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Conte show, Napoli rivoluzionato all’ultimo e tachipirina a fine gara. “Certi giorni odio allenare”

Il retroscena sul cambio di formazione per la sfida al Milan: l’infortunio di McTominay ha stracciato i piani del tecnico azzurro, che ha vissuto una delle giornate più intense da quando è tornato in Italia. Sforzi ripagati dalla vittoria: l’Inter resta a -3

NAPOLI — Quando la salute del paziente è già precaria, si sa, c’è il rischio che basti un banale raffreddore per far precipitare il quadro clinico generale. Nel caso del Napoli è stato l’attacco influenzale che ha messo ko alla vigilia della partita con il Milan Scott McTominay. Un problema di per sé non serio, visto che lo scozzese è già in via di guarigione e sarà in campo nella prossima sfida con il Bologna. Nel frattempo, però, il mal di testa è venuto ad Antonio Conte, stravolto domenica sera al Maradona al termine della sfida vinta con i rossoneri. “Sono quei giorni in cui odio fare l’allenatore, perché ti piovono i guai addosso all’improvviso e tocca a te trovare in fretta e furia la soluzione”, ha confessato l’ex ct della Nazionale azzurra, rimesso in sesto dai due gol di Politano e Lukaku e dalla… tachipirina. “Cambiare tutto in pochissime ore non è stato facile, dobbiamo esserne fieri”.

Il retroscena del cambio di formazione del Napoli

Alla vigilia il piano gara per affrontare il Milan era prontissimo (“Guai se non avessi le idee chiare”, era stata la risposta di Conte in conferenza) e l’allenatore aveva persino rinunciato al tradizionale ritiro: appuntamento alle 13 in punto in hotel, all’olandese, giusto in tempo per pranzo e riunione tecnica di routine. La formazione titolare era già stata del resto provata nella rifinitura di sabato a Castel Volturno: 4-4-2 e coppia d’attacco Lukaku-Raspadori. Ma tutto è stato rimesso in discussione quando è arrivata la telefonata dello staff medico. “McTominay ha la febbre, non ce la fa”. Niente di grave di per sé. La situazione è precipitata però lo stesso per il Napoli a causa della mancanza in organico di un alter ego per il forte centrocampista scozzese. Invece di sostituire una sola pedina, infatti, si è resa necessaria una vera e propria rivoluzione, quando ormai mancava pochissimo al fischio d’inizio.

La soluzione trovata da Conte

Conte ha lottato con la coperta corta per tutto l’inverno: messo in croce dall’emergenza e dal deficitario mercato di gennaio. Una pezza qui, una là. Ma con il Milan era l’ultima spiaggia per la volata scudetto e con un rattoppo le speranze di vincere sarebbero state minime. Meglio allora rischiare il tutto per tutto con una rivoluzione: di modulo e uomini. I giocatori del Napoli hanno saputo in extremis di dover cambiare abito: dal 4-4-2 al 4-3-3. Raspadori si è ritrovato senza colpa in panchina e due convalescenti hanno dovuto gettare le stampelle per partire tra i titolari, pur sapendo di non avere i 90′ nelle gambe: Anguissa (reduce da una trasferta di dieci giorni in Nazionale in cui non era stato in grado di scendere in campo neppure per un minuto) e Neres, al rientro dopo un mese e mezzo di stop per infortunio. L’azzardo ha pagato grazie allo spirito di sacrificio di entrambi e alla duttilità della squadra, che senza impegni nelle coppe ha avuto la possibilità di lavorare nelle lunghissime settimane a Castel Volturno su più spartiti. I crampi hanno messo ko Lobotka e non c’era un pari ruolo a disposizione per prendere il suo posto. Idem con patate. È entrato Juan Jesus e gli azzurri sono passati in corsa alla difesa a cinque, portando tra mille sofferenze in porto i preziosi tre punti. Non certo la prima di una lunga serie di soluzioni di emergenza: da Spinazzola avanzato all’ala sinistra al doppio play a metà campo, da McTominay seconda punta a Politano terzino a tutta fascia. La necessità aguzza l’ingegno, talvolta può succedere però per la disperazione.

Il Napoli oltre le difficoltà

Soltanto così il Napoli è riuscito a restare aggrappato al sogno scudetto, nonostante un organico non da primato. “Stiamo facendo un vero e proprio miracolo”, ha detto infatti più di una volta Conte, che nel finale contro il Milan ha gettato nella mischia Ngonge e Mazzocchi. Poi vittoria e tachipirina gli hanno fatto passare il mal di testa e il tecnico ha analizzato la situazione con più razionalità. “Lo ripeto spesso anche al mio staff, l’anno scorso dove non ho allenato e sono stato sul pezzo a studiare tanto. Stare fermo e avere la mente fredda mi ha aiutato ad ampliare le conoscenze dal punto di vista tattico. Quello che ho dovuto affrontare durante questa stagione non mi è mai accaduto. Già è difficile cambiare sistema di gioco una volta, figurarsi a ripetizione. Oggi mi sento molto più forte, sto mettendo in pratica tutto quello che ho imparato con l’aiuto di un gruppo di ragazzi fantastici, pronti a assecondarmi nell’emergenza”.

Conte, la corsa scudetto e il futuro a Napoli

Ecco perché gli azzurri sono lassù, sia pure tra mille sofferenze. All’ex ct – che ha accettato anche la cessione di Kvaratskhelia a gennaio senza battere ciglio – per adesso va bene così. “Siamo concentrati ferocemente sulle ultime 8 partite e senza altri infortuni possiamo dare fastidio all’Inter fino alla fine”. Ma per il suo futuro il tenace Antonio ha un sogno nel cassetto. “Nella mia carriera ho dovuto sempre battermi da outsider, mi piacerebbe una volta almeno partire in pole position”. Per questo l’orizzonte resta limitato e servirà un confronto con Aurelio De Laurentiis a fine stagione per consolidare il matrimonio. Perché il mal di testa resti un’eccezione e non diventi la regola.

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