C’è un weekend da ricordare in questo campionato di poca memoria. Enigmatico e sconsolato, Antonio Conte apre i quaranta giorni dei suoi tormenti. È venerdì 18 aprile, ne mancano due a Pasqua ed uno alla partita di Monza. «Non rinnego niente», premette. Lancia poi la frase studiata. Fa pensare all’addio. «In questi otto mesi ho capito che a Napoli certe cose non si possono realizzare». Neanche una sillaba in più, è un preavviso di fuga? Forse anche di più.
Ma il silenzio di Aurelio De Laurentiis è la prima risposta in un giro di poker terminato solo nelle ultime ore. L’uomo del cinema conosce i tempi, studia i personaggi, indovina i retropensieri. Sa che lo aspetta Los Angeles, si allontana per essere meno ingombrante, le fiamme vanno spente quando non è lui ad appiccarle. Dalla California osserva il Napoli.
Nel presidente del Napoli, segno plurimo dei Gemelli, convivono il figlio di uno stimato impresario teatrale di Torre Annunziata, un romano di borgata, l’astuto produttore di Cinecittà, il raffinato signore di Capri. La fortuna lo assiste anche, perché il 19 aprile il Napoli vince a Monza dopo dieci partite la seconda consecutiva, il 20 l’Inter perde a Bologna ed il Napoli la raggiunge al vertice. Cambia tutto, torna a sperare Conte, non aveva mai smesso di crederci De Laurentiis, ma tutt’e due lasciano le carte coperte. «A Napoli certe cose non si possono realizzare», qualche dubbio affiora. Va bene così per tutti.
Chiellini è certo di tornare nella Juve con un allenatore amico che riscatta tutta la sua inesperienza, De Laurentiis blocca Allegri coinvolgendo Giovanni Manna, il “giovane direttore” che Conte prometteva di voler aiutare a crescere. Non sempre tra professionisti l’aggettivo “giovane” è graditissimo, ma anche Manna ha un suo stile. Coltiva il silenzio.
Finisce come nei filmoni americani, i titoli di coda scorrono su Aurelio De Laurentiis e Antonio Conte pazzi di felicità sul bus che attraversa i deliri di una metropoli in cammino: forse non solo nel calcio Napoli oggi è più veloce di tante altre. L’allenatore si è liberato di un incubo, tutti sono certi che si fosse promesso alla Juve, ma sarebbe finito in un cantiere ancora in disordine. Portato per mano da De Laurentiis ha scoperto una Napoli che già amava, ma senza conoscere. Una città zeppa di progetti, una classe dirigente di alto profilo, legami forti con il calcio, dal Comune, alle Università , all’Unione Industriali, l’assegnazione della Coppa America di vela, qualcosa di concreto per lo stadio, ma soprattutto una platea che De Laurentiis collaborando con Procura antimafia e forze dell’ordine ha protetto dalla camorra.
Il volto di Conte oggi è quello di una serenità ritrovata. Piena. Convinta. In questi giorni di nuova intesa, favorita anche dalle signore Jacqueline ed Elisabetta, amiche per caso ma vere, si creano spontanei i nuovi equilibri. Comandano tutti secondo ruoli e competenze. Antonio è il calcio, Aurelio il bilancio. Nel backstage operano il direttore sportivo Manna non più “giovane” e il rigoroso amministratore Chiavelli. Quell’armonia che mancava può essere il motivo vincente della fase 2. «Siamo più forti». Non è uno slogan. Ma un impegno con la città che nessuno può tradire.