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“Era il mio sogno da bambino”: felici, contenti e scontati i protagonisti del calciomercato

Dopo i trasferimenti, dichiarazioni tutte uguali: chi cambia maglia è immancabilmente entusiasta di aver abbracciato una nuova fede

Sono tutti felici e contenti, ma così felici e contenti, trallallero trallallà, che lo dicono e lo ripetono che questo per loro sarà un nuovo inizio e che non vedevano l’ora e che aveva ragione Pappalardo quando strozzando gli acuti cantava a voce piena quella minaccia mascherata da auspicio. E insomma: ricominciamo. Poteri del post-calciomercato: Alice si è svegliata nel paese delle meraviglie. E stringe il cuore a pensare che “il Milan era il club di cui ero innamorato da bambino” come ha confessato il neo milanista Santiago Gimenez – tranquilli: era un segreto, fino ad oggi l’aveva tenuto per sé – per poi spiegare che laggiù a Città del Messico “guardavo Kakà, Beckham, Ronaldinho, Gattuso, Pirlo..”. E se avesse avuto tempo avrebbe citato anche Antonini e Favalli (spoiler: l’hanno fermato in tempo) e perché no Senderos? Salterà sicuramente fuori una foto che ritrae il Gimenez bambino con la maglia del Milan, ma viene il sospetto che in archivio – alla voce “cartella che può tornare utile” – ce ne siano anche, di foto, che lo ritraggono con la casacca dell’Inter, della Juventus e della Roma. Forse, chissà, i calciatori fanno così: ad un certo punto della loro adolescenza trovano il tempo per un photo-shooting da utilizzare in caso di necessità. E in fondo abbiamo il dovere di credere al giovane revenant Cesare Casadei che ringrazia il Toro, svela che “è un onore giocare con questa maglia” e avverte tutti che sì, “questa era la mia prima scelta”.

La pronta conversione di Zaniolo

Mai uno che dica che era la seconda, o la quinta. La verità è che ai calciatori basta poco per essere felici. Prendete Nicolò Zaniolo. Ha fallito all’Atalanta – e il Gasp ce l’ha messa tutta per non farlo “disunire” (cit. Paolo Sorrentino) – ma si è fatto scivolare addosso l’ennesimo flop con una disinvoltura davvero ammirevole. C’è una chiave per tutte le porte, e certe volte non ci accorgiamo di averla in tasca. “Palladino mi ha chiesto massima voglia e umiltà, appena mi ha chiamato la Fiorentina ho subito detto di sì. Qui ci sono tutte le possibilità per fare bene”, ha lasciato detto ai posteri Zaniolo. Ora, facciamo un giochino: Togliete la parola Palladino e inserite il nome di Gasperini, tornate con la memoria alla scorsa estate e “taaac”: copia e incolla, tutto già visto e tutto già sentito. Più credibile il Danilo che – messo alla porta dalla Juventus – finisce al Flamengo e con onestà dice che no, “la Juve non era più una famiglia”; più sincero il Morata che – arrivato al Galatasaray anche per ritrovare serenità con sua moglie Alice – si limita al classico: “Prometto che darò tutto me stesso e combatterò per la maglia”.

L’illogica allegria del calciomercato

Il fatto è che nelle immediate ore post-mercato siamo tutti presi da quella che Giorgio Gaber – in una delle sue più belle canzoni – chiamava “illogica allegria”. Da studiare il caso Okafor, per esempio. Scaricato dal Milan, non ha passato le visite mediche al Lipsia ma ora – all’ultimo giro di giostra del mercato – tra lo stupore generale è finito al Napoli, ultimissimo di una lista che nelle intenzioni per il dopo-Kvaratskhelia comprendeva ben altri obiettivi. Garnacho, Adeyemi, Zhegrova, Ndoye, Saint-Maximin e forse anche i vecchi Littbarski e Paco Llorente, magari Kevin Keegan o Jairzinho, scusate Stanley Matthews come sta, è ancora vivo? E così, nonostante Conte si aspettasse tutti ma proprio tutti fuorché lui ecco che sui social il buon Okafor posta tutta la sua adrenalina: “Let’s go”, con tre cuori azzurri. Dice il Cappellaio Matto: “Il segreto, cara Alice, è circondarsi di persone che ti facciano sorridere il cuore. E’ allora, solo allora, che troverai il Paese delle Meraviglie”. Il Cappellaio Matto di lavoro faceva il procuratore.

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