Budapest – Ran Ben Shimon, ct di Israele, racconta lo stato d’animo suo e dei suoi giocatori di fronte a una partita di calcio come rappresentanti di un Paese in guerra: “Ne ho parlato con Rebrov, il ct dell’Ucraina e lui ha ammesso che non è una situazione semplice. Io preferisco non usare in questo caso la parola motivazione, ma passione, perché vale di più, dura di più anche nel tempo”.
Gli stadi semivuoti o vuoti e in campo neutro, in cui Israele sta giocando (la Bozsik Arena da 8200 posti non dovrebbe fare eccezione), sono una costante impossibile da cancellare: “Ci manca molto giocare davanti al pubblico israeliano, abbiamo perso l’occasione di una festa sportiva con squadre come Francia, Italia e Belgio”. Il centrocampista Dor Peretz, del Maccabi Tel Aviv, ha approfondito il concetto: “Da un anno a questa parte indossare questa maglia ha un significato diverso. Lo scenario è molto triste, ma la nostra priorità in questo momento è un’altra, non calcistica: è dare un po’ di felicità a chi sarà allo stadio a fare il tifo per noi”.
Israele e la sfida tattica
L’aspetto tecnico-tattico della partita resta inevitabilmente sullo sfondo, ma non per il ct israeliano; “Per Spalletti ho grande rispettro, parlano per lui i risultati e il lavoro che ha fatto con le sue squadre. Ho visto la vittoria dell’Italia in Francia, con tanta passione e idee tattiche molto interessanti. Tecnicamente noi abbiamo ancora una lunga strada da fare, ma penso sempre positivo. L’importante è avere visto alla fine della partita con l’Italia un altro passo avanti. Col Belgio siamo andati bene solo nel primo tempo? Dobbiamo essere più precisi: è un’altra partita, cambierò qualche giocatore e dobbiamo valutare i cambiamenti tattici da fare inevitabilmente”.