Questo sito contribuisce alla audience di
 

Antonio Conte, una vita divisa tra Napoli e Juventus con la missione di vincere ovunque

Il tecnico torna a casa da avversario contro i bianconeri allo Stadium (ore 18) per una partita che può dare le prime risposte in chiave scudetto

«Io divento il primo tifoso della squadra che alleno» ha sempre detto Conte, la prima volta nel 2012 in un’intervista a Repubblica in cui ammise che non avrebbe avuto remore a sedersi un giorno sulla panchina dell’Inter nonostante quelli, con Calciopoli ancora fresca, fossero gli anni in cui stava cercando di restaurare i principi dello juventinismo più spinto. Conte è speciale anche in questo, nel mescolare la tumultuosa passionalità con una cinica lucidità. Ha bisogno fisiologico di emozioni, che distilla con la freddezza del distacco professionale. Riesce davvero a essere esagerato tifoso (non ce l’ha fatta solamente al Tottenham, quando i lutti per le morti di Ventrone e Vialli lo hanno incrinato) e sa che adesso non gli basta essere del Napoli ma c’è bisogno di essere anche di Napoli, perché né a Milano né a Londra esiste una simile identificazione tra squadra e città.

Il look per scoprire Napoli

Iss vuò fa ‘o napulitano. Cappellino nero e occhiali scuri: è il dress code scelto per andare con più discrezione possibile alla scoperta dei luoghi che saranno la sua casa come minimo per i prossimi tre anni. Il progetto è a lunga scadenza e vivere senza troppe rinunce la città è diventato il principale obiettivo fuori dal campo per l’allenatore leccese, alla prima esperienza in Serie A in una grande piazza meridionale. Ma al di là del centro sportivo di Castel Volturno l’abbraccio dei tifosi sa essere asfissiante e per questo l’unica soluzione è cercare di volta in volta il sistema per dribblarlo. Al murale di Maradona, nel cuore pulsante dei Quartieri Spagnoli, ha fatto un blitz segreto con i familiari a notte fonda, camuffandosi da turista, però nemmeno così il pellegrinaggio è sfuggito agli occhi e alle orecchie dei vicoli. Conte non ha intenzione di farsi scoraggiare.

L’hotel dei ritiri con la Juve, ma presto casa vista Golfo

Per ora vive in un albergo di lusso in Corso Vittorio Emanuele, lo stesso in cui trascorreva i ritiri con la Juve alla vigilia delle sfide contro il Napoli, ma prenderà casa con vista sul Golfo al termine della ricognizione di cui si sta occupando la moglie Elisabetta, che della città s’è innamorata a prima vista. Il tour gastronomico (dai ristoranti stellati alle più semplici pizzerie) e quello turistico procedono speditamente, con una predilezione per l’isola d’Ischia. Monumenti e musei saranno le prossime tappe, sempre con cappellino e occhiali neri, ma l’anonimato rimane lo stesso una conquista quasi impossibile e Antonio lo ha messo nel conto, concedendosi ai selfie e agli autografi in maniera sempre cordiale. Basta che nessuno si avvicini troppo al bunker di Castel Volturno, dove gli allenamenti sono spesso off limits addirittura per i dirigenti e i funzionari del club. ‘Cca nisciuno è fesso.

Torino quartier generale

A Torino ovviamente non deve nascondersi, anche se il cappellino lo indossa quasi sempre anche qui, per disincentivare nei limiti del possibile gli assillanti cacciatori di selfie. È casa sua da più di trent’anni e da quando è sposato vive dalle parti di corso Vinzaglio, la zona dove è cresciuta sua moglie, centrale ma non troppo e fuori dagli isolati più chic. Si muove tra i portici del suo isolato: un caffè e una sfogliatella da Pastarell, pasticceria napoletana (vedi il destino), una pizza da Ciro, di cui è proprietario il napoletano (vedi il destino) Ferrara, uno dei colleghi di cui si dichiara davvero amico, oppure al Padellino, dove si sforna invece la tipica pizza torinese, piccola e soffice. Per il padel, invece, va in un circolo vicino al Po, e anche se la sua famiglia passerà più tempo a Napoli di quanto ne abbia trascorso a Londra (poco) o a Milano (quasi niente), qui manterrà le radici: quando non dovrà più consegnare una parte di sé alle esigenze del professionista (ma accadrà mai?), sarà torinese e juventino in libertà, anche se sono i torinesi juventini (i granata lo hanno sempre rispettato molto) quelli che più hanno saputo ferirlo, in quanto feriti da lui quando lasciò la Juventus in quel modo e qualche anno dopo se ne andò all’Inter, accusato di un tradimento che lui aveva spiegato già molto prima che non poteva essere considerato tale. Quando tornò allo Stadium da avversario (anzi da nemico, nell’ottica dei padroni di casa) trovò lo spogliatoio pieno di piume di piccione: lui ha una repulsione per i piccioni e ancor più per le loro piume.

Freddo, pochi slanci di ruffianeria

E chi non ricorda gli insulti che gli fecero piovere addosso Agnelli, Nedved e Paratici nel febbraio 2021, cui lui reagì inalberando il dito medio? Nella casa della Juve ha sempre giocato, da avversario, in tempi di pandemia, quindi senza tifosi (due sconfitte e un pareggio in Coppa Italia che gli valse l’eliminazione), mentre a San Siro la curva bianconera in trasferta non lo accolse bene. Lui sa mantenersi freddo, e coerente: non è mai entrato in certe beghe («Quanti scudetti ha la Juve? Conto quelli che ho vinto io») né ha concesso al popolo slanci di ruffianeria. Quest’estate, in ritiro, gli hanno cantato “chi non salta è bianconero” e lui non ha saltato: «Farei lo stesso se un giorno andassi in una squadra rivale e mi cantassero chi non salta è napoletano». È la sua coerenza, che non ha mai tradito: a volte, i cuori li si conquista anche con quella.

Segui tutte le ultime notizie di sport

Next Post

'It's always important to start with a win' - Bompastor reflects on Chelsea's 1-0 win over Aston Villa

Sab Set 21 , 2024
Bompastor spoke to the media following Chelsea's 1-0 win over Aston Villa on the opening day of the WSL season

Da leggere

P