"Come arrivai a Milano, avevo 22 anni, andai in Piazza Duomo, accesi la Marlboro Rossa e me la gustai a occhi chiusi": l'incipit dell'intervista a 'La Gazzetta dello Sport' racconta molto del personaggio Evaristo Beccalossi, icona dell'Inter a cavallo tra Anni 70 e 80 "Ero spontaneo e ingestibile, portavo i capelli lunghi come fossero una corazza; volevo il numero 8, mi diedero il 10: pensai, cosa c'entro con Corso, Mazzola, Suarez? La Gazzetta fece un inserto, in copertina io e Platini, il mancino e il destro: cosa c'entravo con Michel? Non sapevo mai come avrei giocato: arrivavo allo stadio carico e non toccavo palla, ero reduce da una settimana di serate e facevo solo numeri, ma se tornassi indietro non cambierei nulla. Facevo un solo, 'vero' allenamento a settimana: il solo rimpianto è il Mondiale, ma mio padre mi aveva insegnato a trasformare una delusione in una opportunità e vissi un mese bellissimo come commentatore a TMC. A chi mi paragonerei? A nessuno, vanno tutti più veloce. Il mio pezzo forte era il tempo di passaggio, vedevo corridoi invisibili: lo dico ai 'miei' ragazzi, quello fa la differenza e quello è un pregio naturale".
L'ex fantasista bresciano si è ritagliato un ruolo importante nella vittoriosa spedizione della banda Bollini all'Europeo di Malta, dove è stato capo delegazione: "Con loro sono stato credibile, non è vero che le nuove generazioni sono viziate, i ragazzi vanno ascoltati; mi hanno insegnato il loro linguaggio. Dopo l'espulsione contro il Portogallo, ho detto a Lipani -Hai fatto una stupidaggine, succede: basta che non la fai più. Un'altra sera ne ho trovati dodici a giocare con la playstation in camera, si aspettavano un rimbrotto e invece -Bravi, state facendo gruppo. Un giocatore mi ha visto fumare e domandato se potesse imitarmi, e allora -Ma vai in un angolo, non farti beccare". Hasa si copriva la faccia dopo ogni passaggio sbagliato, dicevo di piantarla e di essere felice delle sue doti. Ai miei tempi nelle camere succedeva di peggio, dopo la sconfitta nel girone abbiamo lasciato che i ragazzi liberassero la testa al mare sulle moto d'acqua: l'ambiente era buono, con Bollini andavamo d'accordo. Mi piacerebbe continuare quest'esperienza, dopo un mese che non vedo i ragazzi, mi mancano: altrimenti tornerò in nerazzurro. Nel mondo ci so stare, qualche regola la seguo: mi sono guadagnato il rispetto di campioni come Maradona e Ronaldo e delle istituzioni, sono riconoscente a Tavecchio, che mi chiamò in Federazione".