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De La Fuente, il ct campione di normalità che ha unificato la Spagna mosaico

Una Roja non più targata Real o Barcellona ma espressione di tutta la Liga e non solo. E il tecnico lancia un messaggio per il Mondiale 2026: “Questa generazione vincerà ancora molto”

Berlino – “E adesso date il Pallone d’Oro a Rodri, per favore”. Così parlò Ivan De La Fuente, ct della Spagna. È stato l’Europeo di Lamine Yamal del Barcellona, di Nico Williams dell’Athletic Bilbao e di Olmo del Lipsia, di Rodri appunto del City, di Carvajal del Real Madrid e di Cucurella del Chelsea, di Fabian Ruiz del Psg e dei due giocatori della Real Sociedad, Zubimendi e il goleador Oyarzabal, entrati per firmare la finale. È stato l’Europeo della Spagna mosaico, non di una nazionale targata Barça o Real o tutti e due, come in fondo era sempre successo. È stato, dunque, l’Europeo della Spagna più ecumenica della storia, con i due gioielli Lamine e Nico figli dell’immigrazione. È stato, in sintesi, l’Europeo di Luis de la Fuente, l’uomo delle Under, l’allenatore che ha plasmato con la maglia della Roja la maggior parte dei neocampioni e che si è rivelato dunque il più credibile demiurgo di una squadra fatta di talenti di generazioni e di provenienze diverse. L’unificatore, le cui parole hanno adesso un peso più grande. Quella di Rodri Pallone d’oro, preannunciata da lui, non è una candidatura qualsiasi. Uscito per infortunio nell’intervallo della finale e sostituito alla perfezione da Zubimendi, il regista del City si era già confermato in questo del torneo un campione e il pendolo della squadra.

La vittoria dell’unificatore De La Fuente

Il sessantatreenne commissario tecnico ha sempre parlato con i risultati, perché il curriculum non gli permetteva altro. Da calciatore ha vinto due campionati una Coppa di Spagna e una Supercoppa spagnola con l’Athletic Bilbao, però da difensore, ergo da gregario: altri erano i protagonisti. Da allenatore sembrava avviato a una carriera non trascendentale, con le tappe all’Athletic e all’Alavés, ma poi è approdato alle giovanili della Spagna, rivelando la sua vera vocazione, quella del tecnico federale capace di plasmare i giovani. Detto, fatto: ne ha cresciuti tanti, praticamente tutti quelli che adesso hanno vinto l’Europeo. Che lui stesso ha preparato attraverso il solito apprendistato: il titolo lo aveva già vinto con l’Under 19 e con l’Under 21, mettendoci in mezzo un argento alle Olimpiadi di Tokyo.

La svolta della Nations League

Ma il momento della svolta è stata la Nations League 2023. De La Fuente, dopo il Mondiale in Qatar con la caduta di Luis Enrique, era stato nominato ct dal presidente della Rfef Rubiales, all’epoca ancora in auge, e la scelta pareva dettata dall’assenza di vere alternative: un tecnico federale provvisorio, col quale affrontare intanto la Nations League in Olanda. Invece no. L’unificatore Ivan si è presentato nell’unica maniera in grado di mettere d’accordo tutti: ha vinto il trofeo. E così ha rifatto in Germania un anno dopo, atteso dalla prova più difficile. Ora non esiste più un solo dubbio sul suo buon diritto di guidare la Roja al Mondiale 2026, al quale la Roja, dandone per scontata la qualificazione, arriverà tra le favorite.

Il mistico De La Fuente

De La Fuente è un personaggio piuttosto naturale: quando parla di Dio, inserendo la religione tra i valori “non negoziabili”, lo fa da cattolico autentico, non per posa. Non vive come una rivincita questo titolo europeo, però rivendica i propri meriti con la massima fermezza: “Abbiamo vinto questo Europeo in una maniera così netta che era difficile fare di meglio. E guardate che non è finita: questo gruppo può continuare a migliorare. Questa generazione ha davanti un percorso ancora lungo”. Pedri, che si è infortunato durante il torneo, e Gavi, che infortunato lo era già e che De La Fuente ha voluto in gruppo prima della finale, sono la dimostrazione che la squadra è davvero ancora più forte in prospettiva: “Ero sicuro che i giocatori credessero in me. Potrei prendermi la rivincita con chi mi criticava: non lo farò, ora è tutto felicità e orgoglio. Nessuno ci ha regalato nulla. E gli obiettivi raggiunti con più fatica sono quelli che valgono di più”.

De La Fuente e il modello Ancelotti

C’è un modello di allenatore che De La Fuente dichiara di avere preso come punto di riferimento, insieme a José Luis Mendilibar, attuale tecnico dell’Olympiacos: è Carlo Ancelotti, demiurgo del Real: “Ognuno di noi deve essere se stesso, a me non piace fingere, amo la spontaneità. Non mi piace il cinismo. Mi sento vicino a un tipo di allenatore come Ancelotti e Mendilibar. Preferisco il loro genere di carisma. Mi trovo bene con questo tipo di persone. Se dai tutto, la vita ti ricompensa. E il calcio fa parte della vita”.

De La Fuente e il messaggio di Re Felipe

De La Fuente rivela la scena con Re Felipe: “Siamo stati con lui, lo voglio ringraziare per la sensibilità che ha dimostrato nei nostri confronti: è una persona che vive molto da vicino tutto ciò che riguarda la Spagna”. La Rfef, la federazione, è l’acronimo di Real Federaciòn de Futbol: il contratto può essere presto adeguato. “Il mio ruolo di ct al Mondiale? Io sono contento del mio lavoro e penso anche la federazione. Voglio continuare e penso che lo voglia anche la Rfef. Non ci saranno problemi per cambiare quello che si potrà. Ma lo si farà al momento giusto, oggi è il tempo di godersi la vittoria”.

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