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Cori, striscioni, abbracci: Allegri allo Stadium è l’unico a non fare zero a zero

Il tecnico del Milan nello stadio dove ha allenato per tanti anni, dal 2014 al 2019 e poi dal 2021 al 2024

TORINO – Se la Juve che già fu allenata da Allegri gioca come se ancora fosse allenata da Allegri, e se il Milan ora allenato da Allegri gioca come la Juve quando la allenava Allegri, indovinate un po’ chi è il protagonista di questa partita pochissimo allegra? Lo spirito allegriano pervade una sera cominciata nel passato (Luciano Moggi che va a trovare Allegri che già allenava la Juve che al mercato mio padre comprò), e finita mica tanto nel futuro. Ma doveva, in ogni caso, essere il giorno di Acciuga è così è stato, anche se quasi niente è stato, in campo.

L’ovazione dello Stadium per Allegri

Che il tifo juventino sia ancora legatissimo ad Allegri lo dimostrano l’ovazione alla lettura delle formazioni e gli applausi all’arrivo dell’autobus del Milan, quando ne discende lui, lo striscione: noi di te sempre fieri, il messaggio social: avversario non sarà mai, ma lo conferma anche il gioco della Juventus di Tudor: non si può non amare il passato, quando il presente è così pieno di inciampi, di errori un po’ comici e di dubbi (gioca David, no gioca Openda, no gioca Vlahovic), ma non è che il Milan sia stato poi diverso (sbaglia Pulisic, poi sbaglia Leao, e Acciuga si contorce come un’anguilla).

Lo schiaffetto a Yildiz

Assiso sulla panca che già fu sua (le hanno invertite, lui dice scherzando, per evitargli errori di direzione), mani in tasca contro braccia conserte (Tudor), il massimo degli allenatori bianconeri dal 2014 a oggi, e probabilmente domani e dopodomani, ha abbracciato tutti non potendo strangolare qualcuno. Ha detto “Ohhh” quando ha visto Yildiz e poi lo ha stretto forte con schiaffetto affettuoso, anche Tudor è finito nelle sue spire e poi una processione di saluti e sorrisi. Lo stesso per il vice, il fedele Landucci, che stringe amici vicini e lontani perché i ricordi mica se li porta via il vento, stanno semmai tutti chiusi nelle medesime stanze assai piene di trofei e pensieri felici. Poi, si sa come vanno queste cose, si comincia a giocare.

Il rammarico di Allegri

Acciuga sorride per una buona mezz’ora, gigioneggia anche un poco, appoggia la fronte alla panchina e parlotta con quelli seduti. Beve molta acqua, sposta il compasso delle gambe, riesce a mantenere un certo contegno finché Pulisic non gli sbaglia il rigore. A quel punto, Allegri non si leva la giacca ma è come se.

Sul penalty ha dato le spalle al campo, si è accorto dal boato dello stadio che era andata male, quel boato che un tempo era per lui. Ha chiesto a Landucci (“Come ha tirato? Di piatto? Gli avevo detto di no”). “Non avevo visto come ha calciato — spiega in tv — i rigori si sbagliano ma questa partita dovevamo portarla a casa. Abbiamo fatto un primo tempo equilibrato, attaccavamo poco la linea difensiva con i centrocampisti. Nel secondo siamo cresciuti, abbiamo avuto diverse occasioni dopo la parata di Maignan, ma nel momento in cui avevamo la Juventus in pugno dovevamo essere più cattivi nel fare gol”.

Inizia a spostare il baricentro dall’area tecnica al prato circostante, dove peraltro Tudor è anche più vivace di lui. Mani in tasca e braccia conserte vivono il loro duello che è una sottrazione, perché Juve e Milan tolgono cose alla partita, si elidono, si intorcinano e alla fine, inevitabilmente, pareggiano. Un’abitudine bianconera, ormai, mentre per il Milan il piccolo punto è la discesa dal primo posto in classifica.

Ancora bianconero nell’abito (completo nero, camicia bianca, cravatta nera), lo stesso sarto di Tudor che però ha una nota bianconera supplementare (la barba bicolor), Max Allegri nel primo tempo sembra l’allenatore della Juve poiché dalle sue parti transitano quasi sempre “i suoi ragazzi” Cambiaso e Yildiz (ricordarsi di domandare a Tudor perché il turco sta diventando un’ala, un po’ troppo lontano dalla porta). A volte, i suoi ex giocatori gli sbattono quasi contro e Tudor, per non essere da meno, se li abbranca in diretta: dà un doppio cinque a Locatelli con entrambe le mani e poi lo trascina in una specie di tango). Bello, se tutto questo vorticare portasse a qualcosa in area, non solo alla collezione di sbagli e sbadigli. Si sperava di più, ma si temeva di meno. La Juve di Allegri e il Milan di Allegri, pari sono.

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