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Atletico Madrid, Champions maledetta: sempre eliminato dal Real. La rabbia di Simeone

Nei sei incroci nella massima competizione europea blancos imbattibili per i rivali cittadini. Il tecnico biancorosso in conferenza: “Chi di voi ha visto i due tocchi sul rigore di Alvarez?”

BARCELLONA — Quando il miglior giocatore in campo, a distanza siderale rispetto al secondo, è anche il “colpevole” dell’eliminazione della propria squadra, vuol dire che qualcosa non va. O, in alternativa, che la squadra in questione è l’Atletico Madrid. Una storia fatta di interminabili delusioni e maledizioni che, non a caso, ha spinto il più importante tra i presidenti della storia colchonera, Vicente Calderón, ad affibbiare al proprio club, dopo la sconfitta nel replay della finale della Coppa dei Campioni del 1974 contro il Bayern Monaco, il soprannome di Pupas: un misto tra sfigati e sfortunati. Difficile dare una definizione più azzeccata della sua per descrivere quello che è successo mercoledì sera, quando Julián Álvarez – non solo il migliore della partita, ma anche dell’intera eliminatoria (prova ne sia che, dietro a lui, c’è il portiere avversario, Thibaut Courtois) – si è presentato sul dischetto per tirare il proprio calcio di rigore. Gol, nonostante un evidente scivolone. Ma non è così semplice: è pur sempre l’Atletico.

La rabbia di Simeone: “Chi ha visto i due tocchi?”

E, infatti, Courtois avverte subito l’arbitro che potrebbe non essersi accorto di un piccolo dettaglio. E non perché sia riuscito a vedere ciò che l’occhio umano non potrebbe mai percepire, ma perché conosce bene le regole e ci prova. Sa che esiste una piccolissima possibilità che Julián abbia sfiorato il pallone con il piede d’appoggio e, quindi, il gol non vale. Sensazione confermata “scientificamente” in pochi, anzi, pochissimi secondi dal Var che, evidentemente, ha a disposizione immagini che gli fanno credere che non ci siano dubbi: “Alzi la mano chi vede il doppio tocco”, ha chiesto una, due e tre volte, ai presenti in sala stampa, un incredulo Diego Pablo Simeone. Eppure, se dovessimo davvero pensare che un arbitro possa decidere – e abbia il potere di farlo – deliberatamente e in una manciata di secondi di cambiare a suo piacimento le sorti di un ottavo di finale di Champions League, a perdere non sarebbe stato solo l’Atletico Madrid, ma tutto il sistema. Altro discorso è, invece, essere o meno d’accordo che il Var possa diventare giudice anche in casi non eclatanti. E se c’è un aggettivo che non potrà mai descrivere il doppio tocco di Julián è, senza dubbio, eclatante.

La finale del 2016: gol contestato di Sergio Ramos

Fatto sta che i colchoneros hanno perso di nuovo ai rigori contro il Real Madrid. Era la sesta volta che succedeva e in tutte le occasioni a imporsi sono stati i blancos che, allo stesso modo, hanno eliminato i materassai ogni volta che li ha incrociati nella massima competizione continentale. A cominciare dalla semifinale dell’edizione 1958-’59. Il grosso dei precedenti, però, risale agli ultimi due lustri, sempre con Simeone in panchina: finali 2014 e 2016; semifinale 2017, quarti 2015 e, dopo ieri, ottavi, 2025. Una vera e propria maledizione. Alla vigilia, Carlo Ancelotti aveva assicurato che sarebbero stati proprio i dettagli, anche quelli più piccoli, a decidere l’eliminatoria. E ha avuto ragione lui: per una questione di pochi centimetri, infatti, Antonio Rudiger ha segnato il proprio penalty e Marcos Llorente no. Nel caso del doppio tocco di Alvarez, invece, non si può parlare nemmeno di centimetri. A San Siro, teatro della finale Champions del 2016, il Real trascinò ai rigori l’Atletico grazie a un gol in netto fuorigioco di Sergio Ramos, aggiungendo al libro di storia del Pupas uno dei suoi capitoli più dolorosi. In quel caso, infatti, il Var non aveva fatto ancora la propria irruzione in scena e nel dubbio, la terna arbitrale decise convalidare la rete, a differenza di quanto fatto dal consiglio dei sei che ha annullato “scientificamente”, immagini alla mano, quello di Julián.

La freddezza di Rudiger

Lo stesso Ancelotti, una volta arrivato in zona mista, ha ammesso con estrema franchezza di non essersi accorto di nulla. Il suo contributo all’ennesima impresa del Real Madrid, Carletto l’aveva dato pochi minuti prima quando aveva puntato l’indice verso Endrick, dicendogli che sarebbe stato lui l’ultimo rigorista della sua squadra. E, del resto, il giovane campioncino brasiliano era entrato proprio per quel motivo, poco prima della fine del secondo tempo supplementare, in quella che è stata un’altra grande mossa strategica del tecnico emiliano che, per evitare dilemmi amletici, aveva sostituito Vinicius sul quale sarebbe caduto il peso di un’eventuale eliminazione a causa del rigore sbagliato nel secondo tempo. Insomma, non era il caso che Vini si presentasse sul dischetto. Ma torniamo a Endrick e ai suoi 18 anni: quando Carletto ha visto quell’espressione un po’ così sul suo volto, ha cambiato subito la propria decisione, ricordando che, l’anno scorso, a decidere i rigori contro il Manchester City nei quarti di finale, era stato il più “incosciente” di tutti, quel Rudiger che, mentre i suoi compagni di squadra si abbracciavano a centrocampo per superare la tensione, continuava a ridere come se stesse guardando i rigori in tv e in campo non ci fosse nemmeno la sua squadra. Ed è proprio con il sorriso sulle labbra che il centrale tedesco si è avviato verso il dischetto dove ha poggiato il pallone tranquillamente, senza baciarlo o altri riti scaramantici. Ed è, forse, anche per questo che ha tirato un penalty tutt’altro che perfetto, ma lo ha fatto sorridendo e tanto è bastato per confermare che Ancelotti ci aveva visto giusto. Nelle sue cinque campagne Champions sulla panchina del Real, Carletto ha sempre raggiunto e, poi, superato i quarti. L’Arsenal è avvisato.

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