LIPSIA – Ronaldo non conta perché lui non appartiene ad alcun contesto: il contesto è lui, che giochi nella squadra più forte del mondo o in un campionato lontano, dove è andato per il gusto di essere il calciatore più pagato del pianeta, l’ultima ambizione di predominio che poteva coltivare. Ma in Arabia non ha cambiato le abitudini, ha continuato ad allenarsi con le meticolosità che ci ha sempre messo, con la sua maniacale cura del corpo: aveva in testa di partecipare a un altro Europeo vent’anni dopo il primo, battere altri record, tramontare sulla cresta dell’onda. Neanche sulla luna avrebbe rallentato i ritmi.
Un anno in Arabia come un anno perso
La maggior parte di coloro che vengono da una stagione della Saudi League (in tutti sono tredici) stanno invece trascinandosi per il campo, non per stanchezza (non si sono certo spremuti) ma perché non riescono più a stare dietro agli altri. Un anno di Arabia è stato, a livello agonistico, come un anno perso: chi viene da là non ha più l’intensità e il furore di prima, ha perso lo spunto. L’abitudine a un calcio più lento, più facile, agonisticamente molto poco acceso e poco motivante, insieme al naturale appagamento di chi si è ritrovato ricoperto di soldi, li ha come spenti.
Il primo a essere finito nel mirino è stato Brozovic, che già in allenamento aveva dimostrato di essere un giocatore sgonfio: la critica croata lo ha massacrato. Milinkovic contro l’Inghilterra ha giocato a bassissima tensione e nella seconda partita è finito in panchina. Mitrovic, una volta gran bomber, non ha visto palla. Laporte è arrivato nel ritiro spagnolo in condizioni fisiche pietose, perché se ti alleni blandamente il fisico perde la memoria di sé. Qui ha dovuto praticamene rifare la preparazione, ovviamente è stato criticato e lui ha reagito: «Nel campionato arabo il ritmo è simile a quello spagnolo, o così è la percezione che ho avuto io. La realtà è che c’è un pregiudizio nei confronti di chi è andato a giocare in Arabia. Mi sembra che l’mvp delle due partita della Francia sia stato Kanté, no?».
Kanté tornato come nuovo
Certo, ma nemmeno Kanté fa testo: lui era ormai sulle soglie del ritiro, usurato dalle fatiche di Champions: in Arabia ha guarito i suoi dolori, abbassare i ritmi è stato un toccasana, era ciò che gli serviva. Ed è tornato come nuovo al contrario del belga Carrasco (titolare alla prima, silurato alla seconda), di Wijnaldum e Ruben Neves (oramai comparse), di Demiral (prima era una colonna della Turchia, qui ha giocato mezzora in tutto) e persino del georgiano Kvirkvelia, partito per l’Arabia con lo status di titolare e tornato con quello di riserva. Se la cavano invece i due romeni, Burca e Stanciu, il quale è già da un po’ che gioca in tornei insoliti: nel 2022/23 era la stella del Wuhan, in Cina.