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Dal sogno scudetto al flop sul mercato: Conte e De Laurentiis sono già al bivio

Due visioni a confronto: l’ossessione del tecnico di non porsi mai limiti
e il calcio “sostenibile” nel Dna del presidente. Il primato in classifica
è un’incognita sul futuro

Qua la mano. Non passati nemmeno otto mesi dalla presentazione show di fine giugno a Palazzo Reale e sul fresco menage della strana coppia formata da Antonio Conte e Aurelio De Laurentiis s’addensano già le prime nuvole: diretta conseguenza – paradossale ma vero… – dell’inatteso, sorprendente e non solo elettrizzante primato in classifica del Napoli. Trovarsi tanto in fretta lassù non era infatti nei piani di nessuno dei protagonisti ed è per questo che i progetti studiati a tavolino da presidente e allenatore, durante la scorsa estate, sono diventati strada facendo (piacevolmente) carta straccia, con l’effetto collaterale però di trasformare in uno stillicidio la parentesi appena conclusa del mercato invernale. I fatti lasciano pensare con il senno di poi che in casa azzurra ci fosse un’idea guida: sistemare innanzitutto i conti della società, dopo gli ingenti investimenti fatti ad agosto per rinforzare la squadra e metterla nella condizione di competere per la zona Champions, all’indomani di un umiliante ed economicamente insostenibile decimo posto. Di qui il tentativo fallito di convincere Victor Osimhen a lasciare già a gennaio la Turchia per volare in Premier e quello viceversa riuscito di piazzare Khvicha Kvaratskhelia al PSG, guarda caso per la stessa cifra della clausola rescissoria del bomber nigeriano: 75 milioni. Erano quelli i soldi da far rientrare nelle casse del club e la missione è stata compiuta. È invece fallito il tentativo di sostituire il talento georgiano in corsa e il flop di per sé grave è diventato inaccettabile, visto che indebolire in modo così vistosa una squadra in lotta per vincere lo scudetto è parso dall’esterno un capolavoro, senza precedenti, di autolesionismo.

Per questo il Napoli ha sentito la necessità di spiegare le sue “ragioni” addirittura in una conferenza stampa al centro sportivo di Castel Volturno, con il nuovo direttore sportivo Giovanni Manna – arrivato a fine maggio e mai presentato – che avrà l’ingrato compito di dare un senso logico alle incongruenze del mercato appena concluso. Bisogna voltare pagina in fretta. C’è infatti il rischio che il mancato ingaggio di rinforzi si trasformi agli occhi dei giocatori in un segnale di disimpegno da parte della società, che ha apparentemente anteposto l’esigenza di sistemare i conti alla voglia di lottare per lo scudetto. Invece è stato solo in parte così, perché non c’è stata soltanto la voglia di fare economia alla base della improponibile staffetta tra Kvaratskhelia e Okafor.

A condizionare il mercato invernale del Napoli è stata infatti pure la vision differente che hanno De Laurentiis e Conte. Il presidente ha infatti abdicato per la prima volta nell’estate scorsa alla sua filosofia: puntare su giovani talenti da crescere e valorizzare, per poi cederli in cambio di ricche plusvalenze. Nulla a che vedere con gli acquisti di giocatori già “fatti” e avanti negli anni come Lukaku, McTominay e Neres – voluti invece dall’allenatore – che rispondevano viceversa all’esigenza di rendere subito la squadra molto competitiva. Bere o affogare, dopo il decimo posto: ad agosto non c’era altra scelta e il nuovo corso azzurro ha intrapreso con successo una strada sempre evitata. Ma a gennaio e con la Champions in tasca ha cominciato a soffiare il vento della restaurazione: culminato nell’arrivo del baby Hasa e nel tentativo di ingaggiare il ventenne spagnolo Yeremay. Poteva andar bene, se la squadra non fosse stata in lotta per lo scudetto. «Facciamo operazione come Dio comanda o lasciamo perdere», si è invece sentito rispondere Adl dal suo pluridecorato tecnico. Di qui la vana caccia a Garnacho e Adeyemi, con 50 milioni di budget alla fine non spesi. Incidente di percorso o incompatibilità? Parlarsi chiaro è da amici, con tre anni di contratto è un obbligo.

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