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Capitano, dove sei finito? Un ruolo svuotato, ora va di moda la fascia a rotazione

La nuova tendenza adottata da alcuni allenatori, ultimo Gasperini alla Roma. Quello che una volta era un uomo solo al comando, oggi è uno dei tanti

La nuova tendenza della fascia a rotazione adottata da svariati allenatori – oggi Gasperini, ieri Thiago Motta, prima ancora Zenga – non rimanda a una presunta democrazia dello spogliatoio, ma anzi svuota di significato il ruolo del capitano, svilendone la responsabilità e certificando l’idea dell’uno vale uno. I cavalieri della tavola rotonda erano dodici, ma la fascia di capitano ce l’aveva Re Artù. Altrimenti si fa la fine di Fantozzi, che non riesce a sfilare la spada dalla roccia: Escantibus, Exalibus, Escaxximus. Era Excalibur, bastava dirlo, no? C’è stato un tempo, nel nostro calcio, in cui tutti noi si guardava ai muscoli del capitano, che come da hit degregoriana non teneva mai paura.

Il capitano, un uomo al comando

La fascia da capitano – introdotta in serie A nel 1949-50 – era una virtù. Le stagioni erano scandite da uomini al comando che avevano la stoffa bianca praticamente tatuata sul braccio, ne sentivano il peso e la responsabilità, unici andavano a protestare dall’arbitro, con le braccia rigorosamente incrociate dietro alla schiena, a indicare un atteggiamento di rispetto, quasi deferenza, hai detto niente.

Capitani che hanno fatto la storia

Capitani immortalati nelle foto ricordo, mentre alzano – per primi – una coppa, capitani che trattavano i premi partita a nome di tutta la squadra, capitani che offrivano il profilo alla contestazione. Picchi e Zanetti nel fermo immagine della storia nerazzurra, Maldini padre e Maldini figlio, Baresi il Piscinin, Beppe Furino che come disse Boniperti aveva due cuori, uno suo e l’altro della Juve, gli iconici Di Bartolomei e Totti, certo Del Piero, prima ancora Giacomino Bulgarelli era il Bologna, Pino Wilson era la Lazio, Pierluigi Cera era il Cagliari.

Maradona e Bruscolotti

Il capitano – quando i tempi ne reclamavano la necessità – diventava tale per manifesta leadership. Per tacito accordo, per acclamazione popolare della squadra, per nomina regia dell’allenatore. Perché era un simbolo, sudava storia. Maradona, omaggiato della fascia al suo arrivo a Napoli, se la tolse davanti a tutti i compagni, andò da Beppe Bruscolotti e gliela porse, perché era Palo e’ fierro l’uomo più ascoltato, il più autorevole. Al Mondiale del 1986 lo stesso Maradona – ma con la maglia dell’Argentina – la sfilò con sommo gaudio al suo acerrimo rivale, Daniel Passarella, il Caudillo che aveva alzato la coppa del mondo nel 1978 e che era stato aggregato al gruppo, ma lo viveva come un corpo estraneo.

Quando Cruijff lasciò l’Ajax per la fascia

La fascia, va da sé, si strappa. Si racconta che una delle ragioni che spinse Johan Cruijff a lasciare l’Ajax per il Barcellona, fu lo sfregio subito dai compagni di squadra quando – al momento di votare chi dovesse indossare la fascia – scelsero (9-5 il punteggio finale) Piet Keizer anziché lui. Telefonò al suocero, il celebre Cor Coster, commerciante di diamanti e di fuoriclasse, e gli intimò: “Chiama il Barcellona, domani faccio le valigie”.

Perché perdere la fascia, significa talvolta anche perdere la faccia. Lorenzo Pellegrini è stato capitano della Roma dal 2021 a un attimo fa. Gasperini ha deciso di sfilargliela, premiando chi – invece – ha più presenze, nel caso specifico: El Shaarawy, a seguire Cristante e Mancini. È un segnale, Pellegrini potrebbe partire e cercare fortuna altrove.

La scelta di Sarri: “Se va bene alla squadra…”

La verità è che la fascia ha perso peso specifico. Soprattutto nella considerazione di chi – appunto, l’allenatore – deve decidere su che braccio finirà. Da quando se n’è andato Immobile, il capitano della Lazio è Zaccagni. Richiesto di un parere, qualche giorno fa Sarri ha replicato che “se va bene alla squadra…”, dove i puntini di sospensione indicano la volontà di sfilarsi dalla scelta e – al tempo stesso – l’inezia della questione. “Un capitano / C’è solo un capitaaano”, si intona negli stadi, ignari – o forse complici – di una verità sempre più condivisa: di capitani ce ne sono molti, a confermare non una presenza, ma un’assenza. Uno o l’altro, cioè nessuno. Capitano, mio capitano: dove sei finito?

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