Questo sito contribuisce alla audience di
 

Clarence Seedorf: “L’Inter può vincere la Champions, l’Atalanta è un pericolo. Non basta essere una bandiera per fare il dirigente”

L’olandese è il solo calciatore ad aver vinto la coppa con tre squadre. Commenterà su Prime Video la partita di mercoledì tra City e nerazzurri

MILANO – È l’uomo della Champions. Nessun altro l’ha vinta con tre squadre diverse. Anche per questo Prime Video, in Italia e in Inghilterra, punta sulla competenza di Clarence Seedorf per commentare Manchester City-Inter, prima e dopo la gara. “La nuova formula del torneo dobbiamo viverla per capire com’è. Sicuramente, quella vecchia era bella”, dice.

Quale delle cinque italiane ha la sfida più dura?

“Il Milan col Liverpool. Mi aspetto una partita intensa e spettacolare. Essendo la prima, con il nuovo format, le squadre potrebbero essere più libere di cercare il risultato senza la pressione di compromettere il passaggio del turno. Poi dico City-Inter”.

Che gara vedremo?

“Potremo rivivere la finale del 2023, ma con il City in condizioni migliori. Sarà difficile per entrambe le squadre. Anche l’Inter, che a Istanbul ha dimostrato di essere all’altezza, oggi ha maggiore consapevolezza delle proprie forze rispetto ad allora”.

Quali fra le italiane possono arrivare fino in fondo nella competizione?

“L’inter è la più attrezzata, ma anche Milan e Juventus. E l’Atalanta in Europa è un pericolo per tutti. Le distanze tra i club si sono assottigliate. La differenza la fa la resilienza: far durare il meno possibile i momenti negativi e colpire al momento giusto. Come il Dortmund nella scorsa edizione della Champions”.

Come sta il calcio italiano?

“A livello di Nazionale, l’Europeo ha indicato che c’è tanto lavoro da fare ma il materiale umano è molto buono, a partire da Spalletti. Poi Donnarumma, Calafiori, Barella. A livello di club, bisogna riconfermarsi dopo gli exploit di Inter ed Atalanta. I tifosi italiani riempiono gli stadi, è un dovere per il movimento calcistico nazionale offrire loro uno spettacolo degno”.

Come si fa?

“Il calcio italiano ha un suo dna. Copiare modelli e filosofie straniere non funziona. Il futuro si fa conoscendo la propria storia, con necessari adattamenti: difendere con tutta la squadra ed essere cinici. Nessuno lo fa meglio degli italiani”.

Lei ha alzato la Champions con tre squadre diverse. Quale delle quattro coppe vinte ricorda con più affetto?

“La prima, a 19 anni. È stato importante per quello che è venuto dopo, comprese le altre tre. Grandi calciatori non hanno mai alzato quella coppa,provandoci per tutta la carriera. Guardando indietro ci si rende conto della difficoltà dell’impresa”.

Che ricordi conserva del suo periodo sulla panchina dei rossoneri?

“Vedo il lato positivo. Fui chiamato per risollevare la squadra da una posizione di classifica pericolosa, in una situazione societaria al collasso. Ho ottenuto 1,85 punti a partita, solo Juve e Napoli hanno fatto meglio nel girone di ritorno. E facevamo un gioco propositivo, valorizzando i giocatori”.

Le piacerebbe tornare a fare un’esperienza da allenatore?

“Dopo il Milan, il calcio italiano non ha ritenuto di darmi una possibilità, come invece è accaduto a tanti miei colleghi. Gli incarichi successivi sono stati sfide in condizioni complicate. Il prossimo prgetto, se sarà, dovrà essere strutturato, non emergenze per tentare il miracolo”.

Anni fa, in una riunione della Fifa, sottolineò come gli allenatori neri siano pochi, nei club e nelle nazionali. C’è ancora un pregiudizio in Europa?

“Nei ruoli di potere le persone nere sono in assoluta minoranza. Il pregiudizio si può sconfiggere solo dando a tutti l’opportunità di dimostrare le proprie competenze. Se in un processo di selezione non si viene neanche chiamati per un colloquio, è difficile ottenere il posto”.

Con il Camerun, come ct, arrivò agli ottavi in Coppa d’Africa. Cosa deve fare il movimento calcistico africano per crescere ancora di più?

“L’industria calcistica cresce con i Paesi. L’Africa è da sempre un serbatoio di talento calcistico e negli ultimi anni c’è stata una crescita anche a livello organizzativo. Non sarei sorpreso di vedere nei prossimi dieci anni una nazionale africana finalista al Mondiale”.

Ibrahimovic ha giocato prima nell’Inter, poi nel Milan. Çalhanoglu ha fatto il percorso inverso. È difficile passare da una squadra milanese all’altra?

“No, si dà tutto per la maglia che si indossa. Ho ricevuto manifestazioni di stima e affetto dai tifosi dell’Inter anche dopo il passaggio al Milan. Il tifoso sa riconoscere quando un calciatore è corretto. La standing ovation che ho ricevuto al Camp Nou, da ex giocatore del Madrid, prova che i valori dello sport vanno oltre la rivalità”.

Zanetti è vicepresidente dell’Inter, mentre Maldini non è più al Milan. Nel calcio di oggi c’è ancora spazio per le bandiere?

“Bisogna portare valore, non basta essere bandiere. Maldini e Zanetti sono anche validi manager. Oggi le squadre puntano sui giovani e trasmettere loro la cultura del club non è semplice. Il Real Madrid lo fa bene, in dirigenza con Butragueno, in spogliatoio con Modric e Kroos”.

Inter e Milan progettano di lasciare il Meazza, per costruire stadi più moderni. Lei in quello stadio ha vinto molto. Che effetto le fa?

“È una telenovela che dura da anni. L’Atalanta, come il Real Madrid, ha ristrutturato il proprio stadio, dimostrando che ci può essere un’alternativa all’abbandono. San Siro è uno degli stadi più belli da vivere, a condizione che lo si possa rendere davvero moderno. E capisco che per le squadre di oggi sia strategico avere la propria casa, non in condivisione”.

Segui tutte le ultime notizie di sport

Next Post

Alisson hits out at new UCL format and pleads for player welfare

Mar Set 17 , 2024
Liverpool's Alisson urges footballing authorities to listen to player concerns over hectic fixture schedule

Da leggere

P