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Daniele Orsato: “Con il Var a chiamata squadre più responsabili. Ma c’è anche chi fa il furbo”

L’ex arbitro ora guida la Can di Serie C: “Mi sento allenatore dei miei colleghi”

Una nuova vita. «Non sono un designatore, mi considero un allenatore di arbitri» dice Daniele Orsato, fischietto per oltre venti anni. Ha chiuso con l’Europeo 2024, da luglio guida la Can di serie C: «L’arbitro che era dentro di me è morto, ho voltato pagina. Mi sono buttato in questa avventura nonostante ci fosse all’orizzonte l’esperimento Football Video Support». Introdotto in Lega Pro e presto nella A donne, con il Fvs un allenatore può chiamare due challenge a partita (con una card) nei casi di gol-non gol, rigore, rosso diretto ed errore di identità. Quando lo fa, l’arbitro controlla l’azione al monitor: se modifica la sua decisione iniziale, chi ha segnalato l’episodio resta con due card. Altrimenti ne perde una.

Orsato, gli allenatori hanno una maggiore responsabilità.

«Perché le squadre intervengono in modo diretto, a differenza del Var, in cui da Lissone guardano tutto al video e se necessario informano l’arbitro di un chiaro ed evidente errore».

Altre differenze?

«I costi del Fvs sono minori. In serie C ci sono massimo 6 telecamere a stadio, in serie A sono il doppio».

È una sorta di Var a chiamata.

«Come c’è nel volley, nel basket e in altri sport. Deve essere un elemento di collaborazione: la speranza è che l’allenatore, piuttosto che protestare animatamente, si prenda un momento per decidere se chiedere o meno la revisione».

Il bilancio dopo tre giornate?

«Siamo attenti alle perdite di tempo. Nel primo turno il recupero legato all’uso del Fvs, soprattutto nel controllo delle reti segnate, è stato di circa 5 minuti. Nelle giornate successive è già diminuito».

In Carpi-Juventus Next Gen il tecnico della squadra di casa ha chiesto il rosso diretto contro un proprio giocatore che aveva preso il secondo giallo per un tocco di mano che non c’era. Uno stratagemma per far intervenire il Fvs e cambiare la decisione dell’arbitro in campo.

«Ma non è il modo in cui il Fvs va usato. Con il supporto della Fifa abbiamo voluto spiegare che così si va contro lo spirito del gioco».

Il Fvs può essere esportato in serie A?

«Non sta a me dirlo. Faremo del nostro meglio per valorizzarlo, Collina (il capo degli arbitri della Fifa) ci monitora attentamente».

Come sta in questa nuova veste?

«Ho smesso perché volevo trasmettere ai giovani quello che ho imparato da maestri come Pieri, Mattei, Farina, Collina. Provo a farli sbagliare il meno possibile».

Come è la vita di un arbitro in serie C?

«Anche io ho iniziato così, facevo l’elettricista e poi correvo ad allenarmi: è quello che fanno i miei ragazzi, in pausa pranzo o la sera. Sono giovani, la serie C è un banco di prova: sognano la A, non tutti ci arriveranno. Ma io cerco di inculcare nella loro testa che un grande arbitro è dentro ognuno di loro».

Vede qualcuno che le somiglia?

«Non sto cercando il nuovo Orsato, sarebbe sbagliato. Trasmetto la mia mentalità e insegno la cosa più importante: un buon arbitro ha il coraggio di decidere, sempre».

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