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È la Juventus di Thiago Motta: l’effetto Kolo Muani cancella le paure

Il tecnico con il francese ha dato senso al gioco. Dal match contro il Psv (ritorno dei play-off di Champions) di domani il primo verdetto

TORINO — Certe volte è il vento che cambia il senso: adesso soffia alle spalle e basta quella bava in più per trasformare il solito pareggio in una delle 4 vittorie di fila tra campionato e Champions, come a Como, mentre in altri tempi tirava un’altra aria e allontanava da quella che Thiago Motta chiama «la ricompensa». La Juventus è finalmente riuscita a farsi vela e dopo le due sconfitte con Napoli e Benfica (roba di appena venti giorni fa, era un punto di non ritorno) si è data al mese dei successi consecutivi. Non aveva mai vinto più di due partite in serie e adesso siamo già a quattro.

La Juve di Motta ora funzona

L’allenatore sa di non aver ancora portato la squadra al punto giusto di maturazione, ma si sono aggiunti tre elementi fondamentali per accelerarne il processo: il mercato ha portato un arricchimento decisivo (Kolo Muani) e una toppa necessaria (Renato Veiga), la squadra sta correggendo la sua mentalità (secondo l’allenatore, la differenza tra i due tempi di domenica sta tutta nel coraggio) e la fine dell’emergenza infortuni ha consentito un turnover ragionato e restituito la possibilità di trovare in panchina le risorse per cambiare il corso di una partita. Motta era convinto di arrivarci e la società ne ha condiviso la pazienza, consapevole che nello statuto di questa stagione non c’è l’obbligo della vittoria, anche se già domani ci si giocherà il primo traguardo stagionale, gli ottavi di Champions. L’allenatore sapeva che a organico completo molti difetti sarebbero stati ridimensionati, ma è stato Kolo Muani a chiudere il cerchio: se le sue doti realizzative non sono così diverse da quelle di Vlahovic, la capacità di giocare con e per la squadra, di contribuire al pressing e di mantenere il controllo del pallone (fondamentale in cui il serbo è un disastro) hanno ottimizzato il gioco senza dover modificare il modo di attaccare. È anche per questo che a un certo punto Motta ha chiesto a Giuntoli di insistere sul francese e abbandonare la pista Zirkzee, la cui presenza avrebbe comportato una revisione profonda di schemi e posizioni. A proposito di posizioni, poi, Motta ne ha stabilizzate alcune: McKennie come incursore e Koopmeiners come mediano-mezzala sono stati calati nella loro dimensione ideale. Per non dire di Weah, che da terzino ha margini di sviluppo ben più che da ala.

La crescita della Juventus di Motta

E poi c’è il coraggio, che troppe volte la squadra non era riuscita a darsi. «Nel primo tempo abbiamo avuto troppo rispetto dell’Inter» ha detto Motta, riferendosi all’atteggiamento di giocatori circospetti ed esageratamente preoccupati. Nell’intervallo l’allenatore ha chiesto di aumentare ritmo e intensità, di alzare il pressing, di imporre a livello fisico il gap anagrafico dei 6 anni di media in meno (questa Juve è la più giovane degli ultimi 30 anni). In questo modo le differenze tecniche sono state azzerate, il disagio tattico risolto (più che Dumfries, sono stati bloccati i rifornimenti che riceveva). Ora Motta spera che i suoi giovani si tolgano di dosso un altro po’ di soggezione: «In casa soffriamo emotivamente più che in trasferta», perché molti ancora faticano a reggere il peso di giocare nella Juve. Maturare significa anche questo.

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