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Dopo Manganiello ecco un insegnante di dizione per gli arbitri

Un disastro l’annuncio a Como, il primo della storia della serie A: si cerca un coach che aiuti a gestire il tono di voce nelle comunicazioni del Var

ROMA — Che gli arbitri abbiano un problema, domenica pomeriggio lo hanno scoperto tutti. È bastato che Gianluca Manganiello, designato per dirigere Como-Lazio, attivasse per la prima volta il microfono per spiegare, come si fa da quest’anno, le correzioni decise dopo il consulto al Var. Da due giorni, il video di quell’uomo che cercava di dare un tono solenne all’annuncio che il gol sarebbe stato annullato per fuorigioco, è diventato una barzelletta. Lo hanno paragonato all’Istituto Luce, sottolineandone l’involontaria, comica rigidità istituzionale. Tutto prevedibile, per una categoria a cui da sempre è fatto divieto di avere una voce.

Un public speaking per gli arbitri

Per questo sono mesi che il designatore Gianluca Rocchi è al lavoro per dotare la categoria di un “allenatore” che non si occupi dei muscoli degli arbitri, ma guidi le loro parole. Un coach di public speaking: un insegnante che trasmetta agli arbitri qualche nozione fondamentale per essere efficaci quando il microfono tornerà ad accendersi. Imparare a controllare il tono, a modulare la voce senza farsi trascinare dall’emotività o dalla tensione. A evitare insomma di sembrare un comunicatore del Ventennio. Contatti ci sono già stati, i preventivi sono molto cari — oltre 150 mila euro a stagione — ma che i nostri direttori di gara, storicamente considerati tra i migliori in circolazione, debbano migliorare quando si tratta di comunicare, è un fatto. Basti ricordare quando l’arbitro Guida, pochi mesi fa, disse che lui e Maresca, napoletani, non amavano dirigere la squadra della loro città: «Quando cammino per strada voglio poter stare tranquillo». Uscita improvvida e pure smentita dal collega.

I fondi tagliati all’Aia

C’è solo un problema: i soldi. Da tutta l’estate l’associazione arbitri è una polveriera. La Federcalcio ha tagliato i fondi e il presidente Zappi ha dovuto placare i Var professionisti — si chiamano Video match official — che pretendevano alcune mensilità arretrate minacciando di scioperare per l’inizio del campionato se non le avessero ricevute. Le sezioni arbitrali invece si sono viste tagliare del 13% i contributi per il semestre luglio-dicembre. Ma una mano agli arbitri per calibrare il timbro serve. L’alternativa è abituarsi a trasformare ogni rigore deciso al Var in un vecchio cinegiornale.

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