Kevin De Bruyne non è ancora un campione in infradito (categoria peraltro incompatibile con chiunque sia allenato da Antonio Conte), ma un’anima in cerca di vero riscatto. «Ho scelto Napoli e l’Italia per dimostrare di essere sempre competitivo ai massimi livelli, come entusiasmo e qualità». Il belga non pare proprio materiale dismesso, e resta uno dei più grandi talenti che il calcio europeo abbia espresso negli ultimi vent’anni. Lui di anni ne ha 34, non un’età da pensione. Un altro che arriva dalla Premier League: stiamo forse diventando lo stabilimento termale dei britannici? Basti pensare al successo italiano di Scott McTominay per capire che così non è.
Sancho e Hojlund verso la serie A
Numerosi indizi non fanno una prova, non ancora, ma indicano una tendenza. Tra chi ha già varcato la Manica, appunto De Bruyne, e chi potrebbe farlo presto, da Sancho a Hojlund, da Ferguson a Nkunku (e l’Atalanta sta pensando a un possibile rilancio di Zirkzee), la colonia inglese ci dice che ora la serie A viene vista come un luogo di possibile crescita o rinascita: un territorio meno complesso della Premier dal punto di vista tecnico e atletico, ma più elaborato per quanto riguarda le tattiche. Un torneo dove forse si corre un po’ meno, ma non per questo non si fatica allo stesso modo. Inferiori sono pure i guadagni, ma la crisi sempre più profonda del calcio inglese sta convincendo giocatori e procuratori a non considerare più l’Italia come qualcosa di inferiore.
Pedro ancora decisivo in serie A
La parabola dell’interista Mkhitaryan spiega come un campione giudicato al passo d’addio abbia saputo, proprio nella vituperata Italia che non sa più andare ai Mondiali, raggiungere addirittura un paio di finali di Champions. Un altro possibile nonno del calcio, l’inesauribile Pedro, ha di fatto deciso l’ultimo campionato. L’armeno e lo spagnolo non sono venuti a farsi massaggiare nella clinica della salute, ma a ribadire che la classe non si lascia ingannare dall’anagrafe o dalla geografia. «La serie A è ricca di squadre forti» ha detto De Bruyne dal ritiro del Napoli: «Ora tocca a me adattarmi e capire come funziona qui, ma sono sicuro di avere scelto il meglio. L’Italia è diversa dalla Premier, ma non è inferiore». L’ultima finale di Champions, peraltro, ha visto in campo una squadra francese e un’italiana, anche se l’italiana non tanto.
Cristiano Ronaldo ha aperto la strada
La serie A che inizia tra poco più di un mese sarà un luogo di numerosi ritorni: tra qualche tempo scopriremo quanti di loro saranno un ripiego o una scommessa fallita. Ma nonostante qualche dubbio e qualche legittimo sospetto verso chi sta quasi raggiungendo i quarant’anni e ancora gioca, è comunque positivo che l’Italia torni a essere un luogo di approdo e non soltanto di partenze. Per anni, qui non era più arrivato nessun campione di autentico spessore. Da Cristiano Ronaldo in poi, e forse grazie un po’ anche a lui, la percezione della serie A nel resto del mondo ha smesso di essere umiliante o del tutto periferica.
Modric, un campione al Milan
La voragine nei conti della Premier, oltre un miliardo di euro nelle ultime due stagioni, forse c’entra qualcosa con questo nostro ritorno di appeal. Che, va detto, non riguarda solo la Premier: neppure Luka Modric sembra diventato un fenomeno da spiaggia adriatica, nonostante i 40 anni a settembre. L’unico Pallone d’oro del campionato non ha detto sì al Milan per giochicchiare o svernare senza problemi, oppure per mettere le mani sull’ultimo gruzzolo: non sarebbe degno di un gigante degli stadi, capace di vincere per sei volte la Champions e per quattro la Liga, vice campione del mondo nel 2018 con la Croazia e più titolato in assoluto nella storia del Real Madrid, ovvero il club più importante del pianeta: 28 trofei. Come lui nessuno mai. Anche soltanto per una questione d’orgoglio e rispetto verso la propria storia, uno come Modric non può avere scelto l’Italia per faticare meno o accontentarsi di qualche magico tocco, ma per inseguire un’altra vita felice. Second life, come direbbero in Premier.