, spiega, è un problema in più: “Credo che le federazioni, la Uefa e la Fifa debbano trovare una soluzione per il bene del calcio, per preservare la qualità del gioco, ma soprattutto la salute dei calciatori. I social? I giocatori si isolano molto con le cuffie, con la propria musica. Addirittura ai miei tempi non si poteva ascoltare la musica negli spogliatoi perché deconcentrava. Oggi non c’è molta comunicazione tra i calciatori perché tutti i giovani sono concentrati sul proprio telefono”.

Ancelotti e la famiglia allargata

Ancelotti ha sempre avuto un rifugio sicuro: la famiglia. Quella di oggi, con la moglie Mariann, conosciuta a Londra nel 2011, manager canadese di origini spagnole, è molto allargata: “Stiamo vivendo una perenne luna di miele. Discutiamo poco, lei è molto comprensiva nei miei confronti e mi lascia i miei spazi. Abbiamo una famiglia grande, io ho i miei due figli Katia e Davide (avuti dalla prima moglie Luisa, ndr), c’è la figlia di Mariann, Chloe, e abbiamo cinque nipoti. Viviamo molto bene insieme e questo è molto importante per me a livello personale e anche per il mio lavoro”.

Un figlio come assistente

Davide, suo stretto collaboratore, potrebbe intraprendere la carriera di allenatore: “Ha fatto tutta la trafila, è un assistente affidabile e ancora più affidabile perché c’è un grado di parentela molto vicino. Ha più confidenza rispetto ad altri assistenti e può dirmi cose che a volte gli altri fanno più fatica a dirmi. In famiglia mi aiutano tutti. La mamma di Mariann è stata la mia professoressa di spagnolo. Insegnava letteratura spagnola in Canada e, quando ho deciso di andare al Real Madrid, lei per due mesi mi ha fatto un corso accelerato di spagnolo. La salute il più grande desiderio per me e per quelli che mi sono vicini. Tra venti, trenta o quarant’anni vorrei essere lucido e coltivare quella che è stata e sarà sempre la mia passione: il calcio”.

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