MILANO – In sottofondo, musica funky-jazz anni Settanta. “Mi hanno fatto una buona playlist, è forte”, dice Benoit Cauet. Ha giocato nel Psg e nell’Inter. Ha allenato le giovanili nerazzurre, e quando sulla panchina della Roma c’era Luis Enrique, studiava i suoi metodi a Trigoria. Ora si prepara a volare a Monaco per la finale. “Sarò allo stadio. A Parigi ho vissuto una stagione straordinaria, ma sono rimasto più legato all’Inter. In un modo o nell’altro, ci ho passato 17 anni. Ero a Madrid nel 2010. Facevo le telecronache per Inter-Channel e allenavo i ragazzi”
Cosa ricorda di quella finale?
“Il presidente Moratti che ha dato tutto. Sono andato a festeggiare i suoi 80 anni. Oggi la società è diversa. Poi ricordo l’addio di Mourinho. Nonostante le lacrime, fu un momento di gioia. Le persone passano, resta l’Inter”.
Pensa che Inzaghi se ne andrà?
“Mi sembra che stia bene a Milano. È in sintonia col club, con l’ambiente, coi suoi valori. La squadra si ringiovanirà e sarà ancora più forte dopo l’estate. Inzaghi lo sa, non farà l’errore di partire. Intanto, ha raggiunto la seconda finale di Champions in tre anni”.
Luis Enrique una l’ha già vinta. “Era bellissimo seguire i suoi allenamenti alla Roma. Chiedeva movimento continuo a tutti, non si stava mai fermi. Lavorava tantissimo sulla tecnica individuale. E ha sempre avuto un’idea di calcio. La vita lo ha portato a essere se stesso, senza perdere tempo”.
A Parigi, fino a qualche mese fa, lo criticavano.“Troppo, secondo me. Lo hanno attaccato per la gestione di Mbappé, lo hanno accusato di essere troppo orgoglioso. Io ho sempre pensato fosse la persona giusta e lo sta dimostrando”.
L’Inter in campionato ha sbagliato tanto e alla fine ha perso. Questo influirà sulla finale di Champions?
“Sono cose diverse. In campionato sono mancate regolarità e determinazione nel chiudere le partite. Ma ricordiamo che ha giocato ogni tre giorni, contro un avversario che giocava una gara a settimana. In Champions, è stata eccezionale, da tutti i punti di vista”.
Il Psg al contrario ha vinto il campionato facilmente. È solo una fortuna o può essere un rischio?
“C’è chi preferisce l’una e chi l’altra situazione. Nell’ultimo mese ha avuto un paio di sconfitte. Aveva la testa già alla Champions”.
Chi è la favorita? “Vedo due squadre di pari livello, anche se molto diverse. Sia dal punto di vista tattico, tecnico, fisico, si equivalgono. Non hanno mai mollato. L’Inter è esperta e ha avuto un percorso più complicato duro la finale, con Bayern e Barcellona. È più allenata alla sofferenza. Il Psg ha la gioventù e l’incoscienza, che a volte aiutano”.
Contro il Barcellona il sorvegliato speciale era Yamal. Del Psg, a chi deve stare attenta l’Inter?
“Barcola, il giovane Doué, Kvara, Dèmbelé, esploso dopo che Mbappé è andato via. E anche Ramos. Hakimi lo conosciamo. Non hanno una sola star, ma molti giocatori eccezionali”.
Lei ha giocato nel Psg prima dei miliardi di euro degli sceicchi. Oggi ha ancora il fascino di un tempo? “Il mio Psg era una premessa di quel che è oggi. Era già un club di dimensione europea. Poi sono cominciate le difficoltà economiche, e lì sono arrivati gli arabi con soldi e visione. Spendere 300 milioni per il centro sportivo significa fare sul serio”.
Nel 1999 ha vinto il premio Gentleman. Oggi nell’Inter c’è un modello di Fair Play?
“Fra tutti, scelgo Darmian e Mkhitaryan. Non ho mai sentito scortesie da nessuno dei due”.
Lei ha allenato nelle giovanili dell’Inter. È una soddisfazione vedere i suoi ragazzi giocare ad alti livelli?
“Tanti sono riusciti a fare i calciatori, altri no. Ma la verità è che quando segui i ragazzini giovanissimi sei anzitutto un educatore. Mi emoziona più sapere di avere trasmesso loro dei valori”.
Suo figlio ha allenato, come lei. “Lo ha fatto per un po’, oggi lavora come direttore scout di Adidas Italia. Il bello di lavorare nello sport, è che esistono ruoli molto diversi”.
Che progetti ha per il futuro?
“Mi sono preso una pausa dal pallone, curo un altro business. Ma il calcio è lì, lo seguo, lo amo. Mai dire mai”.
Con l’Inter ha giocato e vinto una Coppa Uefa proprio a Parigi.“Col Psg avevo perso una Coppa delle Coppa contro il Barcellona di Ronaldo, che ho poi ritrovato all’Inter. Quella coppa è stato il momento più bello della mia carriera. E lo è stato anche grazie a Gigi Simoni. Un maestro, una persona meravigliosa”.