MILANO – Beppe Bergomi, senza girarci intorno, pensa di avere esagerato con il tifo ieri sera in telecronaca, commentando su Sky Sport Inter-Barcellona?
“No, ho seguito il mio cuore. Se in campo c’è una squadra italiana contro una straniera, mi emoziono. La Champions non è il Mondiale, certo, e l’Inter non è la Nazionale, ma è giusto empatizzare. Quando si sfidano i club italiani fra loro, mi guardo bene dallo schierarmi. Poi, diciamocelo: in vita vostra, quante ne avete viste di partite così? Poche, immagino”.
Dovesse rifare la telecronaca, la rifarebbe identica?
“Penso di avere un po’ esagerato sulla parata di Sommer. Quanto alle proteste dei blaugrana contro l’arbitro invece non mi pento. Protestavano davvero troppo, lo dico da ex giocatore. Tecnicamente, l’unico mio errore è stato non vedere il rigore di Cubarsì su Lautaro, ma nemmeno Marciniak lo ha visto. Ce lo ha fatto notare il Var”.
Per il resto, si assolve con formula piena?
“Nei supplementari forse ho fatto troppo l’allenatore, commentando in modo eccessivo gli aspetti tattici. Meglio stare sul semplice. Di quello mi pento, non delle lacrime. L’Inter non è la più forte ma è stata la più brava. Quando batti 4-3 il Barcellona, è una cosa grande”.
In una scala di emozioni, dove colloca questa partita fra le molte che ha commentato in carriera?
“Dopo semifinale e finale mondiale del 2006. E anche dopo la partita con l’Inghilterra all’Europeo nell’estate del 2021. Lì ho pianto tanto, anche per Luca Vialli. La partita di ieri la metto al livello di Liverpool-Borussia, con i Reds che hanno rimontato da 3-1 a 4-3. Ero ad Anfield, i tifosi mi abbracciavano. Poi dico Juventus-Atletico, con la tripletta di Ronaldo. Io e Fabio Caressa siamo impazziti. CR7 lo chiamavamo il Re e ci insultarono parecchio per questo, i non juventini. Ma ripeto: quando si gioca contro squadre straniere, bisogna essere sintonizzati con le emozioni”.
Sui social molti interisti le danno del milanista.
“Sì, da 26 anni, e non mi dà fastidio. Lo prendo come un premio sulla mia imparzialità, anche se non ha senso. Ho giocato una vita nell’Inter e sono ovviamente interista. Ma ho sempre riconosciuto al Milan i suoi meriti, tanto a quello di Ancelotti, quanto a quello di Pioli. Maldini prima dell’inizio del campionato 2021/22 mi disse: guarda che quest’anno siamo forti Beppe, e io di lui mi fido. Cominciai a dire che il Milan era forte, sulla fiducia. Ovviamente aveva ragione, hanno vinto lo scudetto”.
Fabio e Beppe. Qual è il segreto di una coppia che lavora insieme da così tanto?
“Insieme ci emozioniamo. Ci vogliamo un gran bene e ci completiamo. Siamo fratelli. Ne abbiamo passate tante. Ai suoi venticinque anni di matrimonio, oltre alla torta sua e di sua moglie, ha fatto una tortina per i nostri 25 anni insieme. Ma fuori dal lavoro ci frequentiamo poco. Poi, il Mondiale 2006 ha fatto tanto. Ieri sera a San Siro i tifosi mi urlavano andiamo a Monaco Beppe”.
Un difetto di Fabio?
“È disordinatissimo. Si perde gli oggetti. Il cellulare, i fogli, tutto. Nelle sue camere di hotel è come fosse esplosa la valigia. Compensa con l’intelligenza e la cultura. Parla quattro lingue”.
Una nuova voce tecnica che le piace?
“Sto attento a chi ha appena smesso, che sa come funzionano oggi gli spogliatoi. I giovani, in pratica. Ci insegnano molto, per il linguaggio. Dico Montolivo, Parolo. Hanno il loro stile. C’è da imparare”.
Per l’Inter, in finale, meglio Arsenal o Psg?
“Il Psg ultimamente non sbaglia niente. E l’Arsenal a San Siro nel girone ha perso 1-0 calciando 17 calci d’angolo. Ma l’Inter sta andando oltre i propri limiti. Guarda i vecchi: Sommer, Acerbi, Mkhitaryan. E gli infortunati: Lautaro, Thuram, lo stesso Frattesi. Giocano sopra il loro livello, e gran parte del merito è di Inzaghi”.
Lei ha debuttato a 17 anni e 72 giorni in Champions. Al tempo succedeva anche in Italia. Cosa è andato storto?
“Difficile dirlo. Una volta le rose erano corte, non c’erano praticamente stranieri. Ora abbiamo troppe alternative e questo fa venire paura. L’altro giorno mi chiedevo: qual è stato l’ultimo nostro Lamine Yamal? I Baggio, i Totti e i Del Piero saltano fuori grazie al coraggio degli allenatori. E quando li vedi in campo ti emozioni, anche in telecronaca”.