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Carolina Morace: “Fuso massacrante e 40 gradi, così si rischia di rovinare la stagione”

L’allenatrice, che ha vissuto a Perth, parla della gara tra Milan e Como che si giocherà in Australia: “Lì non c’è passione per il calcio, e quello stadio è pensato per il cricket. E più che la serie A guardano la Premier
e la Liga”

Milano – Carolina Morace, ex calciatrice, allenatrice e parlamentare europea, ha vissuto due anni e mezzo a Perth. Dell’idea di giocare lì la partita di serie A Milan-Como il prossimo febbraio, dice: «Probabilmente, chi l’ha pensata non è mai stato a Perth a febbraio. Passare dal freddo italiano ai 40 gradi di lì, e ritorno, sarà costoso sia per la salute dei giocatori, sia per la performance sportiva una volta rientrati. Mi stupisce il silenzio dell’associazione calciatori».

Il fuso orario con l’Australia è difficile da smaltire per gli sportivi?

«È massacrante. I calciatori voleranno comodi, ma non cambia molto. La nostra notte è il giorno australiano e viceversa. C’è il rischio concreto di giocare pessime partite al ritorno in Italia, perdere punti e sacrificare la stagione».

Sarebbe però un’occasione per far conoscere il nostro calcio in Australia.«Nemmeno questo è vero. Il calcio australiano già è poca cosa. E Perth è l’ultima città del Paese per cultura calcistica. Avrei forse capito di più Sydney o Melbourne. E comunque, quando parliamo di Australia, parliamo di un calcio ridicolo».

Sua moglie, australiana ed ex calciatrice, non si offenderà?«Mi conosce, e conosce il mondo del pallone in Australia. A Perth nemmeno lo stadio è adeguato: ci giocano a football australiano e cricket. È pensato per altri sport».

Il calcio europeo è seguito in Australia?«I pochi appassionati guardano la Premier League e la Liga, dove si gioca un calcio migliore rispetto al nostro. Se non amano la serie A, non è perché non gliela portiamo lì: è per il livello dello spettacolo. Nemmeno comprano i diritti tv».

Come possiamo farli innamorare del nostro campionato?«Cerchiamo di farci strada nelle coppe europee, giocando bene. Quello conta».

Poi c’è la questione dell’orario…«In Italia faranno fatica a vedere la partita. Se proprio si doveva giocare all’estero, meglio scegliere un posto più vicino».

Lei in Australia ha anche provato ad aprire un’academy per giovani calciatrici e calciatori…«Sì, e ho avuto conferma del fatto che di cultura calcistica da quelle parti ce n’è poca. Ho provato a organizzare amichevoli con coetanee e coetanei di Juve, Roma e altre grandi squadre italiane. Non andava male, ma è durata poco».

In Australia il calcio nelle scuole è molto praticato, anche per l’alto numero di bambine che si avvicinano alla pratica di base.«Mi stupisce, sinceramente. Evidentemente, se il calcio è nelle scuole, lì resta».

L’Italia ha un problema con il calcio?«Sta diventando uno sport troppo costoso da seguire, dal vivo e in tv. Una famiglia media non può più permetterselo. E la passione si affievolisce. Ormai la vera Nazionale è Sinner».

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