Poi, certo, può arrivare uno squilibrato in auto e ferire 79 persone ma, al netto dell’imprevisto, la stagione delle parate dei vincenti ha non soltanto fascino, anche effetti. È un momento di gioia, a macchia di leopardo, in tutto il mondo. Si concludono tornei e i trionfatori sfilano tra folle altrimenti non radunabili. Le manifestazioni di piazza sono sempre più rare e, nella loro più autentica natura, non sono per qualcuno o qualcosa, ma contro qualcuno o qualcosa. Altrimenti sono compiacenti o vaghe. Le parate dei vincenti invece sono celebrazioni gioiose.
A Napoli i due pullman che trasportavano la squadra parevano Mosè e suo cugino Fefè nell’atto di aprire il mare azzurro. A Bologna il bus dei giocatori che avanzava in controluce verso le Due Torri, tra fumogeni e decine di teste, evocava una creatura mitologica, un drago sbucato dalla tana dopo 51 anni di digiuno. Non sarà un caso che pochi giorni dopo gli allenatori uscenti sono rientrati a firmare, respingendo le proposte di Juventus e Milan. Italiano lo ha perfino reso esplicito che tutta quella gente l’ha commosso. A casa Conte è stata forse più colpita la moglie, però in buca si va anche di sponda. Ci sono città con parata doppia, come Londra (Tottenham per l’Europa League e Chelsea, se si accontenta, per la Conference). E città che aspettano.
New York ha il set più spettacolare, il canyon degli eroi, la Broadway che scorre tra i grattacieli fino al mare. Per tradizione viene sommerso da strisce di carta, inizialmente quella delle telescriventi. È un album di eroi sportivi e non. Ci sono passati anche gli astronauti dell’Apollo 11, Nelson Mandela, papa Giovanni Paolo II e, due volte, Alcide De Gasperi. C’è passato De Gaulle, oggi a Macron tirerebbero ortaggi. Era abitudine portarci capi di Stato stranieri in visita, dall’indonesiano Sukarno al filippino Garcia, oggi li tratterrebbero a Washington per bullizzarli nell’ufficio ovale davanti a una telecamera. E tra Yankees, Knicks, Giants e Rangers è da un po’ che nessuno si presenta. Vuoto è il canyon, non sarà più tempo d’eroi. Non qui e non ora.
A Roma l’ultima adunata popolare è stata per un funerale, quello di papa Francesco. Beate le città che possono riempire le strade aspettando un veicolo che trasporta uomini vivi e portatori di gioia anche se tutto quel che hanno fatto è stato un miglior uso di una sfera. Parate d’altro genere, come quella di Mosca, hanno un’eco diversa: nel ricordare una vittoria passata ne augurano una futura che il resto del mondo teme. Non sarebbe un gioco.