TORINO – E all’improvviso, come un grande lampo non solo nella memoria, riappare lei, l’amata Coppa dei Campioni, la leggendaria. Possiamo chiamarla ancora così, per una volta? Forse sì. Perché tante partite insieme, anzi tutte, addirittura 18 e in contemporanea il mercoledì, giorno dei giorni nella storia del calcio europeo, non si vedevano, appunto, dall’antichità dei “sedicesimi” di Coppa Campioni. Ed erano pure due in meno. Stasera, invece, scopriamo che la nuova formula della Champions non è solo un po’ strana e difficile da seguire, ma assai intrigante nell’epilogo. Perché si torna al classico “dentro o fuori” con appena un paio di gare inutili, in tutte le altre ci sono in palio soldi, piazzamenti, destini. Forse, è il ritorno al futuro del calcio.
Conceiçao: “Non pensiamo al derby”
Per arrivare agli ottavi, all’Inter basta un pari col Monaco, mentre il Milan deve vincere a Zagabria contro la Dinamo di Cannavaro e l’Atalanta deve battere il Barcellona al Camp Nou. La Juve, 17ª, è ai play-off, invece il Bologna è già eliminato. “Non pensiamo al derby”, dice Conceiçao. “Ripartiamo dal primo tempo di Napoli”, progetta Motta. “Sarà dura ma abbiamo l’occasione”, occhieggia Gasperini, che però ha perso Lookman per infortunio.
Tutti conosceranno i dettagli del proprio futuro
La Champions raggiunge la sua supernotte dopo una strada lastricata di 126 partite e punteggiata da un firmamento di 406 reti (30 gare e 120 gol in più in confronto alla prima fase dell’ultima edizione). L’anno scorso, la media gol nei gironi era stata 2,98 a partita: è salita a 3,22. Il fascino delle gare in contemporanea per i famosi verdetti, è irresistibile. La fase ludica del nuovo torneo, allargato per moltiplicare i denari ed equilibrare il più possibile la loro distribuzione, si apre finalmente alla bellezza dell’emozione istantanea: dopo quest’ultimo turno, tutti conosceranno i dettagli del proprio futuro. Cioè gli incroci da qui alla fine per chi rimane, con l’insolito gioco delle coppie che renderà i sorteggi, dopodomani, un reticolo tennistico in un percorso rinnovato. Le sfumature dipendono dai risultati pregressi, compresi quelli che sembravano accettabili, tipo i pareggi in trasferta (come la Juve a Bruges) un tempo positivi, mentre adesso fanno impantanare. Un peccato originale da scontare, prima o poi.
Ogni vittoria vale 2,1 milioni
Chi arriva primo potrà affrontare soltanto in finale chi arriva secondo. Finora si è corso all’impazzata e anche un po’ alla cieca, senza conoscere bene le corsie e quasi senza cronometro. Da oggi, al contrario, è una finale olimpica, una maratona travestita da 100 metri. La posizione in classifica si dovrà scalare fino all’ultimo secondo come se non ci fosse un domani, proprio quel domani che invece marchia a fuoco, passaggio dopo passaggio, chi resta in ballo. Una maniera diversa di leggere i risultati. Per l’Uefa, a suo modo, “è” il risultato. Ogni vittoria vale 2,1 milioni, ogni gradino scalato in classifica vale 275 mila euro in più, è questa la carota d’oro che balla davanti agli occhi della bestia che corre, affamata come mai. La nuova formula ha allargato sguardi e orizzonti, ha proposto nella “fase campionato” 7 avversarie per ognuno, invece di 3: più gare, più soldi, più dirette tv ma anche più calcio, più confronto ad ogni livello, più esperienze, più geografia, la materia sulla quale si muove la storia. Certo, con pesi e misure difficili da uniformare, ma nelle questioni di cuore non si usa mica il metro.