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De Rossi, otto mesi di amore e discussioni: una storia finita male e troppo presto

Arrivato a gennaio al posto di Mourinho come salvatore della patria. Un inizio stagione burrascoso, tensioni con la società e scarsi risultati hanno portato all’addio

L’amore sospeso. All’improvviso. Grazie, ci spiace, ognuno per la propria strada. Chiudiamola qui, non importa chi dei due abbia perso più tempo. L’amore ha sempre una fine, e otto mesi non sono pochi, se vissuti con passione, disponibilità. Finisce con le solite spiegazioni di rito, dispiacere, affetto, buona fortuna, niente di originale. Meritava di più? Forse, ma c’è qualcosa di giusto quando finisce una storia? De Rossi era nel suo posto nel mondo, sapeva che prima o poi sarebbe finita, ma non così, non ora. C’erano problemi, tensioni, si volevano già prendere una pausa, ma riproviamoci, non si sa mai. E invece.

Lui, unico dopo Mourinho

Era arrivato a gennaio, doveva salvare la patria e la squadra, o lui o nessuno. Dopo Mourinho, figura ingombrante e carismatica, una coppa vinta (la Conference League), una sfiorata (la finale di Europa League persa contro il Siviglia), un legame unico fatto di sold out e fiducia incondizionata, c’era un solo nome. De Rossi nato tifoso, cresciuto calciatore, allenatore da grande. Fatto a immagine e somiglianza della Roma. Nessuno più di lui. Ha preso la squadra, ha calmato gli animi esasperati di giocatori che andavano in campo sempre pronti alla lite, ad altissima tensione.

Aveva portato i primi risultati, aveva ripreso il cammino in Europa League superando i play off e arrivando in semifinale, aveva rilanciato la squadra in campionato che prima del crollo di fine stagione ha sperato in una qualificazione alla Champions League. Aveva sistemato tatticamente la squadra, rilanciato Paredes da regista, liberato Dybala, ritrovato El Shaarawy.

De Rossi sapeva di aver avuto all’improvviso la sua opportunità. Era appena partito e già era dove voleva arrivare. E non si sentiva troppo giovane o troppo inesperto o troppo immaturo per realizzare il suo sogno. Nascere, crescere, sognare, arrivare. Superare la diffidenza. Cancellare Capitan Futuro, voleva solo vivere il presente.

La tensione con i dirigenti, l’intervista di Totti, il caso Dybala

Ma il presente non è stato come lo aveva sognato. Le tensioni continue (negate, ma nel calcio le frasi di circostanza sull’armonia durano fino ai comunicati di esonero) con i dirigenti. Idee diverse sul mercato, sui giocatori da prendere, e sul modulo, difesa a 3 o difesa a 4, come fosse la fine del mondo. Il confuso comportamento della società su Dybala e De Rossi è finito in mezzo: prima ha dovuto pensare a una squadra senza l’argentino, poi ha dovuto fingere che poteva farne a meno, calmare i tifosi, per poi ritrovarselo come problema. L’intervista di Totti a Sky Sport non ha aiutato: quando l’ex capitano ha detto che alla Roma “hanno fatto casino e che De Rossi è solo” a Trigoria qualcuno ha pensato: ecco il sicario. Per conto di chi parla? Certo i risultati non lo hanno aiutato: quattro giornate in questo inizio stagione, zero vittorie. Dicono dalla società: noi vogliamo giocare in Champions League, siamo ancora in tempo per recuperare, questo è uno dei peggiori inizi di sempre nella storia della Roma. C’è sempre una scusa pronta quando devi rompere. Si poteva provare ad andare avanti, non sempre deve arrivare la fine, c’era spazio per non dirsi addio. Ma De Rossi ha capito come funziona: se dai tanto, ricevi poco. E in quel poco c’è soprattutto ingratitudine

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