Il Napoli torna da Verona finalmente con una verità in tasca. Ha perso tempo, troppo tempo, per capire i guasti dello scorso anno. Le incoerenze, le opacità, le carenze. In questo errore di prospettiva è caduto anche Antonio Conte, il mancato profeta di una rivoluzione.
Discutere ancora sui valori di una ex squadra, sul decimo posto raggiunto nel dopo-scudetto, sul flop di tre allenatori che si sono alternati nella staffetta dello staff: tutto inutile, chiaro?
Verona dimostra che il Napoli della penitenza e dei rimorsi, del riscatto e del rilancio, ancora non esiste. Vive solo nel dibattito sul programma, finora assolutamente astratto.
Il Napoli generosamente descritto come un cantiere aperto è solo un cantiere fermo. Piuttosto che fare l’inventario dei danni, quando, come, chi comincerà un giorno o l’altro a disegnare un progetto e ad attuarlo? Demolire è facile, svendere una necessità, rifare è il verbo, l’idea, l’obbligo di chi ha assunto le responsabilità e di chi le ha delegate.
Non si può costruire gioco sul Napoli che non c’è. Non può correre una macchina giudicata solo da rottamare. Un bolide arrugginito, già spedito allo scasso. Una domanda avrebbe meritato delle risposte nei giorni scorsi: perché tanti giocatori non convocati, se non ancora sono stati sostituiti?
Conte va assolto e ringraziato per il suo inconsapevole contributo. Ha dimostrato che non esistono uomini e miracoli, in un calcio ancorato a logiche, tradizioni, comportamenti consolidati. È stato purtroppo l’unico a non capire che il Napoli è rifondato solo su un nome, purtroppo il suo. Non su un programma concreto e tempestivo.
Si è fidato del suo carisma, di sistemare allenamenti energici nel ritiro, nell’eccellente preparazione atletica. Ma non bastava se si registra un mercato di confuso andirivieni. Il valore di Antonio Conte meritava rispetto, quindi chiarezza. Il progetto si è invece arenato nell’utopia di un’improbabile sostituzione di bomber.
Via il venticinquenne Osimhen ecco il maturo Lukaku. Signori, si dice la verità a Conte. Era uno scambio praticabile? Facile? Conveniente? La società non poteva mettere Conte di fronte al Grande Equivoco. Il primo, perché consentire questo a un attaccante invenduto se è un ben retribuito e tesserato, e non utilizzarlo?
Ha un contratto che qualcuno potrebbe contestare, se è vero che per dieci milioni Osimhen fa il turista e si allena in discoteca. Un contratto sballato che mirava a un colpo di mercato, purtroppo fallito. E su un errore, non si poteva certo rassegnare alle nequizie del mercato attuale. La grande speranza della ricostruzione è stata invece attribuita solo all’ingaggio di Lukaku, che il Chelsea molla solo a prezzo altissimo. Risponda pure Giovanni Manna (il direttore sportivo) non c’è un solo attaccante in giro.
È una sconfitta da shock che dovrebbe ammonire chi dirige. Il nome di Conte è stato solo un grande colpo di scena, ha placato l’ira dei tifosi e ricondotto De Laurentiis e Chiavelli sul ponte di comando. Sono cose importanti, a volte geniali, ma certe volte vanno lasciate solo al mondo dello spettacolo.
Sconfitta grave se si pensa al Verona, ha vinto una squadra con nove giocatori su undici, messi insieme solo negli ultimi giorni. Il Napoli invece, nella febbre della sua mancata rivoluzione, ha confermato la difesa dei quarantotto goal subiti l’anno scorso. Un altro paradosso di questo mercato, non si sa bene ancora a chi è affidato, lo segnala Leonardo Spinazzola, uno degli acquisti più importanti benché svincolato. Ieri tra i peggiori in campo, giustamente sostituito. Inerme tutta la corsia di sinistra, in difficoltà persino Kwara, troppo spesso alle spalle di Spinazzola in mal riuscite sovrapposizioni.
Prima di riprendere il mercato, meglio un confronto tra ufficio di presidenza, direttore sportivo e allenatore. Il Napoli ha un traguardo, quale? Ha risorse, quante? Dalla chiarezza di queste risposte si potrà ripartire, senza buttare Conte incauto e ottimista nel vuoto delle parole.