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Elena Linari: “Con questo governo l’Italia ha fatto passi indietro sui diritti civili”

La leader delle azzurre: “Ci hanno rubato un sogno. Non mi do pace, ma l’Italia sarà tra le big”

Nella pancia dello Stade de Genève c’era chi piangeva, chi era accovacciata a terra nascondendosi dal resto del mondo, chi dallo spogliatoio ha tirato dritto verso il pullman con lo sguardo scuro. Le ragazze nel pallone avevano già sognato in campo, nella semifinale persa con l’Inghilterra, e hanno faticato a prendere sonno: «Avrò dormito a stento un’ora, ma solo perché a un certo punto sono crollata. Mi sono addormentata ripensando all’azione del pareggio al 96’, e continuo a mordermi le mani», dice Elena Linari, vicecapitana della Nazionale che è arrivata a un minuto e mezzo dalla finale degli Europei.

Cosa la tormentava?«Mi sono fatta tante domande. E se ci avessi messo più foga in quella scivolata per intercettare il tiro di Agyemang? Se fossi andata al contrasto più decisa? La testa si arrovella, non ho risposte. La ferita è bella grossa, il colpo l’abbiamo sentito tutte».

Prevale la rabbia per il rigore assegnato alle inglesi o il dispiacere per esservi fatte raggiungere al 96’?«Oggi quello che sentiamo è la frustrazione per quei sessanta secondi finali dei tempi regolamentari. Stavamo facendo la storia. Poi, premesso che non amo criticare le arbitre, è normale che quel rigore bruci. Perché Martincic ha fischiato, perché non è andata a rivederlo al Var? Anche i sette minuti di recupero che ha concesso nel secondo tempo erano troppi. Mi auguro che abbia un po’ di coscienza e si ponga gli stessi dubbi che ho io su quello che potevo fare meglio».

Condivide le parole di Girelli, che ha detto “ci è stato rubato qualcosa”?«Oggettivamente sì, ma dalla Svizzera torniamo con la consapevolezza di aver giocato alla pari con le campionesse in carica. L’epilogo lascia l’amaro in bocca, ma voglio scavare più a fondo, andare oltre. E vedo un futuro ancora più bello per noi».

In tribuna a Ginevra c’era suo padre Diego con una parrucca tricolore.«Confermo. Grazie a Dio non ha osato tingersi i capelli, ma sono sicura che se fossimo arrivate in finale non avrebbe esitato».

Non era l’unico a tifare per lei.«Era con mamma Cristina, la mia compagna e un gruppo di nostre amiche. Mia sorella aveva organizzato un maxischermo a casa con altri amici».

Nell’ottobre 2019 è stata una delle prime calciatrici a fare coming out, dicendo che «in Italia non siamo pronti ad accettare l’omosessualità». Oggi le cose sono cambiate?«No, purtroppo no, la situazione non sta migliorando ed è per il governo che abbiamo, mi dispiace. Stanno portando avanti nuovamente la famiglia tradizionale, al netto di alcune eccezioni come il sindaco di Roma Gualtieri o la nuova sindaca di Genova Salis, che ha appena sposato due donne. Nel mondo vedo una crescita, tralasciando l’avvento di Trump negli Stati Uniti. Ma bisogna ricordare quante aggressioni ci sono per due donne che camminano per strada mano nella mano, o due uomini che si azzardano a darsi un bacio a stampo. È assurdo dover parlare di questo nel 2025».

Quale è la sua idea di amore?«Si dovrebbe poter amare e essere amati, rispettare e essere rispettati. Se c’è questo, possono stare insieme donne, uomini, ci può essere una relazione aperta. Si deve poter essere liberi».

A proposito di Inghilterra, è vero che lascia la Roma per andare a giocare nelle London City Lioness?«C’è una trattativa molto ben avviata, un’opportunità che mi rende felice e orgogliosa».

Nella sua camera del ritiro di Weggis ha discusso la tesi e si è laureata in Scienze Motorie.«Spero sia un messaggio per chi fa sport, vorrei far capire loro che è possibile studiare e portare avanti una carriera d’élite, purtroppo non ovunque da professionisti».

Ha già pensato a cosa farà a fine carriera?«Il calcio oggi è la mia priorità, anche per questo ci ho messo un po’ a laurearmi (ride, ndr). Poi resterò in questo mondo, non so ancora con che ruolo. L’idea di allenare c’è, ma vorrei anche fare i corsi da match analyst, scouting. Spero che presto una donna possa avere un’opportunità nel calcio maschile, a me piacerebbe fare un’esperienza del genere».

In tv vi hanno seguito in oltre 4 milioni. È tornato un grande entusiasmo, qual è la ricetta per non farlo spegnere?«Abbiamo pianto per anni e fatto tanti sacrifici. Lo staff del ct Soncin ha saputo entrare nel nostro cuore e noi gli abbiamo dato tutto. Se doni l’anima a un gruppo di donne, loro saranno sempre pronte a buttarsi nel fuoco per te. Ci siamo guardate negli occhi e ci siamo dette: “Questo è il nostro momento”. Ora tocca agli altri fare qualcosa di tangibile: alla federazione, che già sta facendo tanto, ai club, agli enti che collaborano per lo sviluppo del movimento».

Cristiana Girelli ha dedicato il vostro percorso alle bambine che sognano di diventare calciatrici e ha lanciato un appello a tutti: “Non dimenticateci”. Il suo?«Io parlo ai genitori: non siate scettici. Se una bimba vuole mettersi gli scarpini e giocare deve poterlo fare liberamente. Il loro sogno è il nostro».

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