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Costacurta: “Napoli favorito, attenti al Milan di Allegri”

L’ex difensore rossonero, oggi apprezzato opinionista Sky: “Voglio vedere se Fabregas saprà confermarsi e se l’Inter riuscirà a dimenticare la finale di Monaco. Sono curioso di capire che impatto avranno De Bruyne e Modric”

Alessandro Costacurta, le piace la serie A che sta nascendo dal mercato?«Napoli e Milan si sono mosse bene, si sono rinforzate. Le altre squadre le vedo frenate, al netto dei tanti allenatori nuovi».

Chi la incuriosisce di più?«Voglio vedere se Fabregas saprà confermarsi. E se l’Inter riuscirà a dimenticare la finale di Monaco, il campionato perso e l’addio di Inzaghi. Chivu non avrà un compito facile».

Le prime scelte dei nerazzurri e della Juventus sembravano essere Fabregas e Conte. Per Chivu e Tudor è un’ulteriore sfida dimostrare di essere all’altezza delle rispettive panchine?«È una motivazione in più, ma devono essere orgogliosi di essere stati chiamati, hanno una grande occasione. Poi Antonio è uno dei migliori 6-7 tecnici al mondo, è normale sia cercato. E Cesc arriva da un grande campionato. Quindi non credo che Tudor e Chivu si siano risentiti di essere venuti dopo, anzi».

Il Milan si è affidato alla coppia Allegri-Tare.«Max a volte è un po’ troppo prudente ma è uno dei migliori allenatori al mondo, un vincente. Il Milan più che fare spettacolo deve ritrovare risultati, lui è la persona giusta. Con Tare sono già la coppia più solida della serie A».

Oggi si spende quasi di più per gli allenatori-manager che per i calciatori. Era così anche prima?«I grandi della panchina sono sempre stati dirigenti aggiunti. Sacchi, Capello, Ancelotti indirizzavano le società. Ma c’è anche chi per indole lo fa meno».

Tra i nuovi arrivi, chi la stuzzica di più?«Credo molto in Beukema, il centrale preso dal Napoli. Penso mi somigli, può diventare con Conte un difensore straordinario. Però non posso non citare anche De Bruyne e Modric, sono curioso di capire che impatto avranno».

Due fuoriclasse in là con gli anni. La serie A si deve accontentare di accogliere i campioni in tarda età?«Questa è la tendenza. Il nostro campionato non è più quello di una volta. Quando giocavo io nove dei primi dieci classificati del Pallone d’oro erano in Italia. Il problema non è l’arrivo dei “vecchietti”, ma il poco coraggio che abbiamo nel far giocare i ragazzi italiani. Modric è una risorsa, però bisogna fargli crescere accanto i giocatori che possono riportare in alto il campionato e la Nazionale».

A proposito, si sarebbe aspettato di vedere il suo ex compagno Gattuso ct dell’Italia?«Nel mio Milan pensavo che alcuni avessero una maggiore predisposizione, Rino era tra questi, ha sempre avuto voglia di migliorarsi. Mi hanno stupito positivamente Nesta e Pippo Inzaghi, che stanno facendo un’ottima carriera: su di loro avevo sbagliato previsione».

La Nazionale andrà al Mondiale 2026?«Le possibilità ci sono, e come guida nessuno è più adatto di Gattuso per la sua capacità di creare un gruppo forte, trasmettere i messaggi giusti. Ma i calciatori devono ritrovare l’entusiasmo di vestire l’azzurro. Per noi l’Italia era unica, oggi non è così. C’è ancora chi ci mette l’anima, però alcuni rifiuti non li ho proprio digeriti».

Si riferisce ad Acerbi e al suo no prima di Norvegia-Italia?«In particolare a lui, sì. Ce l’aveva con Spalletti ma doveva andare in Nazionale, giocare e poi mandarlo a quel paese il giorno dopo. Luciano al suo posto è stato costretto a mettere in campo un esordiente. Per orgoglio Acerbi ha tradito i tifosi azzurri e i suoi compagni che avevano bisogno di lui. Non si fa con la Nazionale, è inaccettabile».

Aveva il piglio da leader quando giocava, le è rimasto. Perché ha smesso di allenare?«Ci ho provato, ma mi mancava qualcosa per fare quel lavoro a grandi livelli. E non mi andava di diventare il tecnico che ogni due anni cambia città e club. Ho scelto un’altra strada».

Sfruttare la sua dialettica in tv, dove è apprezzato opinionista a Sky. Come è cambiato nel tempo il modo di raccontare il calcio?«Oggi funzioni se sei divisivo, sembra un obbligo schierarsi in partiti: giochisti, risultatisti e altro ancora. Io cerco sempre di essere equilibrato. Mi attaccano perché critico il Milan, ma lo faccio perché lo amo. Alcuni tifosi milanisti pensano che lo faccia per partito preso, non è così. Quando do un’opinione lo faccio per stimolare una reazione. Se dico qualcosa di negativo su Leao non è che lo faccio perché gioca al Milan. Con Rafa è come quando parlo con mio figlio Achille, a volte anche con mia moglie Martina: spiego il mio punto di vista per suscitare un cambiamento».

Le critiche social la turbano?«Non le leggo neanche. A 19 anni Cesare Maldini mi convocò nell’Under 21 mentre giocavo in serie C al Monza, e massacrarono me e lui. Avrei potuto replicare a fine carriera, dopo 5 Champions e 7 scudetti, ma non è nel mio carattere. Le critiche riesco a tenerle a distanza, non mi faccio condizionare. Così ho giocato fino a 41 anni».

Ad oggi, quale è la sua griglia di partenza del campionato?«In prima fila metto Napoli, Inter e Milan. I rossoneri hanno Modric, un insegnante di calcio, che giocando una partita a settimana può ancora fare la differenza, e la certezza Allegri in panchina. La Juventus la vedo quarta, ha una rosa di tutto rispetto, ancor meglio con un ultimo colpo di livello. L’Atalanta mi sembra meno solida degli ultimi anni: ha venduto Retegui e forse perderà Lookman, soprattutto non ha più Gasperini. Gian Piero alla Roma farà bene, ma ha bisogno di tempo per trasmettere i suoi concetti di gioco. La Lazio con Sarri lotterà però non per i primi quattro posti, così come il Bologna, lo vedo quinto».

Ha sentito Baresi, operato per l’asportazione di un nodulo ai polmoni?«Faccio fatica a parlarne. Franco è stato il mio fratello maggiore, la mia guida. Per lui è un momento difficile, che da quanto so sta superando. Siamo simili, e se io vivessi la sua situazione preferirei non ci fosse clamore attorno a me. Da lui ho imparato anche questo».

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