Lui non parla dentro un megafono, lui ci soffia l’anima. Antonio Conte che arringa la folla nella notte a Capodichino è la sintesi di molte sue vite: pur essendo juventino storico, quand’era all’Inter non c’era un nerazzurro più nerazzurro di lui, e ora è come se fosse napoletano da sempre, napoletano a vita: anche se la sua vita calcistica fiammeggia e si consuma, di solito, nell’arco di due anni di sfrenata passione. Però, attenti: non è trasformismo opportunista, è vera metamorfosi. Conte diventa sempre quello che è.
Il valore di Antonio Conte
Punto primo: il culto del lavoro, se lavori, arrivi. Testa bassa e pedalare. È il mantra della quotidianità col motore sempre a mille. Un suo amato sodale, Giorgio Chiellini, sostiene che Antonio Conte valga dai 5 ai 10 punti in più a campionato. I suoi impatti sono devastanti, nessuno gli resiste, lo seguono le folle e i calciatori «che si butterebbero nel fuoco per me». Quello stesso fuoco che alla lunga può incenerirli, ma intanto li illumina. Conte il faro, il capopopolo. Funziona sempre e funziona subito. Mai una crisi di rigetto, tutti lo vogliono e tutti lo adorano, compresi i nemici tradizionali: Inter e Napoli sono quanto di più lontano dalla Juventus di cui Antonio fu bandiera, capitano e allenatore degli scudetti ritrovati, ma Inter e Napoli sono state, e sono, pazze di lui.
La vita di Conte a Napoli
Antonio Conte sa entrare come nessuno nelle viscere dell’ambiente che lo sceglie, avendolo scelto con cura a sua volta. I risultati non possono non dipendere da questo scambio di anime: ha funzionato anche al Chelsea e in Nazionale, e in azzurro non aveva troppi fenomeni. Antonio vive nei pressi di piazza Amedeo, esce e fa colazione, ha capito che se non è simbiosi non è nulla. Dà tutto, e tutto pretende. Frasi totemiche: «Stiamo in piedi e non ci lamentiamo», «non siamo tanti, ma giusti e affamati», «voglio solo uomini che non mi tradiranno mai». Non li ha mai blanditi, anzi è stato quasi crudele nel sottolineare che i migliori dello scudetto se ne sono andati. Gli altri? «Sono cresciuti nelle difficoltà».
Conte trascinatore
Conte arriva come un messia e si propone come un profeta, infatti è biblico il suo slancio anche drammatico, la sua enfasi assoluta ma non retorica: perché Antonio è un uomo di sostanza, altrimenti non lo stimerebbero per primi i nemici, e magari lui andasse ad allenare le loro squadre: scommettiamo che, nel caso, lo amerebbero persino al Toro o alla Fiorentina, gli antipodi rispetto alla Juve?
Conte e il rapporto con i presidenti
Antonio Conte è il centro di gravità permanente di ogni gruppo, che sa trasfigurare come nessuno. Per lui pesano le richieste che rivolge ai presidenti (vuole, da sempre, solo calciatori fatti e finiti, non ha tempo per aspettare nessuno), ma tattiche e carisma non sorpassano mai la forza della fatica quotidiana, quell’impegno ossessivo che forgia il metallo a colpi di maglio: il suo luogo di lavoro è l’officina, non l’ufficio. Antonio è un fabbro che tempra col fuoco e nel fuoco sfinisce. Ora è spuntata la luna (di miele) a Marechiaro: per almeno due anni non tramonterà.