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Com’è la vita da globetrotter del calcio? La storia di Emiliano Callegari Torre

Nato a Buenos Aires, passaporto spagnolo ma con cuore ed affetti italiani: la storia della perseveranza e della resistenza del difensore gira mondo Emiliano Callegari Torre, ex campione di Malta con Gianluca Atzori

 

 

“Il mio percorso in Europa comincia nel 2018 quando decido di venire a cercare fortuna con il calcio nel Vecchio Continente. La possibilità di lasciare il mio Paese (l’Argentina) mi è stata data tramite un "procuratore" che poi non era cosi. Chi si professava agente era una persona molto intelligente, che aveva qualche aggancio con qualche club ma che non era in grado di completare poi il tesseramento con una squadra; a differenza di quanto inizialmente promesso. Sulla base della parola, che mi aveva garantito, ho iniziato a fare alcuni provini: uno, in particolare modo, con un club prestigioso come l’Albissola che all’epoca militava in Serie C”. Inizia cosi il racconto a cuore aperto di Emiliano Callegari Torre, rocciosissimo difensore centrale argentino, con passaporto spagnolo (seppur ormai, da anni, di fatto, italiano acquisito) che sotto la guida del tecnico italiano Gianluca Atzori ha dato una vita alla sua carriera calcistica.

Nato il 26 febbraio del 1996, a Buenos Aires, Callegari può definirsi un globetrotter: Argentina, Italia, Malta ed ora India. Il natio di Buenos Aires, davanti all’ormai sempre più famoso mate (bevanda tipica argentina) racconta l’epopea ed i sacrifici che lo hanno portato, ad oggi, a vivere di calcio in tre Continenti diversi: “Quando sono arrivato in prova all’Albissola avevano in programma un’amichevole con il Genoa a Bardonecchia". Emozionandosi, ricorda Callegari: “In pochi giorni mi ritrovavo davanti a giocatori di Serie A. Un’esperienza incredibile che mi ricorderò per sempre”. La doccia fredda arriva poche ore dopo: “Due giorni più tardi dalla sfida, mi comunicano che non mi avrebbero tesserato. In quei momenti si avverte il panico ma non ero spaventato, sapevo che avrei trovato una nuova squadra ed una nuova possibilità”.

In preda ai ricordi, e tra un sorso di mate e l’altro, l’ormai ex campione di Malta ricorda: “La domenica successiva prendo il treno per Imperia, dove in teoria avevo già tutto pronto per firmare il contratto. Ma anche qui il procuratore aveva mentito: il contratto, ho scoperto dopo, si sarebbe firmato in caso di buon esito del provino ed in accordo con il tecnico di allora. Ci allenavamo alle 18 di sera, con gente che arrivava al campo dopo lavoro”.

Nonostante la buona settimana di allenamento, Callegari spiega i problemi che persistono nel mondo del calcio dilettantistico – e non – italiano: “Arriva il giorno che mi dicono "ti vogliamo tesserare", ero contento ma iniziarono subito i problemi. Con il passaporto europeo  non potevano tesserarmi in Eccellenza, è impossibile ottenere il tesseramento senza avere la carta d’identità italiana.

Dopo allenamento mi ritrovo a piangere, non sapevo cosa potesse succedere in futuro dato che non avevo nemmeno un tetto sotto cui dormire. Nella mia testa non esisteva la possibilità di tornare in Argentina, pensavo che il calcio in Europa potesse essere al mio livello e – seppur avessi dovuto lavorare in un altro settore – lo avrei fatto pur di trovare una nuova chances nel mercato invernale”.

Emiliano, ma da dove hai trovato la forza per resistere e continuare a lottare per questo sogno? “Perché il mio obiettivo, dal momento  in cui ho lasciato casa, era uno solo ed era ben preciso: volevo portare i miei genitori vicino a me in Europa, dove si vive sicuramente meglio che in Argentina”.

Facciamo un passo indietro, tu però sei riuscito a giocare in Italia, come ha fatto? “È stata un’intuizione del presidente Denis Muca (Imperia): dovevo andare a vivere sotto il tetto di una famiglia italiana, precisamente di un mio compagno di squadra. Se sono dove sono ora lo devo a quella famiglia, mi hanno trattato come se fossi stato loro figlio. La mia benedizione più grande è stata trovare Chiara, sorella del ragazzo che mi ha aperto le porte di casa sua: ad avvalorare l’ottimo rapporto che avevamo ti dico solo che in quel momento stavo uscendo con sua sorella, la mia attuale compagna (ride n.d.r)”.

Hai giocato anche in Serie D, che ricordi hai? “Mi chiamano in serie D, a Formia. Una bella sfida in una bellissima città con gente meravigliosa. Il club è organizzato, ha il campo di allenamento e non ci sono problematica ma a metà dicembre mi chiamano per andare a fare il campionato di Premier League a Malta”.

Ecco, Malta ti ha cambiato la vita: “Prendo tutte le mie cose da Formia e mi trasferisco al Sirens”.

Dopo il Sirens hai trovato il tecnico italiano Gianluca Atzori al Floriana, che ricordi hai?: “La squadra con più storia di Malta; dico subito di si. Era una grandissima sfida a livello personale. Sin dall’inizio trovo un bell’ambiente: quattro argentini, uno spagnolo ed un albanese che parlava più argentino che albanese… ma soprattutto un ex allenatore di Serie A italiana e Carlo Simionato, ex velocista olimpico. Qui è un’altra roba pensavo… qui posso fare grande cose”

L’esordio? “Alla terza.. contro Valleta che è il derby più grande di Malta. La mia mente portava avanti quello che Gianluca Atzori voleva, è stato l’anno in cui sono più cresciuto a livello difensivo. Abbiamo trovato un allenatore che ci ha spinto a essere aggressivi, corti e protagonisti”. Prosegue poi con gli occhi lucici Callegari: “Così è stato, siamo stati la migliore difensa del campionato. Eravamo un muro, uno per l’altro. Eravamo Imbattibili e siamo finiti ai preliminari di Uefa Conference League”.

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