Questo sito contribuisce alla audience di
 

Bayer-Milan, Fonseca gli mostra i video da difensore e Leao ringrazia: “Ha ragione, per vincere devo sacrificarmi”

Il numero 10 del Milan al bivio tattico della carriera: In Champions, contro i campioni di Germania, vuole dimostrare di essere un grande assistman e una vera ala tornante. Dilemma capitano

LEVERKUSEN – Alla cattedra delle interrogazioni nella sala conferenze della Bay Arena, dove il marchio dell’aspirina assume valore più che metaforico per il Milan malaticcio in Champions, Rafa Leao non era più uno studente fuori corso al quale perdonare le amnesie in campo: in casa del Bayer campione di Germania, guidato dallo stratega in carriera Xabi Alonso, gli si chiede del resto di fare finalmente il professore, come da numero di maglia, il 10, e da fascia di capitano, che Fonseca gli ha affidato venerdì scorso col Lecce: “Io voglio vincere sempre. E se per farlo devo sacrificarmi in fase difensiva, sono pronto. Venendo qui, il mister mi ha fatto vedere un video con un paio di movimenti senza palla. Credo che imparerò molto da lui”. Li facilita la comune lingua portoghese e l’opportunità, per entrambi, di vivere un’annata che si può trasformare nella loro consacrazione: per Fonseca è l’occasione di salire il gradino che lo collocherebbe tra i migliori allenatori d’Europa, per Leao di togliersi finalmente l’etichetta di talento che deve sempre sbocciare.

Fonseca come Capello e Ancelotti

Fonseca ha una teoria tattica che deve mettere in pratica: “Ho sentito le belle parole di Xabi Alonso su di noi, ma non mi piace la fama delle squadre italiane, grande difesa e grande contropiede. Noi, per battere il Bayer, dobbiamo fare una partita difensiva perfetta. Però io voglio anche una squadra che attacchi. Il nostro piano non cambia”. L’offensivismo, al Milan, non è certo una novità. Nella stagione dello scudetto 1996 Capello, contro la Roma di Mazzone, arrivò a schierare contemporaneamente Baggio, Weah, Savicevic, Boban e Donadoni: qualcuno tra quei talenti straordinari doveva per forza sacrificarsi. E Ancelotti, nell’anno di grazia 2003, sommò l’uno dietro l’altro Shevchenko, Inzaghi, Kakà, Seedorf e Pirlo, lui che oggi al Real Madrid, quando stanno tutti bene, deve incastrare nella stessa formazione Mbappé, Vinicius, Rodrygo, Bellingham e magari Modric.

Fonseca e il sistema per la Champions

Eppure, divorata dall’ansia dell’epica per via del digiuno di successi europei ormai lungo quasi 17 anni, a costo di cancellare la storia la narrazione generale sul Milan ondeggia da un estremo all’altro: questo è il momento della beatificazione di Fonseca. Descritto come il profeta del calcio iperoffensivo dopo le vittorie nel derby e col Lecce, di pochissimo successive alla sua crocifissione per presunta inadeguatezza, l’allenatore non più misconosciuto è fortunatamente provvisto di equilibrio, che esterna volentieri: “Sappiamo benissimo che in Champions non si può giocare come in campionato, ci sono più difficoltà”.

Boniface osservato speciale

Xabi Alonso, dopo il doblete della stagione scorsa (Bundesliga e Coppa di Germania, arricchite in agosto dalla Supercoppa tedesca), incassa la gratitudine di una tifoseria estasiata da un successo che non aveva mai assaporato: gli è stata dedicata una sciarpa personalizzata bilingue (“gracias” e “danke) con la sua effigie. Lui è rimasto al Bayer anche perché l’azienda farmaceutica sponsor, nonostante non abbia più per il club la stessa disponibilità economica degli anni d’oro, ha accettato di non cedere i più quotati come il difensore della Nazionale Tah, corteggiato invano dal Bayern Monaco. Così Alonso cerca in Champions altri successi e medita di schierare la formazione classica, il cui centravanti è il potente nigeriano Boniface. Pavlovic cerca spazio Per lui Fonseca potrebbe studiare una marcatura ad hoc con Pavlovic al posto di Tomori, anche se il ballotaggio resisterà fino all’ultimo e anche se l’allenatore del Milan non intende replicare la tattica di Gasperini, che ha annichilito Xabi Alonso nella finale di Europa League vinta dall’Atalanta col Bayer: “Le squadre della Bundesliga soffrono l’uomo contro uomo a tutto campo, ma non è nelle nostre caratteristiche, non giocheremo così”. Il vero dubbio di formazione, dato il possibile rientro di Calabria al posto di Emerson Royal, è la presenza di Morata, decisivo nel derby e col Lecce alle spalle di Abraham: “Non sta del tutto bene e preferirei non rischiarlo, ma vedremo”. Nel caso, da trequartista giocherebbe Loftus-Cheek.

Due dubbi: Morata e il capitano

L’incertezza supplementare riguarda il capitano: Fonseca ribadisce che per lui ce ne sono cinque: “Quando sono arrivato, la fascia spettava al giocatore con più presenze, ma io voglio una liderança (traduzione portoghese di leadership) condivisa, col Bayer ce ne sarà un altro”. Sono iscritti al totofascia, secondo graduatoria, Calabria, Hernandez, Leao, Tomori, Maignan, Gabbia e Morata, al netto dei rispettivi ballottaggi. Leao sa che forse stavolta non toccherà a lui: “La fascia mi ha responsabilizzato, ho parlato di più a compagni, prima della partita e in campo. Ma io devo fare parlare gli assist e, se serve, la fase difensiva”. Toccò a volte pure all’antenato Savicevic, che con la maglia numero 10 ogni tanto faceva il tornante, suo malgrado.

Segui tutte le ultime notizie di sport

Next Post

Juve, come essere la miglior difesa senza avere i difensori migliori: ecco perché Thiago Motta non prende mai gol

Mar Ott 1 , 2024
Per i bianconeri zero reti al passivo, come soltanto il Celtic, e appena nove parate (ma soltanto due difficili) in sei partite: possesso palla, squadra corta e pressing solo a centrocampo i segreti del tecnico

Da leggere

P