Vent’anni fa nacque la prima squadra telecomandata. Fu il primo esperimento di voyeurismo calcistico, una (tele)visione dal buco della serratura: non Carmen Russo insaponata sotto la doccia, ma tale Scandroglio che si imbrattava di gel argomentando sulle tattiche per conquistare le fanciulle. Il programma durò due anni, recupero incluso. Si chiamava “Campioni-Il sogno”, andò in onda su Italia 1. Mediaset acquistò i diritti di una squadra di calcio dilettantistico romagnolo, il Cervia, che militava in Eccellenza, e la trasformò in un reality show. I protagonisti erano aspiranti calciatori-tronisti a caccia di fama.
90.000 proposte, 3.490 proposte, 300 selezionati, 41 in ritiro, 24 scelti
Telefonarono in 90.000, ai provini si presentarono 3.490. In 300 superarono la prima selezione, a fare il ritiro precampionato rimasero in 41, furono 24 quelli scelti per far parte della squadra. I campioni per mancanza di prove prima di provare i tiri da fuori area si sistemavano il ciuffo, guardavano fissi in camera e offrivano agli italiani un profilo da pavoni. A condurre la prima edizione, la non ancora nota Ilaria D’Amico. Inviata presso la panchina era Sara Ventura, sorella di Simona. Il jingle lo cantava Gigi D’Alessio. Come allenatore fu scelto l’ex campione del mondo Ciccio Graziani. Che si divertì molto, cercando a fatica di prendersi sul serio. Una volta disse una frase epocale, alla Ray Bradbury: “Son talmente avanti che se mi volto indietro vedo il futuro”. Più spesso canzonava i suoi ragazzi. A uno che manifestava difficoltà nella comprensione del 4-4-2: “Ma te non sai proprio niente. E che è? T’hanno ammazzato la maestra da piccolo?”. A un altro che aveva sbagliato uno stop: “Ao’, Gamba de legno: mannaggia a te e a chi te vota”. Ad affiancarlo, un simpatico romagnolo che sembrava uscito da un film di Fellini: Giancarlo Magrini.
Ciccio Graziani il tecnico. Le sue storiche massime
Funzionava così: il pubblico, da casa decideva la formazione con il televoto e al Generoso Ciccio Graziani non restava che obbedire a favore di telecamera. Erano tutti microfonati, vivevano – ragazzi e allenatori – dentro un “Truman Show allo squacquerone”. Nove telecamere durante le partite, venti agli allenamenti allo stadio dei Pini di Milano Marittima, dodici a Mirabilandia, il parco divertimenti a dieci minuti da Cervia dove i trequartisti si sollazzavano con le groupies, trenta telecamere fisse al convitto e svariate altre telecamere nascoste dietro gli specchi, pronte a catturare tutto quello che gli italiani volevano sapere sulle gelosie dei machi da combattimento. Amori, liti, rancori, invidie, segreti e misfatti del centravanti in odore di santità televisiva: cose così, con Gullo che millantava di aver marcato Del Piero (mica vero). Alla fine più dell’entusiasmo, poté lo share.
Due anni poi l’oblio, del reality e dei giocatori
Alla chiusura del secondo anno, dopo la promozione in Serie D e le comparsate dei tre vincitori nei ritiri di Juventus, Inter e Milan; “Campioni” venne cancellato, la squadra smembrata, i calciatori abbandonati al loro destino. I meno peggio, come Arrieta, bestemmiatore reo confesso durante una puntata, arrivò alla serie B con il Lecce, quindi emigrò in America, finendo a raccattare ingaggi in club minori. I più giocarono qualche anno tra i dilettanti, accarezzando la Serie C. Aruta ha giocato fino a cinquant’anni cambiando trenta (30!) squadre, tra una stagione e l’altra l’abbiamo visto al “Grande Fratello” e a “Temptation Island”. Moschino aprì un negozio di abbigliamento a Napoli, Paesani vive a Manaus, dove gestisce un autonoleggio, Alfieri divenne corteggiatore di professione, venne arruolato da Maria De Filippi e andò a sedersi sul tronetto televisivo di “Uomini e donne”: oggi lavora come assistente regista televisivo. Apicerni studiò recitazione e fece la comparsa in “Vita Smeralda”, il film-testamento di Jerry Calà. L’enfant du pays, il Missiroli da Cervia, è un architetto che si è inventato “Dedalo”, il labirinto di mais più grande d’Europa. Fu il carneade Morelli, qualche anno dopo i fatti e i misfatti, a dettare l’epitaffio definitivo della reality-squadra: “C’erano legioni di ragazze che arrivavano a Cervia da tutta Italia. La gnocca ci rincorreva per strada. Eravamo finti, ma sembravamo veri. Eravamo catorci, ma sembravamo Porsche”.