Un comunicato dell’ultim’ora è sembrato così ovvio da finire in molti cestini. “Ci teniamo a precisare che è sempre e unicamente il Napoli che fa il mercato e non unilateralmente il presidente, il direttore sportivo, l’allenatore. De Laurentiis, Manna e Conte condividono le scelte. Ma è il Napoli che fa il mercato”. Ovvio? No. Dopo seconda o terza lettura, viene fuori tutto quello che la società tiene a far sapere. Cade l’idea radicata l’anno scorso che De Laurentiis non conti nulla, che decida tutto Conte, che Manna sia «il giovane dirigente che va aiutato a crescere», come allo stesso tecnico sfuggì in un lampo di gratuito buonismo.
Era vero in parte, dopo la presentazione di Conte a Palazzo Reale, con De Laurentiis spettatore muto e Mamma seduto sulle nuvole. Dal mancato acquisto per sostituire Kvatartskhelia sono cambiate molte cose. A ciascuno il suo ruolo. Pare sia stato proprio Conte a sollecitare un chiarimento. Giusto, non può farsi carico di tutto. Non vuol passare per un manager onnipotente. Non conviene a nessuno. Si pensi a Lukaku. Ogni giudizio negativo richiamava nella memoria il battage di Conte per averlo a condizioni economiche non favorevoli. Attribuirgli tutte le scelte complica anche i suoi contatti con altri giocatori al mercato e nella stessa squadra. Se il rapporto interno è chiaro, ora si percepisce meglio anche dall’esterno.
È il caso di Federico Chiesa, adesso. Piace a Conte, certo. Potrebbe rimetterlo a posto per il Mondiale. Anche a Gattuso, ma neanche questo è sufficiente. Una pessima annata in Premier con sole sei presenze merita una riflessione. Tocca a Manna acquisire informazioni e trattare il prezzo, a De Laurentiis la valutazione finale dell’affare. L’obiettivo del presidente quest’anno cambia. Non più ottenere le plusvalenze ma comporre una squadra competitiva su quattro fronti, come ha promesso a Conte e a se stesso. De Laurentiis si è convinto che il calcio europeo esige una diversa politica dirigenziale, i picchi di affari su Cavani, Higuain e Giorginho sono stati i più brillanti. Hanno dato con gli altri in vent’anni di presidenza 700 milioni di plusvalenze su oltre tre miliardi e mezzo di incassi (3.593.115.664 euro) ma è l’ora di fare un altro scatto nel futuro. Il modello è il calcio tedesco. Il miglior club italiano per serenità di bilanci non può che ispirarsi alla Bundesliga. Con 18 squadre, due meno della serie A, vanta un miliardo di ricavi in più nella stagione 2023-24. Con una crescita (12%) sul precedente record. Incasso aggregato lordo di 4,8 miliardi. I tedeschi si muovono sugli stessi parametri italiani ma li superano nelle cifre. Tra le prime entrate hanno i ricavi dei diritti tv (1, 53 miliardi) e i redditi dei trasferimenti che hanno superato per la prima volta il miliardo. Come il Bayern di Monaco il Napoli ha sfiorato spesso allo stadio il 100 per cento del venduto, mantenendo i prezzi tra i più bassi in serie A. Il marketing è l’altro obiettivo da allargare con una sorpresa negli abbonamenti. Giusto prevedere bei colpi. Il 2025 è l’estate della metamorfosi di De Laurentiis. È lui che guarda oltre o ci voleva Conte?