Avvocato Claudio Sulser, già presidente del Comitato etico della Fifa, che tra il 2010 e il 2012 indagò sull’assegnazione dei Mondiali 2018 e 2022, ed ex centravanti della Svizzera dal 1977 al 1986 con 49 presenze e 13 gol, questa è la migliore Nati di sempre?
“Sono sempre paragoni impossibili. Di sicuro questa è una squadra che è arrivata all’Europeo nel suo momento migliore a livello fisico e mentale, che ha calciatori abituati a giocare insieme da tanto tempo e che ha evidente voglia di lottare. Quella che è mancata invece all’Italia”.
Il 2-0 di Berlino va ridimensionato?
“Ma no. Già la Germania era stata messa in difficoltà e aveva pareggiato solo all’ultimo e anche il debutto con l’Ungheria era stato ottimo. Io dico solo che una mancanza di opposizione del genere, da parte dell’Italia, non l’avevo mai vista”.
Merito del ct Yakin?
“Sinceramente, dopo un girone di qualificazione con alcune partite molto zoppicanti, non pensavo che sarebbe rimasto in carica. Invece è stato davvero bravo a raddrizzare la situazione in sei mesi, aiutato da Contini, molto più di un vice anche per l’empatia con la squadra. Che ruota attorno al leader Xhaka e forse ha solo un po’ qualcosa da migliorare in attacco”.
Intanto la Svizzera dal 2006 partecipa sempre al Mondiale, a differenza dell’Italia, e all’Europeo è tra le prime otto per la seconda volta di seguito.“Credo che lo scatto, rispetto al passato, sia dipeso da una cosa soprattutto: molti giocatori sono andati all’estero, mentre prima il calciatore svizzero non veniva preso in considerazione. Alcuni hanno appena vinto il campionato: Xhaka col Bayer, Akanji col City, Sommer con l’Inter. Questo ha creato autostima e ha coinvolto tutti, stimolandoli nel processo di crescita e di emulazione”.
L’Italia confida nella crescita degli azzurrini delle Under, che stanno vincendo titoli.“È giusto. La Svizzera vinse il Mondiale Under 17 nel 2009 e non è un caso che di quella generazione molti siano andati avanti: Xhaka e Rodriguez sono a questo Europeo”.
Il luogo comune sul Paese di montagna, con lo sci sport nazionale, è una forzatura?
“Lo sci è una disciplina individuale, il calcio è sempre stato lo sport collettivo nazionale: affrontarci, per le avversarie, non era mai semplice. Solo che alla mia generazione, come ad altre, mancava la continuità di risultati”.
Le sfide con l’Italia erano le più frequenti.“Per me, ticinese, era il derby. Ne ho giocati tre. Una persa 2-0 a Udine nel 1979. Una pareggiata nel 1982 a Ginevra, 1-1 nell’ultima amichevole degli azzurri in partenza per il Mundial di Spagna. E una vinta a Roma lo stesso anno, 1-0 contro i campioni del mondo”.
Quanto conta nei successi della Svizzera il fattore multietnico?
“Conta, perché nel tempo sono arrivati ragazzi con fame di successo, con una grande voglia di affermarsi. Alcuni sono nati e cresciuti in Svizzera, altri hanno studiato qui e hanno preso la cittadinanza cantonale e comunale dopo un periodo di residenza ininterrotta”.
Qual è il sentimento popolare verso questa squadra?
“Di grandissimo entusiasmo, come si è visto dal numero di tifosi che sono andati a Berlino e come si vedrà a Düsseldorf. Quando si perde, qualcuno storce ancora un po’ il naso con la storia della multietnicità. Ma sempre meno”.
L’Inghilterra stenta un po’, ma resta favorita.“Posto che il calcio ha sempre parecchio di imponderabile, come il colpo di testa all’indietro di Schär che ha preso il palo e poteva riaprire la partita con l’Italia, io vedo una squadra in eccellente forma, che oggi non deve avere paura di nessuno, né porsi limiti. Questa Svizzera può arrivare a qualsiasi risultato”.