Alla fine il segreto di Baroni è in quel numero impressionante: 501 panchine tra i professionisti, in Serie A, B e C. Un enorme bagaglio di esperienza che lo sta aiutando, eccome, nell’avventura più importante della sua carriera: arrivato tra lo scetticismo generale, il tecnico della Lazio ha conquistato tutti. Prima i calciatori: li ha convinti a giocare con un modulo folle – estremamente offensivo, quindi dispendioso – ma divertente ed efficace; poi i tifosi, che adesso lo accostano addirittura a Maestrelli per lo spessore umano, decisivo nel rapporto con lo spogliatoio e con la gente.
Bravo in campo a coinvolgere tutti i suoi uomini (21 i titolari schierati nelle ultime 5 partite), sorprendente in sala stampa come comunicatore equilibrato, sereno e nello stesso tempo appassionato: «Non dormo la notte, io e il mio staff stiamo dando tutto per la Lazio».
Ha creato un feeling speciale con la squadra, che lo segue e lo elogia: «Abbiamo un super coach», ha detto Guendouzi, uno dei giocatori più importanti di questa Lazio capace di vincere quattro gare di fila, tra campionato e Coppa, e di agganciare la Juve al terzo posto in A. Il tutto senza risparmiarsi mai: «Facciamo il lavoro più bello al mondo, non vedo perché un giocatore non debba correre forte in campo», sostiene Baroni. Che ha creato una squadra d’attacco ma duttile, perché poi a Torino, al momento giusto, il 4-2-3-1 si è trasformato in 4-3-3 con un centrocampista in più, Vecino, e una punta in meno, quel Dia inventato trequartista per far coppia con Castellanos. Di sicuro è un gioco che si può definire europeo, tanta corsa, ferocia agonistica e la mentalità di attaccare con molti uomini. Contro l’Empoli 28 cross e 16 tiri, per dire.
Verticalità al potere, il fraseggio sarriano è finito in cantina: qualcuno ha iniziato a chiamarlo Baronismo, ma a lui interessa solo che la Lazio continui a lavorare come ha fatto finora, da Squadra con la esse maiuscola. Il collettivo esalta le individualità, compreso quel fuoriclasse di Pedro che a 37 anni non si è stancato di confezionare perle.
Sulla questione dei rigori, poi, Baroni scrive la lista dei tiratori sulla lavagna: primo Zaccagni, secondo Castellanos, terzo Dia. «Ma che Mattia lo abbia ceduto al Taty è dimostrazione di altruismo», taglia corto il tecnico. È anche da questi particolari che si giudica un (super) coach.