In quel piccolo tatuaggio che ha sull’avambraccio sinistro c’è tutto: il profilo di ragazzina che tira il pallone e il numero 10 con cui sogna di ripercorrere le orme del suo capitano. In questi anni lo ha mostrato orgogliosa ai compagni dell’istituto tecnico, a cui svelava le soluzioni dei problemi di matematica più complessi. Ma anche ai clienti della birreria dove lavorava per mantenersi, e a cui tra i tavoli confidava la sua passione più grande: il calcio. Ora, invece, lo sfoggia tra le strade assolate del Texas, dove si trova grazie alla seconda edizione del progetto “My Kickoff in Usa”. È questa infatti la nuova destinazione di Eleonora Diversi, 20 anni, di Lugo, in provincia di Ravenna, vincitrice della borsa di studio erogata dalla Fondazione Agnelli per atleti e studenti meritevoli e che già nel suo cognome da piccola intravedeva «una vita controcorrente».
Perché?
«Lo sport che avevo scelto era diverso, poco comune e lo è ancora adesso, purtroppo. Figurarsi nei primi anni Duemila: sono stata la prima bambina a giocare a calcio a Lugo, insieme ai maschi naturalmente e contro il volere di mamma e nonna. Ma mio padre, operaio e unico uomo della famiglia, ha insistito».
Come mai tanta ostinazione?
«Aveva ben presente la mia luce davanti il pallone e la mia espressione nei viaggi da casa allo stadio Dall’Ara, per assistere alle partite. Stava sugli spalti del campo ad aspettarmi, anche fino a tardi, per tutto l’allenamento. Una tradizione che ha mantenuto anche quando mi sono spostata a Forlì, Imola e Riccione, per professionalizzarmi».
Giovanissima, ha già vestito come centrocampista le maglie di più squadre femminili. Sia in regione, che fuori: dalla Florentia-San Gimignano a quella di San Marino.
«Per il calcio vivo fuori casa da quando ho 15 anni. Ho imparato a fare lavatrici, cucinare, senza trascurare la studio e cambiando scuola praticamente ogni settembre».
Un momento complesso?
«L’alluvione di maggio 2023, l’anno della mia Maturità. L’acqua è entrata in casa quasi per un metro e mezzo, siamo saliti ai piani alti, aspettando che il peggio passasse senza luce. Poi come tanti, il secondo tempo è stato quello del fango. Ho spalato anche dai miei vicini, senza potermi allenare o studiare. E ora che sono in America, arrivano le immagini della mia casa nuovamente danneggiata dalle piogge. Vorrei essere lì per consolare mia madre».
Dov’era quando ha saputo del premio?
«Al lavoro. Dopo il diploma, mi sono iscritta all’università per garantirmi un secondo piano oltre lo sport, ho continuato a giocare a Ravenna in B ma ho dovuto comunque trovare un impiego come cameriera. Al primo squillo del telefono stavo servendo, dopo ho risposto ed ero felicissima, avevo vinto».
Per quattro anni frequenterà Economia all’università di San Antonio giocando nell’ “Our Lady of the Lake”. La cosa migliore della sua nuova vita?
«La scoperta del tempo per me. Degli ultimi giorni a Ravenna ricordo la fretta. Lo studio la mattina, il pomeriggio ad allenarmi e infine la corsa verso la birreria, fino a notte. Questo perché in Italia abbiamo un problema con gli stipendi del calcio femminile, che non consentono un’autonomia adeguata».
Punta comunque a tornare?
«La Nazionale è il sogno. Ma non posso negare la discriminazione che continua a investire questo sport sia a livello economico, che culturale. Qui in America la situazione è capovolta: il calcio è più delle donne che degli uomini, invece deve essere di tutti e voglio fare la mia parte».