L’ultima volta, in serie A, che il Pisa ospitò la Fiorentina, finì 4-0 per i viola, il cecoslovacco Kubik – la palpebra a mezz’asta, il collo da cigno, l’andatura da lentosauro, il sinistro a gettone – segnò una doppietta e un Cecchi Gori, Vittorio, rassicurò i fiorentini, giurando che con Kubik sarebbe nata una squadra da scudetto, o quasi. Era il 7 ottobre 1990 e qualche mese dopo – scavallato l’anno – si arrivò al 24 febbraio del 1991, gara di ritorno, Fiorentina-Pisa 4-0, ma la cronaca sportiva venne sorpassata a sinistra dalla pubblicazione degli studi del decano degli storici dell’architettura, Guglielmo De Angelis d’Ossat, che invece rassicurò i pisani – preoccupati assai quando alzavano lo sguardo al cielo – poiché disse che la Torre non sarebbe mai caduta e la sua pendenza era invero intenzionale, per un miracoloso – d’altronde il sito è Campo dei Miracoli – gioco di simmetrie e di corrispondenze esoteriche che ne avevano marcato la creazione.
In ogni caso: Sebastiao Lazaroni – che quando dettava la formazione con Fascienda e Fiondela, all’anagrafe Faccenda e Fiondella – sembrava cantare alla maniera di Vinicius de Moraes; quella domenica salvò la panchina. La Fiorentina chiuse quel campionato al 12° posto, il Pisa retrocesse. Altri tempi, certo.
Anconetani simbolo del Pisa
Da quell’ultimo derby in Serie A – ne sarebbero seguiti altri due in B nella stagione 1993-94 – a quello che andrà in scena domenica alle 15 sono passati 12.635 giorni, ovvero 34 anni, 7 mesi e spiccioli. Lo stadio di Pisa oggi è intitolato a Romeo Anconetani, che di quel club è stato il padre-padrone e quel giorno – dopo il 4-0 a Firenze – urlò ai suoi giocatori insulti irriferibili, presentandosi poi davanti ai taccuini dei cronisti per dichiarare che “questa non è una squadra, ma un branco di pecore”.
Nello spogliatoio dei nerazzurri non si sentirono belati, ma solo lamenti insofferenti per un uomo – il Presidentissimo – che diceva “Il Pisa sono io”, però intanto progettava una unione-combustione con Livorno per un unico club che si sarebbe chiamato “Pisorno”, alternava carezze a scudisciate, spargeva sale e avverbi a raglio, nella speranza di una salvezza, anche dopo la classifica avulsa.
Una questione sentimentale
Pisa e Fiorentina avevano cominciato a sfidarsi alla fine degli anni 30, ma è nell’età dell’oro del Pisa – che negli anni 80 e 90 cominciò a frequentare la Serie A con assiduità – che il derby divenne una questione sentimentale. La Fiorentina sfiorava gli scudetti, come nella primavera del 1982 quando si lasciò sfuggire lo spareggio per il titolo all’ultima giornata, mentre negli stessi giorni il Pisa festeggiava la promozione in A e si preparava ad affrontarla, dopo un mercato che le aveva portato in dono l’eccellente interno danese Klaus Bergreen, ma anche l’uruguaiano Jorge Caraballo, che come dicevano i tifosi “è mejo peddello che trovallo”.
Una sola vittoria del Pisa
I 14 incroci complessivi in Serie A hanno visto la Fiorentina prevalere (7 vittorie), mentre, al netto dei 6 pareggi, l’unica giornata da ricordare per il Pisa ha la data del 29 novembre 1987. 2-1 quella volta, con l’italo-venezuelano Ricardo Paciocco e Davide Lucarelli, un difensore di piede greve, nel tabellino dei marcatori, insieme al Roby Baggio più luminoso e dolente di sempre, quello giovanissimo che al tempo era rinato dopo un infortunio e aveva cominciato a raccontarci la sua storia.
Anconetani, Elliott e la scommessa con Berlusconi
In quel Pisa, nel ruolo di stopper, giocava l’inglese Paul Elliott, la cui fama era dovuta – più che agli anticipi sui difensori avversari – alle dimensioni extralarge di ciò che contenevano le sue mutande. L’esibizionismo dei vanitosi all’epoca aveva ancora contorni casalinghi e il click baiting sul gossip era sconosciuto, ma, insomma, la voce girava e un paio di mesi prima del derby toscano era successo che Anconetani, ancora lui, discutendo amabilmente dell’argomento con il collega Berlusconi, aveva fatto uno scommessa su chi – tra Elliott e Gullit – fosse più dotato. Talmente convinto delle doti del suo stopper, Anconetani, che dopo un Pisa-Milan portò Berlusconi nello spogliatoio locale e facendosi largo tra i calciatori raggiunse le docce e spostò la tendina, per ammirare Elliott in tutta la sua magnificenza. Vinti dallo stupore, i due accettarono con umiltà il sepolcrale silenzio che in un attimo – a tendina svelata – era calato nella stanza.